Le proposte avanzate per il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi non sono un “attacco” alla Commissione, bensì pareri per il miglioramento di un testo che ne ha effettivamente bisogno. Il commento di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta
La deroga introdotta dalla Commissione per quegli operatori con una superficie di vendita non superiore ai 100 mq, comprese le zone di stoccaggio e spedizione, passerebbe a 200 mq. Questo è quanto prevede il parere della Commissione Itre del Parlamento europeo, approvato la scorsa settimana, rispetto alla proposta di regolamento per modificare la normativa europea sugli imballaggi e, in particolare, rispetto all’obbligo di avere impianti per il riempimento di contenitori vuoti.
Una proposta ragionevole che cerca di evitare di mettere ancora più in difficoltà il piccolo commercio, a tutto vantaggio di chi ha a disposizione grandi superfici.
Lo stesso parere prevede un nuovo Packaging Forum, cioè l’istituzione di un Forum consultivo che garantisca la partecipazione equilibrata di rappresentanti degli Stati membri e di tutte le parti interessate, incluse le Ong. Ancora si propone che, per quanto attiene la definizione dei criteri di progettazione per il riciclaggio, detti compiti siano demandati agli organismi europei di standardizzazione (Cen).
Per quanto attiene, invece, la revisione delle restrizioni all’uso di determinati formati di imballaggio dovrebbe rientrare piuttosto nei poteri dei co-legislatori e pertanto rientrare nella procedura legislativa ordinaria e non a quelli della Commissione.
Qualcuno ha criticato queste proposte definendole “opache”. È opaco creare un Forum, prevedere il coinvolgimento degli organismi di armonizzazione europea e del Parlamento europeo? Sarà certamente meno opaco di un potere affidato esclusivamente alla Commissione, peraltro, con vaghi criteri di indirizzo.
Ancora tra le proposte del parere c’è anche che gli obblighi di contenuto riciclato vadano stabiliti come media dell’intero portafoglio di ciascun produttore piuttosto che sulla singola unità di imballaggio e che elementi non strutturali di un imballaggio, come adesivi, inchiostri e rivestimenti non debbano essere soggetti a tali obblighi.
Infine, dei sistemi di preferenza nell’accesso al materiale riciclato dovrebbero essere introdotti per quegli operatori che avranno obblighi di contenuto riciclato per gli imballaggi che immettono sul mercato.
Sono proposte, anche queste, che non cambiano l’obiettivo ambientale, ma lo rendono concretamente raggiungibile.
Per quanto concerne gli obiettivi di riutilizzo, il parere condivide l’impianto complessivo della proposta della Commissione e riconosce il valore che il riutilizzo di taluni imballaggi potrebbe avere in certi settori e applicazioni. Tuttavia, secondo il parere, la fissazione di target di riutilizzo più ambiziosi al 2040 dovrebbe avvenire solo dopo un’approfondita analisi del ciclo di vita delle diverse soluzioni e tenuto conto delle prescrizioni in materia di salute, igiene e sicurezza.
Il tema di verificare se gli obiettivi di riutilizzo proposti siano effettivamente vantaggiosi sotto il profilo ambientale è un tema molto dibattuto, si pensi al maggiore impiego di acqua ed energia per lavare e asciugare oppure all’impatto per trasportare imballaggi vuoti.
Un “attacco” – così si è espresso qualche portatore di interessi- alla proposta di regolamento di revisione alla normativa sugli imballaggi? Oppure soltanto la proposta di una buona norma che cerca di introdurre un criterio ragionevole rispetto alla normativa vigente sugli imballaggi che già prevede il criterio della gerarchia dei rifiuti ed obiettivi differenziati di riciclo per ogni materiale?
Altre proposte, ad avviso di chi scrive, dovrebbero essere aggiunte e integrate alla proposta della Commissione. Un paio per tutte: la mancanza del numero minimo delle “rotazioni” (ritorni) che un imballaggio riutilizzabile deve fare (quasi un’assurdità per una proposta che vuol incentivare il riutilizzo); l’assenza della definizione di materiale prevalente quando un imballaggio sia composto da diversi componenti.
Senza contare che alla data di presentazione della bozza di opinione non erano ancora chiare le competenze della Commissione Itre (come riportato dal parere nella parte iniziale).
Insomma tutto ciò sarebbe un “attacco” alla proposta della Commissione? Oppure proposte di ragionevole miglioramento ad un testo che ne ha effettivamente bisogno?