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Così Pechino domina l’economia in Europa. La lezione del gen. Costantini

Di Paolo Costantini

Per diventare campione della globalizzazione la Cina ha completamente trasformato la sua struttura come “sistema Paese”, comprendendo da subito che la guerra più importante da vincere è quella economica. L’intervento di Paolo Costantini, generale della riserva della Guardia di Finanza ed ex funzionario dei servizi di intelligence e sicurezza italiani, alla conferenza “Strategie di influenza e ingerenza di potenze straniere in Italia: gli approcci russo e cinese a confronto” (Global Committee for the Rule of Law – Marco Pannella, Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, The Global News)

“Elogio della globalizzazione cinese: l’approccio sistematico alla dominazione economica della Cina in Europa. Strumenti e modalità”. Il titolo non inganni, perché l’elogio a chi opera da leader nella globalizzazione statuale è una ammissione di colpa per chi tale leadership la subisce, ma il risultato non cambia: la Cina è un campione di globalizzazione. Per arrivare a esserlo, ha completamente trasformato la sua struttura economica come “sistema Paese” (terminologia a noi italiani poco nota), prima con un ruolo di “apprendista”, poi con un ruolo di “master”, comprendendo da subito che la guerra più importante da vincere non è quella militare, ne quella ideologica, ma solo quella economica.

Nel 1860 e oltre, l’Imperatrice vedova Cixi, unico caso di donna a capo delle dinastie (in questo caso della morente dinastia dei Qing, di cui Cixi fu prima concubina dell’imperatore Xianfeng) comprese che per far crescere il suo Paese, doveva imparare da chi, prima di lei, aveva posto in essere un impero e, all’epoca, il riferimento era  rivolto al continente europeo, che dominava lo scacchiere globale con le monarchie colonialiste inglese, spagnola, francese, portoghese, olandese e belga. Ne apprese l’organizzazione amministrativa, il funzionamento delle dogane e dei tributi, l’istruzione e l’igiene pubblica, portando in Cina esponenti di quel mondo occidentale  che ben presto furono fagocitati nell’immenso sistema.

La storia si ripete sempre e, a distanza di anni, la Cina ha ripreso la lezione di Cixi e si è dettata l’agenda: incrementare la crescita economica per diventare leader mondiale economico e industriale. E lo ha fatto anche a discapito dell’Europa, il continente più ambito, più ricco. Dagli anni Ottanta in poi, abbiamo assistito a un progressivo e inesauribile flusso migratorio che ha portato intere comunità cinesi a occupare stabilmente aree geografiche europee e nazionali, nel nostro caso. Le grandi città, Roma, Milano su tutte, poi alcuni distretti produttivi, primo fu quello tessile di Prato. Sappiamo bene (ora) che quel flusso era strumentale alla attività di apprendistato cinese sulle metodologie e sulle tecniche di produzione, sui macchinari e sulle modalità.

Poi si è capito, in Cina, che l’industria manifatturiera europea, esclusa quella ad alto contenuto tecnologico (ma non tutta, come vedremo) poteva essere traslata, offrendo gli stessi prodotti a un costo infinitamente più basso di quello di produzione europeo. In Europa siamo passati dall’essere  produttori a diventare  importatori e distributori. Meno costi, più profitti. L’attività  manufatturiera europea di beni di largo consumo si è spostata, quindi, in Cina. Se oggi non troviamo operai specializzati in Italia è perché abbiamo abbandonato, 20 anni fa, la produzione e la formazione di settore. E da questo non si torna indietro.

Questo breve excursus storico non vuole esaurire temi ben più ampi e che meriterebbero maggior sviluppo, ma è strumentale per consentirci di arrivare al terzo stadio della crescita Cinese in Europa e nel mondo, ovvero quello della supremazia finanziaria. Qualcuno (Credit Suisse) in un suo recente report ha evidenziato come l’ordine finanziario mondiale stia andando verso un nuovo modello, ovvero un sistema monetario globale basato sulle materie prime. La finanza basata sul modello avviato dal presidente statunitense Richard Nixon nel 1971 (Bretton Woods II) che prevedeva la finanziarizzazione delle valute ponendo al centro, come valore di riferimento, il dollaro, secondo Credit Suisse, verrà  presto sostituito con un sistema in cui la valuta verrà sostenuta ( e si rafforzerà ) in proporzione all’oro e alle materie prime che quel Paese detiene o controlla. La Cina, oggi, detiene il 50% delle riserve mondiali di grano, il 70% delle riserve mondiali di mais. Gli Stati Uniti d’America detengono il 6% delle riserve di grano e il 12% di mais. Basterebbe questo dato per comprendere dove si sta dirigendo il Paese.

Il mio elogio alla Cina è più realista del Re, probabilmente, ma è indubbio che elementi come una accurata  strategia di sviluppo economico-industriale, pianificazione a lungo termine sugli obiettivi da raggiungere ma soprattutto capacità di leggere gli eventi e portarli a proprio vantaggio sono punti di forza che non mancano mai nell’agenda del Partitolo popolare cinese.

La Cina ha sempre avuto, dal suo ingresso nel Wto, uno scopo dichiarato (basta leggere i resoconti delle assemblee annuali del Partito Comunista Cinese): diventare il primo Paese al mondo in termini di Prodotto Interno Lordo: le previsioni di crescita per il 2023 si attestano sopra al 5%. Per fare ciò, prosegue nel suo piano per il raggiungimento dell’autonomia tecnologica e strategica, mediante acquisizioni di società straniere attraverso società veicolo, spesso – anzi quasi sempre – a controllo governativo. Dove sta andando la Cina e quali sono i suoi alleati?

Oggi il settore alimentare e la crescita in tale ambito rientra tra gli obiettivi strategici del XIV Piano quinquennale della Repubblica Popolare Cinese. In Italia, diverse aziende di settore (specie nella produzione di sementi) sono state fatte “oggetto” di attenzioni e l’intervento del Governo Italiano, mediante applicazione della disciplina sulla Golden Power, ha ridimensionato tali interessi, ma è un dato di fatto che l’obiettivo, da parte del governo Cinese, è dichiarato. Così come lo è nel settore della chimica e dei fertilizzanti (ChemChina è al primo posto al mondo nella classifica dei principali produttori di agrofarmaci con 13,5 miliardi € di fatturato).

Un altro settore dichiarato di espansione, da parte della Cina, è quello della logistica, soprattutto del trasporto marittimo, con interessi nel controllo di aree portuali e di vettori marittimi. Non sta a me ricordare ciò che è già realtà nei porti europei e italiani circa la presenza di compagnie di controllo cinesi. In questo scenario, caratterizzato da un attivismo senza precedenti da parte del governo cinese verso interessi economici e finanziari in Europa, la Russia gioca un ruolo oltremodo importante, quale partner strategico delle politiche cinesi. Gas naturale, petrolio, grano e altri minerali strategici sono oggetto di interscambio tra Russia e Cina, oltre alle joint venture esistenti tra i due Paesi in campo tecnologico. Anche la Russia crede nella nuova formulazione dell’ordine finanziario globale (la citata Bretton Woods III)  e, come annunciato da Nikolaj Patrushev, il potente segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, già compagno del presidente Vladimir Putin ai tempi del KGB, “esperti russi stanno lavorando a un progetto per sostenere il rublo russo con l’oro e altre materie prime”. Ciò consentirebbe un nuovo sistema monetario dove Rublo, Oro e materie prime cresceranno in tandem.

Se quindi la Russia, attraverso l’uomo più potente del Paese dopo Putin, annuncia il progetto e gli da seguito (le banche commerciali russe possono acquistare oro contro rubli), la Cina si attrezza per diventare, come la Russia, un grande produttore e/o detentore di risorse e materie prime. In questo io vedo una alleanza non direttamente dichiarata, ma con finalità identiche, ovvero dare forza mondiale allo yuan e al rublo sullo scenario monetario mondiale. L’andirivieni dei giorni scorsi di uomini dell’establishment politico americano in Cina, per riallacciare dialoghi e rapporti  (persino il centenario Henry Kissinger si è mosso) sono la testimonianza di quanto la Cina sia sempre più vicina alla Russia che non al mercato occidentale (gestito e capitanato dagli Stati Uniti d’America). Il mondo e la sua popolazione avrà sempre più fame, perché cresce esponenzialmente, in Africa, Asia e aree orientali. Decresce (la popolazione) nelle economie occidentali.

E veniamo a noi (Europa, Italia). Le conseguenze di questa alleanza saranno, per il mondo occidentale, negative. La guerra in Ucraina, da un punto di vista economico e finanziario, è una debacle: il debito pubblico aumenta e l’economia non cresce quanto dovrebbe: c’è paura, timore per gli investimenti. Il sistema Europa si sostiene creando debito, si stampano banconote, c’è alta inflazione, i costi non scendono nonostante le politiche deflattive della Banca centrale europea. Si spende tanto per sostenere un conflitto militare che sta mettendo in crisi di “sistema” l’intera Europa, mentre Russia e Cina proseguono imperterrite in un piano di rivoluzione mondiale della finanza internazionale. La Cina sta cercando di far partire un suo sistema di interscambio di comunicazioni bancarie, analogo allo Swift, e questo è un altro segnale. Già oggi il sistema interno cinese (CIPS) e quello russo (SPFS2) sono collegati. Oggi la Russia (che prima delle sanzioni si avvaleva del sistema SWIFT) è una delle prime 15 economie commerciali che utilizzano lo yuan.

Secondo un recente studio pubblicato dall’Ispi il 13 gennaio scorso, i rapporti finanziari tra la banca centrale Russa e quella Cinese sono sempre più attivi; complice l’embargo e le restrizioni imposte dall’occidente, la Cina si sta imponendo per porre la sua valuta come moneta contro le più importanti commodities (petrolio su tutte) mediante un accordo con l’Arabia Saudita, in cui il petrolio andrebbe scambiato proprio contro la valuta cinese (vecchio progetto che anche Putin tentò di avviare nel 2003 in sede anti-Opec chiedendo che il petrolio russo fosse quotato in rubli e non in dollari). In questi accordi, quindi, prende sempre più corpo una strategia finanziaria comune tra Russia e Cina, che non sono certo due realtà da non considerare.

Pesano molto proprio i fattori di cui accennavo: svincolo delle valute dal mercato finanziario, finanziarizzazione delle valute  (carta contro carta), approccio a valutazioni basate su sottostanti tangibili (materie prime-oro). Altre e più approfondite valutazioni macro finanziarie e macro economiche andrebbero svolte, anche in relazione al terzo incomodo di questa partita, ovvero i Paesi del Gulf Cooperation Country, in primis Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, specie quest’ultimo con le sue infinite riserve di gas, i quali manifestano sempre più amorosi sensi verso l’accoppiata Cina-Russia che non verso l’accoppiata Stati Uniti-Europa. Evidentemente avranno le loro buone ragioni.

Previsioni per l’Italia? Energia nucleare subito, nel mentre accordi su gas duraturi, più autonomia industriale, sviluppo e mantenimento dei distretti produttivi tecnologici, più (molta di più) agricoltura intensiva ed estensiva (la Francia produce molto più grano di noi), più infrastrutture e logistica (aeroporti, porti, strade, alta velocità, linee ferroviarie merci) e tanto, tantissimo sviluppo su turismo e valorizzazione del territorio, perché viviamo nel Paese più bello del mondo.

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