“Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima darà un’accelerazione allo sviluppo delle rinnovabili, e il Piano di adattamento al cambiamento climatico permetterà di programmare gli interventi. L’Italia sarà all’avanguardia su questi temi. Lo farà senza ideologia, guardando alla realtà del Paese”. La parole del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin in occasione della quarta Conferenza Nazionale sul Clima promossa da Italy For Climate. Numeri, dati e riflessioni
Lunghi periodi di siccità che si alternano ad eventi particolarmente devastanti come l’ultima alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. È questo ciò che ci aspetta nel presente e nel prossimo futuro? E come possiamo contrastare la crisi climatica che necessita di nuove risposte e nuovi strumenti per essere affrontata?
A questo e molte altre tematiche ha voluto dare voce la quarta Conferenza nazionale sul Clima promossa da Italy For Climate con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione Europea e di Rai per la Sostenibilità, durante la quale esperti, rappresentanti delle imprese e delle istituzioni hanno analizzato l’impatto degli eventi ambientali non solo sul territorio stesso, ma anche sull’economia e il benessere delle persone, grazie anche ai dati emersi dal dossier “Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia”.
IL DOSSIER TROPPA O TROPPO POCA? L’ACQUA IN ITALIA, IN UN CLIMA CHE CAMBIA
Italy for Climate, iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in partnership con Enea, Ispra ed RSE, e promossa da A2A, Chiesi, Conou, Davines, Edison, Elettricità Futura, Erg, H+K Strategies, illy, Italian Exhibition Group e Terna, ha presentato oggi appunto un dossier dettagliato proprio sull’acqua e il clima.
Innanzitutto il dossier racconta di un’Italia che gode storicamente di una buona disponibilità di acque: è ancora terza in Europa per disponibilità della risorsa idrica (dietro solo a Francia e Svezia), con circa 130 miliardi di m3 disponibili ogni anno. Questo valore però si è ridotto del 20% negli ultimi decenni: se non arresteremo il riscaldamento globale, la causa principale della riduzione di acqua, la disponibilità potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Meridione.
L’Italia è il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, eppure manteniamo i livelli record di prelievo di acqua in Europa: con quasi 40 miliardi di m3 all’anno l’Italia è prima e preleva più del 30% della disponibilità idrica annua. In questo modo purtroppo l’Italia ha messo in pericolo gli ecosistemi.
L’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41% all’agricoltura, il 24% ad usi civili, il 20% all‘industria e il 15% alla produzione di energia elettrica. Ed è il secondo Paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna) ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e la performance non sta migliorando.
L’Italia vanta anche un record negativo in Europa, ovvero quello sull’acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di m2 ogni anno (e +70% rispetto al 2000). Ciò è dovuto all’alto livello di perdite della rete idrica nazionale (che sono in continua crescita e hanno superato il 40%), ma anche ad una scarsa abitudine alla riduzione degli sprechi: un italiano consuma 220 litri di acqua, il doppio dell’acqua consumata da un cittadino medio europeo. L’Italia è anche il primo Paese europeo per utilizzo di acqua in industria: 4 volte più della Germania e 8 volte più della Francia.
A livello globale il Paese è entrato in una fase di “anormalità climatica permanente” che ha già modificato il ciclo dell’acqua aumentando la frequenza e l’intensità di eventi meteoclimatici estremi. In vent’anni i ghiacciai alpini in Italia hanno perso in media 25 metri di spessore, oltre 50 miliardi di m3 di ghiaccio. Secondo il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, se le temperature continueranno ad aumentare nessuna delle stazioni sciistiche del Friuli Venezia-Giulia potrebbe avere a breve una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione e lo stesso potrebbe accadere ad un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Piemonte.
“Siamo oramai entrati in una fase di anormalità climatica permanente – ha detto Andrea Barbabella, responsabile scientifico di Italy for Climate – che ha già modificato il ciclo dell’acqua, aumentando frequenza e intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’Italia, al centro dell’hot spot climatico del bacino Mediterraneo, è un Paese più a rischio di altri, con aumento di temperatura di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale, a fronte di una media mondiale di +1,1 °C. Viviamo in un territorio particolarmente fragile, in cui 12 milioni di persone vivono in aree che potrebbero essere soggette ad alluvioni e vediamo aumentare ogni anno gli eventi di precipitazioni a carattere eccezionale. Come collettività dobbiamo comprendere con urgenza il nesso tra la crisi climatica e i rischi di un ciclo idrico sempre più sotto stress, mettendo in campo interventi straordinari di mitigazione e adattamento”.
La crisi climatica, oltre ai danni provocati dal riscaldamento e dall’aumento medio delle temperature, provoca anche l’aumento dell’intensità e della frequenza di precipitazioni eccezionali, come quello recente dell’Emilia Romagna: in Italia i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’anno, un italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici. Le Regioni a maggior rischio di alluvione in Italia sono l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Calabria e da Friuli-Venezia-Giulia, Toscana e Lombardia. In quasi tutte queste Regioni il livello di cementificazione del territorio è molto alto.
Secondo l’analisi di Coldiretti e alcune stime di Ismea, il cambiamento climatico ha portato nel 2022 un danno economico al comparto agricolo di circa 6 miliardi di euro, con circa il 10% del valore della produzione dell’intera filiera e si stima che l’alluvione in Emilia Romagna abbia portato a danni per circa 8 miliardi di euro. Secondo Confagricoltura nelle aree colpite dall’alluvione sono a rischio almeno 50.000 posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione.
Inoltre, a partire dal 2000 al 2019, secondo quanto affermano gli ultimi studi dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), 5 milioni di ettari, il 17% della superficie nazionale, sono risultati soggetti a diverse forme di degrado, con valori anche ben oltre il 20% in Sardegna, Emilia-Romagna, Campania e Abruzzo.
IL PIANO ENERGIA E CLIMA
La priorità, in questo riequilibrio delle risorse idriche, è ridurre le emissioni e l’Italia ancora non sta facendo la sua parte. Difatti il dibattito si è concentrato anche sulle misure contenute nell’executive summary del Piano nazione integrato energia e clima che l’Italia ha trasmesso a Bruxelles nei giorni scorsi, alla luce della roadmap per la neutralità climatica proposta da Italy for Climate.
“L’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulla nostra quotidianità ci impone un’azione di risoluzione e integrata. La nostra bussola sono gli accordi di Parigi e la loro effettiva attuazione. I nostri obiettivi li abbiamo ben chiari e li porteremo avanti con determinazione. L’Italia è ormai ciclicamente sconvolta da fenomeni climatici che mettono a nudo la fragilità del nostro territorio, la risorsa idrica è un bene comune e prezioso e oggi è il primo indicatore del cambiamento climatico in atto. Il governo dell’acqua è dunque la prima delle urgenze delle sfide amministrative che ci viene posta”. Queste le parole del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, intervenuto con un videomessaggio alla Conferenza.
“Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima darà un’accelerazione allo sviluppo delle rinnovabili, e il Piano di adattamento al cambiamento climatico permetterà di programmare gli interventi. L’Italia sarà all’avanguardia su questi temi. Lo farà senza ideologia, guardando alla realtà del Paese. Dobbiamo lavorare in modo realistico, basandoci su quello che abbiamo”, ha continuato il ministro. “I nostri obiettivi sono ben precisi. Riduzione del 55% delle emissioni al 2030 e neutralità climatica al 2050, efficienza energetica senza snaturare il nostro patrimonio edilizio, superare i 70 gigawatt di nuove rinnovabili, per essere l’hub energetico del Mediterraneo”.
“Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento” – ha detto nel suo intervento Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile -. Con Italy for Climate abbiamo proposto una specifica Roadmap per l’Italia, con obiettivi e target sfidanti al 2030 e al 2045 e specifiche strategie settoriali. Qualche giorno fa il governo ha trasmesso a Bruxelles una prima sintesi dell’aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima: per l’Italia, Paese vulnerabile per i cambiamenti climatici, è più conveniente accelerare l’impegno e puntare su obiettivi avanzati di decarbonizzazione, per cogliere anche i vantaggi tecnologici, economici e occupazionali, piuttosto che rinviare le misure, concentrandole in pochi anni futuri anche con maggiori costi. La proposta di nuovo Pniec inviata a Bruxelles è poco ambiziosa: punta ad un taglio solo del 45% delle emissioni di gas serra al 2030 (rispetto ad una media europea del 55%) in 40 anni dal 1990, lasciando un altro 45% (per arrivare al 90%) ai successivi 20 anni; sottovaluta le potenzialità di crescita delle rinnovabili elettriche, della penetrazione elettrica, dell’efficienza energetica degli edifici e di una mobilità più elettrica e con meno auto”.
DIECI PROPOSTE DEL DOSSIER PER CONTRASTARE LA CRISI
1. Aggiornare e rendere più incisive le misure di mitigazione e di adattamento;
2. Aumentare l’impegno climatico: tagliare le emissioni nette del 58% al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045. Per far questo, tra le altre cose, si deve spingere sulle rinnovabili e, tra queste, sfruttare a pieno il potenziale dell’idroelettrico;
3. Adottare una Legge per il Clima;
4. Migliorare il livello di conoscenza delle risorse idriche in Italia, con un quadro aggiornato di tutti i settori;
5. Rinnovare le infrastrutture e tagliare le perdite di rete, oggi pari al 42% del prelievo per uso civile;
6. Promuovere un uso più efficiente e circolare dell’acqua in agricoltura;
7. Promuovere l’uso efficiente e circolare dell’acqua nelle industrie, agevolando gli investimenti;
8. Verificare gli aggiornamenti dei Piani di gestione del rischio alluvioni;
9. Valorizzare soluzioni basate sulla natura: è necessario che vi siano aree o casse di espansione controllata delle piene e che i fiumi possano espandersi maggiormente nei loro corsi naturali;
10. Valorizzare il ruolo delle città: possono contrastare le ondate e le isole di calore aumentando le infrastrutture verdi; possono contribuire a ridurre i rischi di alluvione, riducendo le impermeabilizzazioni di aree urbane e di parcheggi.