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Corriere della Sera, la contesa Gabanelli-Tremonti sui derivati

Derivati sì, derivati no. La potenza di questi strumenti finanziari, generalmente connotati da alti tassi d’interesse e quindi da rischi proporzionati, ha attratto privati e non solo. L’esito è stato catastrofico per esempio con i contratti Alexandria e Santorini stipulati da Mps. Ma a farne ricorso sono state, e lo sono anche amministrazioni pubbliche, centrali e non. Il tema torna a far discutere sul Corriere della Sera la giornalista Milena Gabanelli e l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, accusato dalla giornalista sul Corriere della Sera di ieri di aver favorito e favorire oggi il ricorso alla speculazione da parte della Pa e delle imprese.

L’ingresso nell’eurozona dell’Italia grazie ai derivati

I rischi della sottoscrizione di derivati da parte dell’Italia sono balzati sulle prime pagine a giugno, quando il Financial Times ha parlato delle perdite miliardarie, 8, in cui potrebbe incorrere l’Italia. Ma nessuno scandalo. “Che fossimo riusciti ad entrare nell’euro anche grazie a queste operazioni è cosa nota – ha spiegato a Formiche.net Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia (dal 2001 al 2006) e presidente della commissione Finanze e Tesoro del Senato -. L’Europa lo sa. Senza l’uso di questi strumenti non saremmo mai riusciti a raggiungere un deficit del 2,7% nel 1998, l’anno cruciale per l’approvazione del suo ingresso nell’euro”, ha proseguito.

Rischi e tentazioni

Certo, ha commentato Baldassarri, “si sta spalmando il debito sui prossimi anni, ma queste operazioni si fanno in tutto il mondo, e l’Italia non spicca per il loro utilizzo. E’ normale che il Paese con il terzo debito al mondo sia tentato di approfittarne per tenerlo sotto controllo, aumentando un rischio che con il tempo, comunque, può rivelarsi negativo o positivo”.

La proposta di Tremonti e le accuse di Gabanelli

Ma la nuova proposta del senatore Giulio Tremonti per la regolamentazione del ricorso ai derivati, con il divieto di registrare ex ante gli effetti di questi contratti, secondo Gabanelli permetterebbe alle società di nascondere le loro scommesse fino a quando l’investimento nella bomba derivati non dovesse esplodere. “Senza tanti clamori – ha sottolineato sul Corriere della Sera di ieri – il 15 luglio scorso ha presentato il seguente disegno di legge che andrà in discussione con la riapertura dei lavori parlamentari: ‘Onorevoli senatori, i contratti cosiddetti derivati sono tra i principali fattori di lievitazione della massa finanziaria globale. E, per questa ragione, sono tra i principali originatori della crisi finanziaria globale ancora in atto’. Ma non fu proprio un decreto di Tremonti nel 2003 ad autorizzare gli enti locali a procurarsi risorse stipulando questi contratti senza misure di controllo? Da allora via libera a banche, prevalentemente estere, che hanno allettato funzionari pubblici che nella migliore delle ipotesi non capivano cosa stavano firmando, e in cambio di un po’ di cassa (speriamo solo per l’ente) hanno strangolato per i secoli a venire Comuni, Province e Regioni. la proposta di legge dell’ex ministro Tremonti”.

Divieto di registrazione ex ante e perdite nella nota integrativa

La proposta di legge di Tremonti – prosegue Gabanelli – è costituita da un solo articolo, ma sufficiente per occultare tutta la finanza scomoda dai bilanci delle imprese: a) obbligo per le società dell’iscrizione dei contratti derivati nella nota integrativa; b) divieto per le società dell’iscrizione ‘ex ante’ degli effetti degli stessi contratti; c) obbligo per le società dell’iscrizione solo ‘ex post’ degli effetti degli stessi contratti. “In altre parole: se con un prodotto si rischia di perdere 1.000, la cosa rileva per il bilancio solo quando ci sarà stato realmente un esborso di 1.000. Alla faccia della contabilità-base che prevede appositi accantonamenti proprio perché se c’è un rischio il bilancio deve tenerne conto appena quel rischio viene assunto. Alla faccia dello IAS39, lo standard internazionale di contabilità degli strumenti finanziari, adottato dall’Unione europea nel 2004. Quindi non misurare i rischi, non prevenirli, ed esporre il nostro asset migliore, cioè il risparmio, all’assedio delle banche estere. Le imprese italiane soffrono il credit crunch? Consentiamogli di affidarsi ignare alla finanza speculativa o di fare derivati a go-go”, ha concluso Gabanelli.

La replica di Tremonti

E sulle pagine del Corriere è arrivata oggi la replica dell’ex ministro dell’Economia, che evidenzia invece di essersi sempre opposto alla speculazione finanziaria tramite derivati. “All’opposto di quanto scritto da Gabanelli, sono stato io, come ministro, prima a disciplinare i derivati degli enti locali (art.41, Legge finanziaria n. 448/2001) e poi a vietarli (art.3 Legge finanziaria n. 203/2008)”.

Come vanificare l’interesse per la finanza derivata

Secondo Tremonti la contabilizzazione dei derivati solo alla scadenza evita di sfruttare questi strumenti in modo distorto, registrando profitti su cui invece non si ha nessuna certezza, e che, anzi, potrebbero rivelarsi buchi clamorosi. “Diversamente da quanto scrive Gabanelli – prosegue Tremonti – gli effetti delle due proposte non sono ‘pro’, ma all’opposto ‘contro’ la speculazione finanziaria. In specie, l’obbligo di contabilizzare i risultati dei derivati solo alla scadenza blocca in radice la convenienza al loro uso distorto e/o tossico, così i derivati non potendo più essere usati come strumento per la fittizia ed anticipata creazione di ‘valore’ (sic)! È così che si vanifica all’origine l’interesse a fare finanza derivata e/o deviata. A mio parere la norma funziona a 360 gradi: se non c’è la prospettiva di profitto da una parte, non c’è infatti neppure rischio di perdita dall’altra. Ferme in ogni caso e non derogate le generali regole di prudenza contabile. Se Gabanelli mi convince tecnicamente, posso comunque emendare la mia proposta, prevedendo che le perdite non solo si segnalano nella ‘Nota integrativa’, ma anche si contabilizzano in bilancio. Ma solo le perdite, non i profitti, questi assolutamente no!”, ha concluso Tremonti.


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