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Pnrr, il nuovo Piano Marshall per il patrimonio pubblico. Scrive Albano

Di Lucia Albano

Una cabina di regia sul patrimonio immobiliare pubblico al Mef che avrà il compito di suddividere gli immobili in cluster per individuare quelli che possono essere riqualificati e decidere le destinazioni d’uso. Lucia Albano, sottosegretario del ministero dell’Economia e delle finanze, racconta a Formiche.net l’iniziativa da lei promossa

Fin dal principio il Pnrr è stato paragonato al Piano Marshall. “L’Europa ha bisogno di un nuovo Piano Marshall”, così si espresse anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in sede di presentazione delle linee guida dell’intervento europeo che diede poi avvio al programma NextGenerationEU.

Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza del programma europeo NextGenerationEU, infatti, rappresenta un primo importante esempio di debito comune europeo, attraverso il quale l’Unione ha deciso di affrontare la crisi causata dal Covid-19 e sostenere le economie e i percorsi di sviluppo dei suoi Stati membri.

Considerate le ingenti risorse assegnate al Piano italiano – 191,5 miliardi di euro di cui 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti – è evidente che il successo del nostro Pnrr rappresenta un’occasione unica per trasformare la nostra economia mediante investimenti strategici e riforme strutturali, consentendoci, nei prossimi anni, di avere una nazione più digitale, più verde, più innovativa, più sociale, più connessa da Nord a Sud.

Il Pnrr rappresenta inoltre anche un importantissimo cambio di paradigma nell’utilizzo delle risorse europee. È uno strumento fortemente innovativo in quanto è “performance based”, orientato ai risultati, e non basato, come nell’approccio dei tradizionali fondi strutturali, sulla spesa sostenuta per i progetti finanziati. I fondi sono riconosciuti dalla Commissione europea all’Italia e agli altri Stati membri a fronte della rendicontazione periodica di obiettivi quantitativi e qualitativi, concordati e associati all’attuazione di investimenti e riforme.

Fin dal suo insediamento, il governo ha lavorato di concerto con la Commissione europea e con tutte le amministrazioni responsabili per verificare il rispetto dei termini previsti ed effettuare una ricognizione puntuale e dettagliata dello stato di attuazione del Piano.

In questo quadro, si inserisce la scelta di individuare un’unica Autorità politica responsabile per l’attuazione del Pnrr e delle politiche di coesione. Il decreto 13/2023 ha istituito un cambio di governance, fortemente voluto dal ministro Raffaele Fitto, con l’istituzione di una nuova struttura di missione Pnrr presso la presidenza del Consiglio dei ministri.

Una decisione la cui bontà è stata confermata anche dalla Commissione europea, che nasce dall’esigenza di assicurare una maggiore sinergia tra le diverse fonti di finanziamento, sia per garantire che le risorse vengano effettivamente spese sia per privilegiare misure di qualità e in grado di avere effetti sul Pil. Il nuovo approccio all’attuazione del Pnrr permetterà di realizzare gli investimenti e le riforme che servono all’Italia con la velocità che è necessaria a rispettare gli impegni concordati a livello europeo, ma senza la fretta che rischierebbe di compromettere la migliore allocazione delle ingenti risorse da cui dipende il percorso di sviluppo dell’Italia di domani.

È bene ricordare che il governo, insediatosi a fine ottobre, nel poco tempo che lo divideva dal 31 dicembre 2022, ha affrontato le questioni relative alla terza rata che, com’è noto, avevano una diversa complessità rispetto ai precedenti target e milestone, per il semplice fatto che la terza rata, ossia i 55 obiettivi del 31 dicembre, era strutturata anche su una serie di interventi che iniziavano, come si suol dire, a mettere a terra gli investimenti. Recentemente la Commissione europea ha dato il via libera alle proposte che il governo ha messo in campo, sia relativamente all’approvazione della terza rata con alcune modifiche, che alle modifiche proposte per la quarta rata. Un lavoro molto complesso e articolato, che ha visto ben 47 modifiche per poter giungere a questa definizione, ma che, alla fine del percorso, ha portato a un apprezzamento, anche pubblico, da parte di tutti gli esponenti della Commissione europea.

Il Pnrr avrà un ruolo fondamentale anche nella valorizzazione del patrimonio pubblico, materia oggetto di una delle deleghe conferitemi dal ministro e di cui mi sto occupando molto da vicino. Recentemente un emendamento parlamentare al decreto PA2 ha istituito una cabina di regia sul patrimonio immobiliare pubblico, da me promossa, al ministero dell’Economia e Finanze.

Composta da rappresentanti della presidenza del Consiglio, di dieci ministeri (Mef, Interno, Ambiente, Sud e Pnrr, Cultura, Giustizia, Infrastrutture, Istruzione, Turismo, Università), della Conferenza Unificata, dell’Agenzia del demanio e dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, la cabina di regia avrà il compito di suddividere gli immobili in cluster per individuare quelli che possono essere riqualificati e decidere le destinazioni d’uso.

Vogliamo lavorare prioritariamente lungo la direttrice delle 3S: studentati universitari, altro obiettivo prioritario del Pnrr, social housing per supportare le famiglie più in difficoltà e senior living per realizzare immobili a misura di over 65. Tutto nella direzione della rigenerazione e messa in sicurezza dei territori e della riqualificazione urbana in termini ambientali e sociali, con una progettazione di qualità basata sui criteri Nearly Zero Energy Buildings, edifici il cui consumo energetico sarà quasi pari a zero.

Un’opportunità di coordinamento efficace tra soggetti pubblici che mai nessun governo era stato in grado di istituire, nonostante i tentativi si susseguissero dal 2014: lavoriamo non solo per l’oggi e il domani, ma per il futuro delle prossime generazioni.

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