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Outlook 2012, rischi e speranze

Il tasso di crescita dell’economia mondiale rimane relativamente soddisfacente, grazie alla spinta dei mercati emergenti e alle sorprese positive del ciclo Usa. Ma questo non compensa la situazione di recessione nella quale è già entrata l’area euro, alla quale tutto il mondo sta guardando per comprendere se vi sarà una risoluzione delle grosse tensioni fiscali attraverso una maggiore integrazione fiscale tra le varie economie, o se, al contrario, si verificherà lo scenario worst case di una disordinata fine della moneta unica. Negli ultimi tempi le aspettattive dei vari operatori sono relativamente migliorate e si è ampliato il fronte di quanti si aspettano che si andrà verso lo scenario di integrazione, che sia pure favorevole dal punto di vista degli shock finanziari, legato con tutta probabilità ad una stagnazione di tipo “giapponese” dell’area euro.
 
Equilibri Ue
Anche se i mercati tendono a scommettere su tale scenario virtuoso, vi è tuttora grande incertezza sul timing e sul percorso con cui si arriverà eventualmente ad un intervento risolutivo quale l’acquisto illimitato di titoli sul mercato secondario da parte della Bce, l’erogazione di prestiti da parte dell’Fmi e l’emissione di eurobond con collettivizzazione a livello europeo della politica fiscale.
Per il momento sono stati impiantati, con il vertice europeo di dicembre, solo meccanismi sanzionatori per i Paesi che non rispettano i limiti su deficit/Pil.
Si tratta semplicemente di una condizione necessaria per rendere credibili tali interventi, accoppiati, in alcuni Paesi periferici, come l’Italia e la Spagna, a misure volte a favorire, nel medio termine, la crescita del reddito potenziale con una deregolamentazione dei mercati dei prodotti e del lavoro. In particolare, non è dato sapere se la risoluzione della crisi sarà relativamente graduale o se sarà necessario un trigger più o meno drammatico, quale ad esempio l’insolvenza di qualche Paese sovrano o il fallimento/salvataggio di qualche importante istituto di credito. Nel qual caso potrebbe non esserci sufficiente tempo per attivare la necessaria risposta. Dal punto di vista del timing, la maggior parte degli operatori si aspetta che la risoluzione del problema non avverrà entro i primi mesi di questo nuovo anno.
 
Inflazione
Nonostante le relative pressioni dal lato dell’offerta su alcune commodities, che impattano sull’inflazione, specie nelle maggiori economie emergenti, l’outlook dell’inflazione è verso un calmieramento dei prezzi, accompagnato però da un maggiore rischio che si verifichi una situazione deflazionistica, specie nell’area euro.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove la politica monetaria e fiscale sono più accomodanti, molti operatori si attendono una recrudescenza dell’inflazione nel medio termine, anche per “cancellare” l’eccesso di debito, ma questo dovrebbe andare oltre l’orizzonte immediato del 2012. Al contrario, il passaggio da un regime tendenzialmente deflazionistico ad uno inflazionistico sarà più lento per l’area euro, dato il bias deflazionistico della moneta unica, in questo simile ad un regime di gold standard rispetto a quella di Paesi con cambi flessibili e con il controllo a livello domestico dell’offerta di moneta. Più tardi questo accadrà, maggiore sarà l’accumulo di un potenziale di sopravvalutazione da parte dell’euro.
 
Come già nel corso del 2011, il rischio di credito nell’area euro sarà il principale problema per tutte le asset class, anche fuori dell’Europa. Tale rischio di credito avrà in realtà una componente politica importante, legata non solo all’esito delle negoziazioni tra i vari Stati europei, ma anche alle modalità relative di risoluzione delle situazioni di rischio di distress tra il settore bancario, di competenza della Bce, e quello sovrano, che gode di fondi di stabilizzazione, quale Efs, di dimensione molto più contenuta. Peraltro, le banche europee, i cui spread Cds sono ormai ai livelli prossimi alla crisi del 2008, soffrono attualmente proprio a causa delle notevoli esposizioni a investimenti in titoli sovrani e quindi i due problemi sono intrecciati.
La ricerca di attività e strategie poco correlate con il rischio di credito e con rendimenti attesi, comunque bassi in uno scenario “new normal”, è una delle tendenze fondamentali dell’attuale fase di mercato; la recente esperienza della crisi del 2007-‘09 può essere una guida in tale ricerca.
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