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Rifiuti, ruoli e competenze pubbliche. Insegnamenti estivi

La stagione estiva non è astronomicamente terminata, eppure qualche principio su ruoli e pubbliche competenze lo si può trarre alla luce di qualche indicazione giurisprudenziale e di pronunce delle autorità competenti. Da tenere presente quando verrà esaminato il Ddl Concorrenza a settembre

La stagione estiva non è ancora terminata, eppure è già ricca di principi e affermazioni interessanti in materia di gestione dei rifiuti. Quello dei rifiuti urbani (e non solo) è un tema sempre importante, la cui gestione “qualifica” in modo determinante la qualità o meno della vita di un certo consesso. Da qui l’attività di molti soggetti pubblici volta a migliorarne la gestione, ma con soluzioni non sempre aderenti al quadro normativo.

Ad esempio, secondo l’Antitrust le amministrazioni regionali non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto la gestione dei rifiuti che non rientrano nelle proprie finalità istituzionali. L’affermazione dell’Antitrust ha per oggetto gli atti amministrativi riguardanti l’acquisto da parte di un’Agenzia Territoriale regionale del 40% del capitale sociale di una S.p.A. da un’altra società regionale e l’affidamento alla prima delle attività di realizzazione e gestione di impianti per il trattamento della Forsu prodotta dai Comuni della regione. Lo possiamo leggere nella segnalazione pubblicata nel Bollettino dell’Antitrust del 21 agosto riguardante un caso che aveva già creato dibattito e discussioni.

Infatti, secondo l’Antitrust i fini istituzionali di una agenzia regionale o di una S.p.A. devono essere interpretati conformemente alla normativa statale e, in particolare, a quanto previsto dal D. lgs. n. 152/2006 (“Testo Unico dell’Ambiente”). E le Regioni, ai sensi dell’art. 196 del Tua, nel settore dei rifiuti hanno funzioni di pianificazione, organizzazione e controllo dell’attività (tra cui la predisposizione dei piani regionali di gestione dei rifiuti, la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali – Ato – per la gestione dei rifiuti urbani, la promozione della “gestione integrata” dei rifiuti, nonché l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti e al recupero degli stessi) ma non hanno competenze di gestione dei rifiuti che sono attribuite ai Comuni (art. 198). La Regione non ha dato ascolto alla segnalazione e l’Antitrust ha proposto ricorso. Al Tar l’ardua sentenza.

Oppure può accadere che una Regione puntualmente individui gli impianti di compostaggio e digestione anaerobica “minimi” e i relativi flussi applicando il principio di “prossimità”, con l’indicazione, per ciascun impianto, dei bacini di riferimento e delle tonnellate di rifiuto che ciascuno di questi bacini debbono destinare all’impianto. Ciò ha comportato che la società aggiudicataria dei precedenti appalti di servizio, non ha potuto essere individuata nuovamente come affidataria dello stesso servizio, in quanto non disponeva di impianti per il recupero e il riciclaggio dei rifiuti in questione sul territorio regionale (in applicazione del principio di “prossimità”).

Su questo il giudice amministrativo si è già pronunciato. Infatti, il Consiglio di Stato n. 07412/2023 (sentenza pubblicata il 31 luglio, ultimo giorno utile) “censura” tale comportamento. Secondo il giudice amministrativo bisogna leggere bene le norme. Più precisamente il recupero dei rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata (“al fine di favorire il più possibile il loro recupero”) è “(…) l’obiettivo principale posto dal legislatore”, mentre il privilegiare “il principio di prossimità agli impianti di recupero” risulta posto come un criterio preferenziale – un obiettivo ulteriore -, da incentivare “anche con strumenti economici”. Ma tale “obiettivo ulteriore” non può trasformare la libera circolazione sul territorio dei rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero, “sempre ammessa”, al fine di “favorire il più possibile il loro recupero”, da regola ad eccezione. In questo modo, secondo il C.di S. si determinerebbe il sovvertimento delle regole in materia di affidamento degli appalti.

Temi complessi che implicano molta attenzione e cautela. La gestione dei rifiuti è un’attività di pubblico interesse, ma ogni “riserva di attività”, per essere ammesso nel sistema, deve essere prevista da una esplicita norma di legge. Che fare allora? Provare ad applicare il principio, sapendo che non è facile.

Così scorrendo la consultazione Arera 214/2023/R/RIF del 16 maggio e, la successiva Delibera, la n. 387 del 3 agosto (…altra novità estiva, più precisamente Deliberazione 387/2023/R/Rif – “Obblighi di monitoraggio e di trasparenza sull’efficienza della raccolta differenziata e sugli impianti di trattamento dei rifiuti urbani”), alcuni aspetti vanno evidenziati e considerati.

Occorre dare una lettura “sistemica” al punto b) comma 1 art. 222 D. Lgs. 152/06, così come introdotto dal D. Lgs. n. 116/2020, laddove si prevedono le operazioni di “cernita” e “altre operazioni preliminari” in aggiunta alle classiche attività (raccolta, trasporto) tradizionalmente comprese nella ”gestione integrata del servizio rifiuti”. Sia il paragrafo “1” (Introduzione), sia il paragrafo “3” (Ottimizzazione) del documento di consultazione danno scontato che il perimetro della “tariffa” comprenda anche la cernita e le altre operazioni preliminari, ma non è affatto così.

L’esperienza dimostra che i soggetti sottoposto ai sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) provvedono alla copertura “efficace ed efficiente” del costo della cernita (nonché delle altre operazioni preliminari) senza che questo transiti per la “tariffa” (con relativa perdita di efficacia ed efficienza). Tra l’altro il comma 3 dell’art. 222 prevede che i servizi siano prestati secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nonché all’effettiva riciclabilità, aspetti che meritano un ulteriore approfondimento nel documento 214. Va considerato quanto previsto dall’art. 219 del Dlgs 152(2006, che prevede che l’attivita’ di gestione integrata dei rifiuti di imballaggio deve rispettare una serie di principi, tra cui quello di concorrenza e l’accesso alle infrastrutture di raccolta e selezione, in condizioni di parita’ tra loro.

Infine, in diverse occasioni l’Antitrust (cfr per tutti n. 25823 del 21/1/2016), ha affermato che il ricorso alla gestione integrata da parte degli Enti Locali va fatta solo qualora indispensabile. A questa affermazione l’Arera (altra Autorità) dovrà prestare particolare attenzione. Proprio Arera (con il documento di consultazione n. 214) cita, in diverse occasioni cita l’Antitrust.

Quell’Antistrust che ha osservato che la nozione di “gestione integrata del servizio” viene spesso utilizzata impropriamente, ampliando il novero delle attività lungo la filiera che vengono ricomprese nella privativa senza verificare l’effettiva sussistenza di un rischio di fallimento di mercato per tali attività. Si tratta, in particolare, della tendenza, già censurata in passato dall’Autorità (…), ad affidare insieme alle attività di raccolta, trasporto e avvio a smaltimento e recupero delle diverse frazioni della raccolta urbana, anche le attività di smaltimento, recupero e riciclo, tipicamente svolte in regime di mercato (….)”.

Ancora qualche settimana di estate astronomica.

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