L’Occidente intero deve comprendere l’importanza del fianco Sud per la propria sicurezza. Attori ostili o concorrenti sono già presenti nell’area: o con brigate di contractor come quelle della Wagner o con massicce operazioni economiche come quelle cinesi. L’intervento di Marco Dreosto, senatore della Lega, e di Marco Gombacci, analista di politica estera
Con lo scorso summit Nato a Vilnius, l’Alleanza Atlantica ha dimostrato – ancora una volta – di sapersi adattare rapidamente alle nuove molteplici sfide che attanagliano la sicurezza dei Paesi membri. Se da un lato vi è stata una particolare attenzione al fianco Est, con il sempre giusto supporto al popolo ucraino, dall’altro la Nato ha saputo riaffermare di essere un’Alleanza a 360 gradi ponendo l’accento anche su altri versanti critici come quello Nord, con l’Artico in primis, all’Indo-Pacifico e al Mediterraneo con il caldo fronte del Sud. Con i mutati scenari geopolitici globali, con un Global South in movimento e in riallineamento, è necessario che i Paesi occidentali si dividano i compiti per evitare l’instabilità del pianeta e gestire il vicinato dell’Alleanza.
Ed è stato proprio il governo italiano a richiamare l’attenzione durante il Summit Nato sulla necessità di un ruolo attivo e da protagonista dell’Europa verso l’Africa e il Mediterraneo. E lo ha fatto concretamente anche nei giorni successivi quando, sempre su spinta italiana, l’Unione europea ha firmato un memorandum con la Tunisia che funge da apripista per la stabilizzazione di Tunisi, levandola anche dalle grinfie della Cina, e dell’Africa, fronte secondario della guerra asimmetrica che si combatte in Ucraina. È ovvio che non ci si può fermare alla Tunisia, ora è necessario che accordi simili vengano firmati anche con la Libia, con l’Egitto, con il Niger, snodo fondamentale per i flussi migratori, e con altri Paesi del Sahel, in un’ottica volta a stabilire solide relazioni con i Pesi africani. Investimenti mirati, sviluppo socio-economico, interconnettività tra Nord Africa e Europa, insomma un “piano Marshall” anche per non lasciare quei Paesi in balia della Russia o della Cina che avrebbero un interesse a destabilizzarli creando un effetto domino negativo proprio per la sicurezza del Mediterraneo e dei Paesi occidentali.
Per far questo Roma, per la sua posizione geografica e profondità culturale nell’area, avrà un duplice ruolo: sia usare i propri intelligence and informative asset della Difesa (Marina Militare in primis) per presidiare le importanti comunicazioni sottomarine (gasdotti, cavi internet, reti elettriche) garantendo anche il libero commercio nel Mare Nostrum, sia trasformando l’Italia in un hub energetico europeo assicurando così la sicurezza energetica del continente per staccarsi dal gas russo e rafforzare i rapporti euro-atlantici.
Ma per lanciare questo “piano Marshall” per l’Africa, o Piano Mattei come viene chiamato in Italia, l’Italia non può agire sola. L’Occidente intero deve comprendere l’importanza del fianco Sud per la propria sicurezza. Attori ostili o concorrenti sono già presenti nell’area: o con brigate di contractor come quelle della Wagner o con massicce operazioni economiche come quelle cinesi.
Sebbene ci sia un certo attivismo europeo, questo rischia di arenarsi aspettando le prossime elezioni europee nel 2024; a questo punto, dovrebbe essere proprio l’Alleanza Atlantica ad attivarsi in questo senso. Nel nuovo concetto strategico approvato a Madrid nel 2022, si sancisce che i core task Nato sono si deterrenza e difesa, ma anche sicurezza cooperativa, prevenzione e gestione delle crisi. Ecco come dando pari dignità a tutti questi core task, la più grande alleanza militare al mondo potrebbe muoversi impiegando l’Italia come fore front per mettere in sicurezza il fianco Sud. Italia che deterrà anche la presidenza del G7 nel 2024 e potrà essere l’occasione per il Bel Paese di lavorare per includere nel vertice Paesi come India, Corea del Sud e Australia, potrebbe attivarsi per un ruolo all’interno della Three Seas Initiative collegando il Nord al Sud Europa e potrà riconfermare il proprio posizionamento geopolitico con il non rinnovo dell’accordo della Via della Seta.
Un attivismo in politica estera che da tempo non ricopriva e un’occasione unica per Roma per tornare centrale nello scacchiere internazionale per la difesa non solo del proprio interesse nazionale ma dell’occidente intero, rafforzando il fianco Sud di Europa e Nato e promuovendo una positiva sinergia fra le due organizzazioni, come da tempo chiesto in molti documenti strategici congiunti.