Il nuovo, e l’ennesimo, progetto politico di Calenda è forse il più congeniale con il suo profilo e la sua stessa personalità. Ovvero, un partito con un profilo laicista, che individua nel Centro e nei centristi un avversario/nemico da cui scansarsi e con una prospettiva politica legata a doppio filo al mondo radicale. Il commento di Giorgio Merlo
Che Calenda sia un leader politico creativo e fantasioso non c’è alcun dubbio. I cambiamenti di prospettiva sono così repentini che diventa anche difficile, se non addirittura imbarazzante, seguirli tutti con la dovuta attenzione. Adesso, almeno così pare, il nuovo progetto è quello di dar vita ad un “polo liberal democratico” con l’accordo con ciò che resta dei radicali nel nostro Paese.
Una prospettiva del tutto legittima, come ovvio, ma che centra poco o niente con il progetto di far decollare un Centro politico, di governo, plurale e autenticamente riformista. Si tratta, semmai, della riproposizione, in termini aggiornati e rivisti e in miniatura, della gloriosa esperienza del Partito Repubblicano italiano condito dall’apporto del tardo laicismo radicale. E questo si spiega anche perchè Calenda ha sempre detestato – anche e ripetutamente a livello pubblico – il Centro e, di conseguenza, i centristi. Sono ormai famose le sue dichiarazioni sul fatto che il “centro mi fa schifo”.
Certo, fa un certo effetto che un esponente politico che voleva essere, attraverso il suo partito, il punto di riferimento delle culture progressiste liberali, socialiste, democratiche e cattolico popolari, si riduca a diventare un piccolo cartello elettorale in accordo con i radicali. Del resto, recita un vecchio proverbio, “chi si somiglia si piglia”. E la convergenza politica e culturale del turbo laicista Calenda con i radicali non può che essere il naturale approdo di un partito personale a cui ha dato vita dopo la fuga dal Pd con un universo culturale più congeniale e coerente rispetto alla costruzione di un campo centrista, plurale, riformista, popolare e di governo.
In secondo luogo va pur detto che la costruzione di un Centro e, soprattutto, di una “politica di centro”, guarda ormai altrove rispetto alle prospettive politiche e personali del partito di Calenda. Perchè l’unica certezza politica che emerge da queste continue capriole politiche è che Calenda e un Centro popolare e riformista sono culturalmente, politicamente e programmaticamente alternativi. Una realtà, quella a cui aspira a rappresentare Calenda, sicuramente importante ma del tutto minoritaria, e con tanti saluti al progetto di creare uno spazio politico realmente competitivo e politicamente capace di rappresentare un segmento sociale e culturale significativo della società italiana che non si riconosce più nell’attuale “bipolarismo selvaggio”.
In ultimo, e lo ricordiamo per chi lo avesse dimenticato cammin facendo, la cultura politica di Calenda era, è e resta radicalmente alternativa al popolarismo di ispirazione cristiana, alla tradizione del cattolicesimo democratico, popolare e sociale. Nulla di particolarmente riprovevole o negativo, come ovvio. Però, almeno per onestà intellettuale, è bene richiamare l’attenzione attorno ad un aspetto che era e resta decisivo, almeno per la storia democratica del nostro paese. E cioè, senza l’apporto, la presenza attiva e il contributo determinante della cultura e della tradizione cattolica popolare, democratica e sociale, difficilmente può decollare nella concreta esperienza politica italiana un progetto centrista, riformista e di governo.
Piaccia o non piaccia ai vari esponenti politici italiani che coltivano l’obiettivo di ridare voce, prospettiva e consistenza a questa prospettiva. Ecco perché – e lo dico senza alcuna polemica politica o pregiudizio ideologico – il nuovo, e l’ennesimo, progetto politico di Calenda è forse il più congeniale con il suo profilo e la sua stessa personalità. Ovvero, un partito con un profilo laicista, che individua nel Centro e nei centristi un avversario /nemico da cui scansarsi e con una prospettiva politica legata a doppio filo al mondo radicale.
Appunto, l’esatto opposto di una credibile “politica di centro” e, soprattutto, in vista della costruzione di un luogo politico centrista, democratico, riformista e competitivo a livello elettorale.