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Ciò che serve all’Europa

A due giorni dal Consiglio Europeo, aumenta la consapevolezza che questa volta si dovrà trovare una risposta chiara ai tanti dubbi sul futuro dell’Europa e della sua moneta. L’unica soluzione per ridurre la crescente instabilità economico-finanziaria dell’Eurozona e cercare di ridare sostenibilità alla gestione delle finanze pubbliche europee è una prospettiva di obiettivi di breve, medio e lungo termine che impegnino tutte le istituzioni europee e nazionali senza i tanti distinguo che hanno indebolito la credibilità e l’efficacia delle decisioni delle precedenti incontri a livello europeo, dei Capi di Stato e di Governo.
 
All’Unione Europea servirebbe quindi un piano di iniziative che sia il più condiviso possibile e comprenda:
– un’azione europea per la crescita;
– una politica monetaria più concentrata sul sostegno all’economia;
– una riforma del sistema bancario europeo con l’istituzione di un’Unione Bancaria Europea;
– un piano di gestione controllata dei debiti sovrani;
– una maggiore coesione dell’unione Europea nell’esercizio delle sue funzioni estere sia di tipo economico sia di tipo politico.
 
Nello specifico non si può più rimandare un “Piano Crescita”, fatto di una serie di iniziative fattibili già nel breve periodo per stimolare l’economia europea e tamponare l’aumento continuo della disoccupazione.
Purtroppo le stime di crescita del Pil per il 2012 non fanno ben sperare per molti paesi europei. Le più recenti descrivono un quadro di una crescita negativa per Italia, Irlanda, Spagna, Grecia, Olanda, Portogallo e vicina allo zero anche per Francia e Regno Unito.
L’UE dovrebbe promuovere una strategia di sviluppo sostenibile fondata su una rapida riduzione della differenze di competitività che esistono fra molti Paesi europei e la Germania. Da un’analisi approfondita dell’evoluzione del Costo di Unità di Lavoro per Unità di Prodotto dal 1999 al 2012 emerge chiaramente un andamento divergente delle politiche dei redditi nei paesi dell’Unione Europea.
 
In 13 anni il costo del lavoro in Germania è aumentato del 10%, mentre nei c.d. GIPSI (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia) l’aumento è stato molto più alto. L’Italia ha avuto un incremento in 13 anni del 40% circa. Questa evoluzione incontrollata del costo del lavoro ha limitato la competitività dei beni italiani e continua a erodere il nostro potenziale di crescita nel lungo periodo. In merito alla strategia per la crescita, un ottimo punto di partenza per decidere le politiche da adottare, potrebbe essere la recente comunicazione della Commissione Europea “Action for Stability, Growth and Jobs” del 30 maggio 2012.
Nello specifico è prioritario un potenziamento del mercato intero nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni e del digitale. Il “Piano Crescita” non dovrebbe prescindere da un’azione più coraggiosa di sostegno dei project bonds e di aumento del capitale della BEI, che è già tra le banche di investimento più importanti al mondo ma non ha possibilità di intervenire con strumenti rapidi e efficaci nell’economia reale.
 
Un argomento di attualità e che merita la massima attenzione da parte del Consiglio Europeo è la c.d. Unione bancaria europea. La crisi dei debiti sovrani infatti, sta mettendo a rischio non solo le finanze pubbliche, ma anche quelle private, prospettando uno sviluppo inatteso della crisi, che richiede una urgente azione di prevenzione e di “messa in sicurezza” dei depositi e dei risparmi privati.
Non è da escludere che il contagio da un paese all’altro possa avere effetti anche sulla solidità dei gruppi bancari europei, come maggiori possessori di titoli di debito pubblico degli Stati membri. Le dovute precauzioni contro questo rischio, non possono limitarsi ai fondi di sostegno agli Stati membri in caso di bilanci pubblici fuori controllo, come avviene nel caso dell’EFSF e dell’ESM(che sarà in vigore dal 1° luglio).
Le misure di garanzie del risparmio privato dovranno integrare la normativa europea di adozione di Basilea3.
Da questo punto di vista, la Commissione Europea ha proposto una bozza di revisione delle precedenti regole sul rischio bancario con il c.d. CRD IV che da attuazione a Basilea3, ma secondo alcuni esperti economisti, servirebbero dei firewall più efficaci, come quelli che un’Unione Bancaria potrebbe assicurare stabilendo un unico schema di garanzia dei depositi, un fondo di risoluzione e un organo di supervisione indipendente e centralizzato.
 
Tra i punti dell’agenda del Consiglio Europeo, dovrebbe trovare posto anche lo European Redemption Fund. Lo ERF è stato proposto a Febbraio dal German Council of Economic Experts (GCEE) come programma di riduzione entro 20-25 anni dell’eccedenza dei debiti sovrani rispetto al livello richiesto dal Patto di Stabilità e Crescita, considerando una divisione del debito degli Stati partecipanti in due parti(la prima corrispondente al 60% in rapporto al PIL, da mantenere sotto la gestione dei singoli Stati, e una seconda parte, quella eccedente il 60%, dovrebbe essere trasferita nello European Redemption Fund sotto la garanzia degli Stati dell’Unione Economica e Monetaria). Se oggi ci fosse una gestione comune del debito, l’UE potrebbe vantare nel mondo una performance economica ben più virtuosa degli USA, del Regno Unito e del Giappone e questo avrebbe delle grandi conseguenze in termini di fiducia dei mercati finanziari e di peso geopolitico dell’Unione Europea in tutti i livelli di governance mondiale(dal G20 alla gestione del FMI).
 
Da più parti in Europa, si levano gli appelli e le parole animate dall’ambizione e dal coraggio di europeisti convinti, in un’azione di pressing sul Consiglio Europeo che spero prenderà delle decisioni chiare e riesca a offrire quel senso di prospettiva di cui abbiamo bisogno, oltre i singoli interessi esclusivamente nazionali e a favore di un rilancio dell’Unione Europea, come l’unico livello politico-istituzionale che può ridare fiducia e forza alla vecchio continente.
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