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Torniamo a studiare per combattere l’ignoranza. Scrive Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

Da dove proviene lo slogan “Dio, Patria, Famiglia” rilanciato da meloni in Ungheria e perché il nemico di questa epoca è l’ignoranza. L’intervento di Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari/Italia Popolare

Molto clamore per nulla di fronte al rilancio dello slogan “Dio, Patria, Famiglia” di Giorgia Meloni in Ungheria? Forse sì se si uscisse dalla logica propagandistica della contrapposizione, forse no se si ragionasse in generale come cattolici, in particolare come popolari e democratici cristiani. Al netto di ragionamenti geopolitici (cioè perché andare a Budapest e sentire la necessità di fare un certo tipo di discorso indubbiamente delicato per un’esponente della destra missina in evoluzione conservatrice che subisce, in Italia, su questo terreno, la concorrenza leghista ormai definitivamente modificata in senso nazionalista rispetto all’epoca bossiana), occorre reinquadrare la questione sottraendola alla mera critica del progressismo transumanista, che, di fatto, diventa uno straordinario alleato dell’appropriazione a destra di quelle parole in un gioco delle parti che poi paradossalmente li vede entrambi convergere su un acritico occidentalismo ideologico (potremmo dire in senso moroteo l’alleanza andrebbe vissuta in piedi, altrimenti in ginocchio diventa sudditanza) che è ben lontano dalla difesa della vera sovranità italiana ed europea che si centra non sui semplici confini ottocenteschi o sulla riduzione della fede ad intrumentum regni ma su una identità, una cristianità, da molti data per morta intendendola solamente in senso “trionfale” e non radicale nel significato di radice profonda dei popoli europei, che se retrocede non lascia spazio al nulla ma ad un nuovo paganesimo (una sorta di indietro tutta verso la Rupe Tarpea).

Occorre innanzitutto fare memoria di chi ha coniato la triade di parole che ha suscitato tanto dibattito – un’occasione ghiotta per ciò che residua dei sessantottini legati al “cattolicesimo democratico” perché estremamente clericalizzati nel senso di potere pur sotto la spada di Damocle del tempo che scorre inesorabile –, ossia Giuseppe Mazzini, significativo riferimento nel tempo di socialisti e azionisti e la sua opera “Dei doveri dell’uomo”, che sarebbe interessante da riprendere in parte in quest’epoca di “diritto dell’uomismo” per usare una definizione coniata da Chantal Delsol, per capire che “colla teoria dei diritti possiamo insorgere e rovesciare gli ostacoli; ma non fondare forte e durevole l’armonia di tutti gli elementi che compongono la Nazione”: la mente va alla stagione dei diritti delineata da Aldo Moro.

Certo se chi cita la triade sapesse esattamente a cosa fa riferimento chissà cosa penserebbe, perché, al di là del ripescaggio di essa fatto in epoca fascista, transitorio e meramente retorico/propagandistico anche per lo scontro tra regime e Chiesa che difese il suo spazio educativo, fucina dei successivi protagonisti della democrazia italiana, essa contiene un problema con il cristianesimo, con quei principi che dal Codice di Camaldoli, ad esempio, cristianamente ispirati, rivolti alla comunità cristiana, transitarono nella Costituzione italiana: addirittura Carlo Marx arrivò a definire il teista Mazzini “il nuovo Maometto”. Perché? L’idea religiosa mazziniana, certamente critica verso il cattolicesimo, che molti studiosi hanno approfondito, ricondotta in alcune parti dei suoi scritti al principio di Giustizia, arriva ad affermare proprio nell’opera citata la sovrapposizione religione/politica che è ad un certo punto chiara quando dice ai lettori di fare attenzione a chi le distingue perché “non amano Dio”, aggiungendo, per capire:
“Nulla è di Cesare, se non in quanto è conforme alla legge divina. Cesare, ossia il potere temporale, il governo civile non è che il mandatario, l’esecutore, quanto le sue forze e i tempi concedono, del disegno di Dio: dove tradisce il mandato è vostro, non diremo diritto, ma dovere, mutarlo”.

Non appare chiaro che siamo lontani dagli stessi principi della Dottrina Sociale della Chiesa (anche volessimo ragionare di tempi trapassati perché non troveremmo gli stati-nazione e quindi nessun sovranismo nazionalista, dovrebbero ad esempio rileggersi Dante, col problema di meditarlo) in questo che assume la fisionomia di un cortocircuito e certamente l’indizio che la migliore tradizione politica cattolica come non può essere asservita a sinistra non ha possibilità di essere assorbita a destra? Queste parole, però, hanno un senso e i cattolici hanno la colpa di averle abbandonate a chi le sfrutta o a chi le dileggia e limitarsi a dire che l’enunciato della triade è meramente una bestemmia è solo politica politicante di chi interpreta il ruolo nella commedia così efficacemente riassunta da Chesterton: “Il mondo moderno si è diviso in conservatori e progressisti. L’occupazione dei progressisti consiste nel continuare a fare errori. Quella dei conservatori nel prevenire che gli errori vengano corretti”.

Uscire dalla commedia e mettersi all’opposizione dello stato delle cose è fondamentale per ricostruire e conseguentemente ritrovare amicizia tra cattolici, non più in balia di deteriori e deteriorate polarizzazioni, grazie ad un pensiero estraneo alle fratture e ai tatticismi geografici come il Popolarismo che non può non ascoltare la direzione indicata da papa Francesco che parte dal riconoscere che “l’educazione ci impegna a non usare mai il nome di Dio per giustificare la violenza e l’odio verso le altre tradizioni religiose, a condannare ogni forma di fanatismo e di fondamentalismo e a difendere il diritto di ciascuno a scegliere e agire secondo la propria coscienza”.

Su Dio basterebbe riprendere gli interventi di Giorgio La Pira, a partire da quelli dove ne chiese l’inserimento in Costituzione, sulla Patria i cattolici dovrebbero rileggersi chi ad esempio ne parlò molto come Alcide De Gasperi, senza timori ingenerati dai socialcomunisti, sulla Famiglia sarebbe interessante riandare alla discussione guidata dai democristiani, come Aldo Moro, all’Assemblea Costituente: insomma, forse la mala bestia da superare oggi è l’ignoranza.



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