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Aspettando lo scadere dell’ultimatum, i rischi per l’Europa da un Sahel (tutto) autoritario

Di Raffaele Ventura

I diversi fili che si intrecciano nel Sahel formano un’intricata tela che avrà profonde conseguenze geopolitiche. Se la giunta militare reggerà alle pressioni internazionali, la regione sarà composta da una costellazione di Stati guidati da regimi autoritari ostili ai principi democratico-liberali. L’analisi di Raffaele Ventura, Università di Trento e Geopolitica.info

Il colpo di Stato in Niger, iniziato lo scorso 26 luglio con la detenzione domestica del presidente eletto Bazoum, a differenza di altri recenti golpe nella regione ha innescato una serie di reazioni a catena con conseguenze nazionali, regionali e internazionali. Quindi, per comprendere come il corso degli eventi abbia posto Niamey al centro di numerosi dossier che vanno dalla lotta al terrorismo alla competizione geopolitica regionale e internazionale, bisogna partire dal contesto nazionale.

Un insieme di fattori politici ed economici racchiude la spiegazione di come il potere politico sia stato conquistato da un gruppo di militari e del perché la popolazione stia manifestando il proprio sostegno proprio per la giunta golpista. I primi fattori si ritrovano nella debolezza delle giovani istituzioni democratiche del Paese e nelle campagne di disinformazione ad opera di attori russi in ottica antifrancese, che avevano fomentato il malcontento negli scorsi mesi. Parallelamente, gli strascichi degli anni del Covid-19 e dell’insicurezza provocata dalle insurrezioni terroristiche in corso nelle aree del Lago Ciad e in quelle della regione di Liptako avevano lasciato il terreno fertile per far attecchire queste campagne d’odio verso il governo democratico. Tuttavia, la presidenza Bazoum aveva registrato buoni risultati sia in termini economici che di lotta al terrorismo, in controtendenza ad altri Paesi nella regione. Il golpe è stato, così, facilitato da un contesto regionale da anni in preda a profonda instabilità e dall’influenza esterna di campagne di disinformazione mirate a minare la leadership di Bazoum.

A questo punto emerge la dimensione regionale, dove il Niger ricopriva una posizione strategica per due ragioni: da una parte le sue importanti riserve di uranio e di petrolio, dall’altra la lotta al terrorismo e la democratizzazione del Sahel – specialmente dopo i colpi di Stato in Mali e Burkina Faso, che avevano fatto terminare le missioni francesi e incrinato i rapporti con i partner regionali ed europei. Infatti, il Niger aveva assunto il ruolo di principale partner militare dell’Unione Europea e degli Stati Uniti nel Sahel. Dunque, l’instabilità regionale, ulteriormente messa in discussione dal colpo di Stato in Niger, ha scatenato la dura risposta dell’Economic Community of West African States (Ecowas), che ha emanato un ultimatum per la giunta militare, indicendo sanzioni economiche e minacciando contromisure che non escludono l’uso della forza militare.

In risposta all’ultimatum, Burkina Faso e Mali, Stati membri di Ecowas, hanno dichiarato che ogni intervento in Niger verrà considerato come una dichiarazione di guerra anche contro di loro. La posizione di Ouagadougou e Bamako mostra le dinamiche di potere interne all’Africa occidentale, dove gli interessi di Ecowas, indirizzati da un blocco di Stati guidati dall’egemone regionale, la Nigeria, si contrappongono a quello delle giunte militari che hanno preso il potere negli ultimi anni nel Sahel.

I risvolti internazionali del colpo di Stato in Niger si aggiungono a quelli regionali. La strategia russa per estendere la propria influenza politica ed economica in Africa si scontra con la tradizionale presenza euro-atlantica nel Sahel e si lega al tentativo di Mosca di uscire dall’isolamento internazionale in seguito al conflitto in Ucraina. Il gruppo militare Wagner, già operativo nei vicini Mali, Repubblica Centrafricana, Libia e Sudan come security provider internazionale, confligge con gli interessi del blocco euro-atlantico, in quanto ha sostituito la tradizionale influenza francese o europea.

Non è, tuttavia, solo “colpa” di Mosca se negli ultimi anni la presenza militare del gruppo Wagner si è contrapposto a quello europeo, il cui approccio alle crisi umanitarie e politiche nel Sahel non è sempre stato privo di elementi post-coloniali. Infatti, le missioni di pace sono spesso state organizzate secondo le priorità securitarie ed economiche dell’Ue e dei suoi Stati Membri. In un tale contesto, Mosca e la compagnia militare privata Wagner hanno saputo inserirsi con abilità, stringendo partnership strategiche che hanno progressivamente eroso l’influenza europea. La possibilità che il Gruppo Wagner entri in Niger è concreta, vista la rottura degli accordi bilaterali militari tra Niamey e Parigi, a cui si somma l’offerta di Prigozhin, leader della compagnia militare privata russa, di sostenere la giunta militare nel ristabilire l’ordine nel Paese.

In conclusione, i diversi fili che si intrecciano nel Sahel formano un’intricata tela che avrà profonde conseguenze geopolitiche. Se la giunta militare reggerà alle pressioni internazionali, il Sahel sarà composto da una costellazione di Stati guidati da regimi autoritari ostili ai principi democratico-liberali. Questo insieme di Paesi, che unisce geograficamente l’oceano Atlantico al mar Rosso, divide l’Africa del nord da quella subsahariana e diventa fondamentale anche per l’economia e la sicurezza del Mediterraneo, già minacciata dagli effetti destabilizzanti delle sfide ambientali e climatiche.



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