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Parola d’ordine: sostenibilità spaziale. L’analisi del gen. Lucio Bianchi

Di Lucio Bianchi

L’aumento delle attività spaziali renderà necessario, sul lungo periodo, l’elaborazione di regole sulla sostenibilità in orbita e lo sviluppo di sistemi avanzati di individuazione e rimozione dei detriti spaziali. Il generale Lucio Bianchi analizza lo studio Space sustainability di Globaldata dove vengono ribaditi i rischi e le opportunità della crescita del settore

Lo spazio soffre un sistema normativo vago e generalista, figlio dei tempi in cui è stato elaborato. Oggi, il boom della Space economy offre spunti di riflessione sull’importanza di elaborare politiche spaziali coerenti e al passo con le innovazioni dell’industria.

La sostenibilità spaziale nasce dal problema della “tragedia dei beni comuni” e perseguirla è ora una necessità più che una scelta. Lo studio esordisce così e, dopo aver analizzato in termini quantitativi e qualitativi la situazione, descrive quelli che a parere degli studiosi sono gli ostacoli più importanti alla implementazione di un reale sforzo per mitigare gli effetti dell’uso indiscriminato delle risorse spaziali.

La crescita della Space economy

GlobalData prevede che il valore dell’economia spaziale raggiungerà i 1.000 miliardi di dollari entro il 2040. Oltre al valore economico connesso al lancio di satelliti e alla Space economy collegata al funzionamento della società civile sulla Terra, l’economia spaziale riceverà rilevante spinta dalle attività nello spazio cislunare, dall’estrazione mineraria spaziale e dall’ulteriore esplorazione del sistema solare.

Queste stime sono associate alla considerazione che, nonostante i costi l’esistenza di fattori che limitano l’ingresso di nuovi attori nel settore, inter alia, i associati al lancio, al funzionamento e la gestione dei veicoli spaziali e al rischio delle attività spaziali, lo spazio diventerà più accessibile. Ciò consentirà ad attività industriali, come l’estrazione di risorse naturali sugli asteroidi, di raccogliere ritorni economici straordinari. Elementi come oro, cobalto, platino, palladio, tungsteno e ferro, se recuperati da un asteroide, potrebbero essere trasportati per essere riutilizzati sulla Terra o, meglio, lavorati e utilizzati direttamente nello spazio; ciò rimodellerebbe radicalmente il ritmo e la portata dell’attività nello spazio, poiché supererebbe la necessità di lanciare costantemente oggetti fuori dalla gravità terrestre, costo più grande nell’economia spaziale e importante fattore limitante della progettazione di veicoli spaziali.

Lo studio Globaldata riporta la stima di Asterank un database che misura i valori stimati delle risorse per gli asteroidi tracciati dalla Nasa secondo cui i dieci asteroidi più vicini alla Terra (Near-earth asteroids, Nea) potrebbero generare un profitto nell’economia odierna di circa 1,5 trilioni di dollari: cifre da capogiro.

I due maggiori ostacoli alla sostenibilità 

Queste prospettive sono a rischio se non si sviluppa una industria della sostenibilità; per fare ciò occorre affrontare quelli che lo studio indica come i due maggiori ostacoli per lo sviluppo dei segmenti dell’industria che opereranno nell’ambito della pratica della sostenibilità spaziale: la commercializzazione di servizi dedicati – come la rimozione attiva dei detriti (Adr) – e un contesto normativo vago e incoerente.

Per la prima categoria, lo scenario è in fase di sviluppo. È improbabile che operatori o istituzioni stipulino contratti per servizi Adr a meno che le loro risorse in orbita non siano sotto una minaccia diretta; peraltro la complessità dell’Adr può significare che i costi generali saranno elevati per un lungo periodo e la pratica delle manutenzioni e riparazioni in orbita saranno limitate anche dalla progettazione dei satelliti esistenti. Infatti, quasi tutti gli oggetti attualmente in orbita non sono stati progettati pensando alla manutenzione di mezza vita, per cui la fornitura di tali servizi sarà inizialmente molto complessa e costosa, se non addirittura impraticabile per la maggior parte dei casi.
In relazione al contesto normativo, la stragrande maggioranza del coordinamento internazionale in materia di sostenibilità nello spazio è al momento incentrato su linee guida e standard, facoltativi, con poche leggi vincolanti che possano dissuadere i gruppi dall’inquinare e danneggiare l’ambiente spaziale; ma forse questo è l’unico approccio al momento fattibile.

Attuali leader del settore 

Lo studio raccoglie informazioni per prevedere come si svilupperà il tema della sostenibilità spaziale e chi saranno i probabili leader. Lo scenario è stato elaborato utilizzando circa 145 milioni di segnali generati dal motore tematico di Globaldata, il quale raccoglie dati su fusioni e acquisizioni, accordi di finanziamento di rischio, brevetti, forza lavoro e menzioni sui social media. Mentre il settore spaziale nel suo insieme copre attività molto ampie, alcune aziende indicate dallo studio stanno facendo passi da gigante in pratiche sostenibili come l’Adr, la produzione additiva, i veicoli di lancio riutilizzabili e altri servizi in orbita. Non vengono indicate società italiane nella lista contenuta nel documento, ma noi sappiamo che l’Italia sta facendo la sua parte, anche in questo settore.

Verso uno spazio sostenibile

Lo studio termina con una categorizzazione, a mio parere assolutamente condivisibile, degli indirizzi di sforzo per promuovere e garantire la sostenibilità spaziale del futuro. I due principali sono lo sviluppo di veicoli di lancio riutilizzabili e le operazioni a terra (vitali per avviare, controllare e tracciare assetti operanti al mantenimento dell’ambiente spaziale). Due ulteriori sforzi, conseguenti ai primi, che vengono indicati sono la produzione e manutenzione in orbita e le operazioni di rimozione attiva dei detriti.
Concentrandoci sulle operazioni a terra, settore chiave abilitante e in cui l’Italia ha già ora un ruolo di player internazionale, va detto che il supporto alle attività nello spazio dalla Terra dipendono in gran parte da due operazioni intrecciate: l’utilizzo di apparecchiature di osservazione dello spazio per eseguire il compito vitale di tracciare e registrare oggetti in movimento in orbita – satelliti attivi, veicoli spaziali in transito o detriti – e “stazioni di terra come servizio” o Gsaas. I leader nel Gsaas includono anche colossi tecnologici come Microsoft e Amazon, che hanno sfruttato la loro presenza sul mercato esistente, ma anche Telespazio, la joint venture tra Leonardo (maggioranza) e Thales che, facendo leva sulla propria esperienza maturata anche nel settore della difesa, ha una forte presenza in questo segmento.
Nella “sustainability value chain”, Globaldata posiziona Telespazio quale unico major player mondiale presente sia nell’ambito del segmento apparecchiature rilevamento/tracciamento che in quello del Gsaas conferendo a questa azienda l’importante ruolo di Champion nella gestione e supporto alle attività di sostenibilità spaziale.

In sintesi, attività che possono essere inquadrate nella pratica della sostenibilità spaziale assumono un ruolo fondamentale per garantire che le promesse della Space economy possano essere tutte realizzate. Lo studio ci aiuta anche a comprendere la necessità e l’urgenza che, a fronte di una presenza industriale nazionale sulla carta potenzialmente rilevante e abilitante, l’Italia debba poter espletare tutti gli sforzi possibili per elaborare una legge spaziale nazionale moderna ed adeguata, una visione di indirizzi tecnologici illuminata e una politica spaziale, possibilmente ad approccio duale, coordinata e integrata.

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