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Chi (non) governerà la Spagna? Scenari dopo il voto

Il Partito Popolare è stato il più votato, ma non ha i numeri per formare il governo da solo, neanche con l’appoggio di Vox. Come il Psoe di Sánchez, ha bisogno di un’alleanza, anche con le forze politiche minori. Tutto mentre gli indipendentisti catalani sfruttano il momento. Regole, dinamiche e l’incubo reale delle ennesime elezioni anticipate

Nonostante il caldo e lo scontento popolare per la scelta della data elettorale, gli spagnoli hanno votato. Con una cifra record di astensione che supera il 50%, il Partito Popolare guidato dal conservatore Alberto Núñez Feijóo ha vinto sul Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe) dell’attuale presidente Pedro Sánchez 136 seggi contro 122. Un risultato che impedisce ai popolari formare il governo da soli perché non arrivano alla maggioranza di 176 seggi sul totale di 350. Al terzo posto è arrivato il partito di estrema destra Vox con 33 seggi e al quarto posto la coalizione di sinistra Sumar con 31 seggi.

Da oggi, ancora una volta, tutti i protagonisti della politica spagnola saranno impegnati nei negoziati per raggiungere una nuova coalizione di governo. Sánchez potrebbe restare alla guida del Paese se sigla l’accordo con Sumar e altre forze politiche, mentre Feijóo dovrebbe contare sui seggi di Vox, ma non basterebbero per raggiungere la maggioranza.

“Sette anni dopo siamo tornati a vincere le elezioni – ha detto Feijoó dopo l’annuncio dei risultati -. Gli spagnoli hanno dato fiducia al Pp e ci stanno dicendo che dobbiamo dialogare. Come leader del partito più votato, devo guidare il dialogo e tentare di governare con la vittoria elettorale […] Abbiamo più voti e più seggi di quattro anni fa. Nessun tenti di bloccare la Spagna”.

L’impresa però non sarà facile a causa delle regole del sistema parlamentare spagnolo. Come spiega la Bbc, il Re di Spagna avrà colloqui con i leader di tutte le formazioni politiche rappresentate al Congresso e proporrà un candidato per l’investitura. Questo candidato, che inizialmente è quello più votato, espone il piano di governo al Congresso e viene votato. Se non ottiene la maggioranza assoluta in un primo turno, passa al secondo turno dopo 48 ore.

Per potere formare il governo, Feijoó ha bisogno dell’alleanza con Vox ma anche del voto dei piccoli partiti. Una formula difficile giacché il Partito Nazionale Basco, per esempio, ha detto che sosterrebbe il Pp ma non insieme a Vox.

Se Feijóo non vince in Parlamento tocca a Sánchez proporsi come candidato. E avrebbe bisogno dei seggi della coalizione di sinistra Sumar e delle forze minori indipendentiste della Catalogna. Un altro “governo Frankenstein”, com’era stato definito (in modo critico) in passato.

Miriam Nogueras, portavoce del partito indipendentista catalano JuntsxCatalunya ha escluso il sostegno a Sánchez: “Non faremo presidente Sánchez gratis”. I sette seggi degli indipendentisti catalani di Junts, guidati da Carles Puigdemont, ex presidente della Catalogna in esilio, possono essere decisivi. Gabriel Rufian, portavoce dell’altro partito indipendentista catalano Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) ha lasciato intendere che tra le richieste ci sarà la fine del deficit fiscale di cui soffre la Catalogna e il trasferimento completo ed effettivo del servizio ferroviario locale alla Generalitat, con tutti i finanziamenti necessari: “Chiediamo poi che Sanchez non abbandoni il tavolo dei negoziati tra il governo centrale e il governo catalano per risolvere il conflitto politico”.

I piccoli partiti, di destra (come Vox) o di sinistra (come Sumar) hanno complicato lo scenario politico spagnolo, nonostante gli equilibri bipartisan ancora imperanti. Ma se né Feijóo né Sánchez raggiungono la maggioranza nei prossimi mesi di negoziati, è molto probabile che la Spagna andrà a elezioni anticipate, ancora una volta.



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