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Siria, dov’è finito il grido degli intellettuali?

Il giornale olandese Nrc Handelsblad ha pubblicato un articolo che si interroga sul silenzio degli intellettuali europei sul possibile attacco americano in Siria. In Occidente, fino a pochi anni fa, i personaggi della cultura e del pensiero si mobilitavano a favore o contro gli interventi militari. Alimentavano un sano dibattito nell’opinione pubblica. Scuotevano le coscienze. Oggi sulla vicenda siriana sembra essere calato il silenzio.

L’editorialista Hubert Smeets ricorda che nel giugno del 2011, sette scrittori hanno sollecitato il Consiglio di sicurezza dell’Onu ad adottare una risoluzione sulla Libia. Nel testo si leggeva che “sarebbe tragico e moralmente inammissibile se questa risoluzione non fosse discussa o fosse semplicemente cestinata sotto la minaccia di un veto o di un voto contrario”. Tra i firmatari della missiva c’erano Umberto Eco, David Grossman, Bernard-Henri Lévy, Amos Oz, Orhan Pamuk, Salman Rushdie e Wole Soyinka.

L’appello per la Siria
A marzo del 2012, invece, una cinquantina di intellettuali ha redatto una relazione simile riguardante la Siria. Si chiedeva un consenso nella comunità internazionale per convincere Assad a fermare la violenza. Nella lista c’erano sempre Umberto Eco, Jürgen Habermas, Richard von Weizsäcker e David Grossman, insieme ad altri.

Da quel momento impera il silenzio. Solo il francesi si sono fatti sentire, facendo della situazione siriana un tema di dibattito continuo. Come aveva fatto nel 2011, il filosofo Bernard-Henri Lévy ha scritto e discusso sulla Siria con gli ex ministri degli Esteri André Glucksmann e Bernard Kouchner sulle pagine di Le Monde.

La loro posizione è a favore dell’intervento. “Basta con le scuse. Basta con la vigliaccheria. Il futuro democratico della Siria ci impone di reagire con decisione”, hanno sostenuto. Jean-Marie Le Pen ha invece criticato il dibattito, dicendo che Bernard-Henri Lévy, André Glucksmann e Bernard Kouchner vogliono fare la guerra “dalle poltrone dei bistrot parigini”.

Negli Stati Uniti il dibattito cerca spazio. “È il caos. Dobbiamo procedere con cautela. La comunità internazionale ha la grandissima responsabilità di evitare che dopo la caduta di Assad accada il peggio”, ha avvertito lo storico Michael Ignatieff che si è detto a favore di un intervento due settimane fa sulla Boston Review.

In Italia, invece, l’unico appello sulla Siria è stato promosso da Stefano Rodotà, Cecilia Strada, Maurizio Landini e altri undici nomi. La petizione è diffusa da Change.org e sostiene che “il popolo siriano è vittima quotidiana delle peggiori atrocità in una guerra civile che – secondo le Nazioni Unite – ha già fatto centomila morti e milioni di sfollati. La situazione in Siria è drammatica, ma un intervento militare non servirà a pacificare il Paese”.

“Quel popolo ha bisogno della comunità internazionale, ma non dall’alto di un bombardiere: ha bisogno che sia la diplomazia, in tutte le sue facce, a farsi avanti, a costruire un tavolo di proposte con dei mediatori davvero credibili… L’Italia si metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si chiami fuori da questa guerra, chiunque decida di farla”, conclude la petizione.

A firmare l’appello che sarà indirizzato alla presidenza del Consiglio ci sono Fiorella Mannoia, Carlo Freccero, Maso Notarianni, Marcello Guerra, Christian Elia, Alessandro Gilioli, Alessandro Robecchi, Massimo Torelli, Guido Viale e Frankie Hi-nrg Mc. Ma dov’è finito Umberto Eco?



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