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L’impotenza dell’Onu di fronte all’incidente di Prigozhin. Il commento di Tricarico

L’analisi del generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, oggi presidente della Fondazione Icsa, sulle indagini condotte per l’incidente aereo che ha causato la morte del numero uno della Wagner Prigozhin, sulle quali neanche l’Onu ha grande margine di manovra

Pur conoscendo la risposta, ho voluto comunque verificare che non esista possibilità alcuna di monitorare o avere qualunque forma di controllo sul rispetto delle norme da parte della Russia nelle attività di investigazione sulle cause dell’incidente aereo che avrebbe causato la morte del capo della Wagner, Evgenij Prigozhin.

L’Icao, infatti, l’organismo delle Nazioni unite che sovrintende alle attività delle aviazioni mondiali, ha la stessa potestà nel pretendere il rispetto delle regole da lui emanate come l’Onu delle sue Risoluzioni, nessuna. Nessuna è quindi la speranza che quello che prescrive l’Annesso 13 dell’Icao, il capitolo che regolamenta le inchieste sugli incidenti di volo, venga rispettato da Putin.

L’unico adempimento perentorio è quello di far avere un rapporto preliminare sull’incidente entro un mese e un rapporto finale, se possibile, entro un anno. Tutto il lavoro investigativo a monte dei due rapporti può rimanere – e nel caso russo verosimilmente rimarrà –patrimonio conoscitivo esclusivo dell’agenzia russa dell’Aviazione civile. Ci dovremo quindi rassegnare a un’ulteriore dose di mistificazioni senza poter capire, anche questa volta, cosa è realmente accaduto a conclusione della tormentata parabola terrena di Prigozhin e del suo ruolo nel sistema di potere russo. Oltre alle conseguenze che il tutto comporterà in un teatro più collegato ai nostri interessi, quello africano. Peccato, perché sarebbe bastato il rispetto di solo una o due delle prescrizioni dell’Annesso 13 per venire a capo dell’accaduto.

In primis, l’analisi del relitto. Non ci si stancherà mai di ripetere che il “relitto parla”, e nel caso dell’impatto di un missile parla molto chiaro. Un occhio neanche troppo esperto sarebbe in grado di valutare, dopo un solo esame sommario, se il velivolo è stato colpito da un missile. E per i palati più raffinati, un esame più approfondito dei rottami significativi, sarebbe in grado di rivelare anche il tipo di missile impiegato.

Stesse opportunità ma con tempi più lunghi, se la causa dell’incidente dovesse essere stata una bomba a bordo. Proprio per questo, il primo intervento in caso di incidente di volo è quello di preservare i rottami e di sorvegliarli con perentorietà.

Un’altra fonte, anche questa probabilmente derimente, sarebbero le comunicazioni radio, telefoniche o dei dati. Sempre per escludere o confermare che ci sia stato un ordine di abbattimento del velivolo. Un ordine preceduto da coordinamenti tra enti della difesa ed enti di controllo del traffico aereo, o all’interno dell’organizzazione militare stessa che ha portato a compimento il crimine.

Purtroppo, come detto, è più che lecito dubitare che non ci sarà accesso né visibilità alcuna sulle indagini. Tra l’altro le norme prevedono che anche il Paese in cui il velivolo è stato progettato e quello in cui è stato costruito – il Brasile nel nostro caso – possa pretendere di avere un suo rappresentante nella commissione di inchiesta. Sarà rispettata questa norma? O se sarà rispettata, prevarrà lo spirito di Brics, il gruppo di cui la Russia fa parte e che nell’appena concluso quindicesimo meeting ha visto un ruolo molto attivo del presidente brasiliano Lula da Silva, non certo così ostile al suo amico Putin?
Staremo a vedere, preparandoci però a dover prendere atto, anche nella terza dimensione, della progressiva e inevitabile impotenza delle Nazioni unite a svolgere il loro ruolo di governance mondiale.


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