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Addio ad Andrea Purgatori, il “cercatore di verità”. Il ricordo di Silvia Grassi

Nel mio piccolo posso solo ringraziarlo per il privilegio incommensurabile di averlo avuto come amico. Lo ringrazio per la fiducia e la stima, per la sua apertura nei confronti dei giovani colleghi, per la cura che metteva in tutto quello che faceva, diceva e scriveva. Il ricordo di Silvia Grassi, Consiglio superiore della magistratura

Era un Giornalista, con la G maiuscola. Era il “giornalista-giornalista”, come aveva definito lui con una battuta il giovane collega Giancarlo Siani, vittima della camorra, nel film Fortapàsc.

Poi era sceneggiatore, ma anche attore, autore, scrittore e conduttore, in ordine sparso. Sì, era tutto questo e forse anche di più. Certa era la sua vocazione, perché tutta la sua vita ha avuto un unico comune denominatore: la ricerca della verità.

Era stato il pm Nino Di Matteo, suo amico, nel terribile giorno della sua scomparsa, lo scorso 19 luglio, ad aver subito colto il beffardo destino di “uno dei pochi cercatori di verità”, spegnersi proprio nel 31mo anniversario della strage di Via D’Amelio, durante le commemorazioni del giudice Borsellino.

Stamattina per l’ultimo saluto ad Andrea Purgatori, c’era una grande folla fuori Piazza del Popolo e dentro la Basilica di Santa Maria in Montesanto, la “Chiesa degli artisti”. Ad abbracciare i familiari volti noti e ammiratori. Insieme agli amici di sempre c’era il mondo del giornalismo, del cinema, della televisione, ma anche dell’avvocatura e della magistratura, con nomi di peso.

Non è mai elegante, passare in rassegna i presenti e si rischia sempre di fare torto a qualcuno ma sono significative le parole, non di rito, per ricordare un grande giornalista “che ha portato sempre avanti la ricerca della verità per cui combatteva ad ogni costo”.

Lo ricorda con parole colme d’affetto Don Walter Insero, nel corso dell’omelia “questa basilica non riesce a contenere la presenza, la stima, l’affetto e l’amore per lui ” “uomo forte e ironico fino alla fine. Coraggioso anche con la malattia che ha preso di petto”.

A portare il feretro in chiesa è un picchetto dei Vigili del fuoco: il desiderio paterno lo spiega il figlio Edoardo: “Una delle prime telefonate che ho ricevuto è stata quella di Piero Moscardini che aveva conosciuto papà tanti anni fa, quando da cronista passava tanto tempo nelle caserme aspettando le notizie. Mi ha chiesto l’onore di far portare il feretro ai vigili del fuoco”.

E basta questo dettaglio per scorgere l’umiltà dei “grandi”, che fino all’ultimo non cambiano rotta. Poi arrivano le parole commosse dei tre figli Edoardo, Ludovico e Victoria e sono la testimonianza viva “del grande padre, un esempio che resta”. Parole che toccano nel profondo e lasciano il segno, come l’immagine di Andrea Purgatori in bianco e nero con il sigaro, per sempre scanzonato e sorridente; è il ritratto cinematografico che campeggia di fianco all’altare.

Ludovico racconta il privato di un uomo assai schivo e riservato “i grandi pregi e i difetti: era anche ansioso, burbero, protagonista” “ricercava la perfezione in ciò che faceva e usava il protagonismo per trasmettere i grandi valori in cui più ha creduto nella vita”.

Victoria, tra le lacrime, condivide gli ultimi indelebili fotogrammi della sua vita, impegnato a lottare contro la malattia senza mai perdere la forza dell’ironia. “Il coraggio con cui ha affrontato la malattia ha attenuato il mio terrore di perderlo”.

E poi Edoardo: “Fino alla fine, ha avuto la sua energia dirompente, l’ironia, la forza, la rabbia. È stato un guerriero fino all’ultimo”.

Tanti fotogrammi, tante istantanee della sua vita e poi, tantissimi ringraziamenti, pubblici e privati. Tutti hanno un motivo per dire grazie ad Andrea. Lo fa l’editore di La7 Urbano Cairo che ringrazia per l’eredità morale di “aver insegnato ai giornalisti a non fermarsi mai davanti ad apparenti verità”. Lo fa il Direttore di La7 Andrea Salerno che loda il suo modo ineccepibile di fare giornalismo stando “alla giusta distanza” la stessa raccontata nel film di Carlo Mazzacurati.

Io, nel mio piccolo, posso solo ringraziarlo per il privilegio incommensurabile di averlo avuto come amico. Lo ringrazio per la fiducia e la stima, per la sua apertura nei confronti dei giovani colleghi, per la cura che metteva in tutto quello che faceva, diceva e scriveva.

Come quando, in una lunga chiaccherata sul giornalismo investigativo di ieri e di oggi, passando dall’inchiesta su Ustica, al terrorismo internazionale, fino alla mancata perquisizione del covo di Riina, mi disse: “L’uno vale uno, per me non esiste e non può esistere. Non è accettabile che quello che faccio io come giornalista valga quanto quello che fa un presentatore di un programma di intrattenimento…”.

Andrea, eri proprio così e nel giorno del tuo ultimo saluto, hai ricevuto la gratitudine che si tributa ai grandi. È andata in scena una cerimonia con una sceneggiatura perfetta, come l’avresti scritta tu. Ciao Andrea!



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