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Budget della Difesa, cosa succede in Europa? L’analisi di Braghini

Di Fabrizio Braghini

L’intensificarsi di nuovi conflitti e tensioni geopolitiche ha richiesto ai Paesi di usare un nuovo approccio nel settore della difesa. Anche l’ultimo Documento programmatico pluriennale delinea un aumento degli investimenti anche per l’Italia. Il trend è lo stesso anche per altri Paesi europei che però sono in anticipo rispetto al nostro Paese, avendo già iniziato a potenziare i propri budget come Francia, Uk e Germania. L’analisi di Fabrizio Braghini, analista di politiche europee e di Difesa

Con la pubblicazione da parte del Governo della relazione annuale al Parlamento, nel Documento programmatico pluriennale 2023 – 2025 viene fornita una dettagliata e aggiornata analisi circa dottrina e postura della Difesa nazionale e informazioni e previsioni sulle “risorse ricomprese nel ministero della Difesa e di quelle iscritte in altri dicasteri impiegate per lo sviluppo di programmi di interesse del ministero Difesa” in un arco sessennale. Il Dpp fa riferimento alla legge di bilancio 2023, in attesa delle decisioni del Parlamento e delle prossime leggi finanziarie circa l’approvazione degli stanziamenti previsionali.
Viene confermato l’impegno del Governo a promuovere e sostenere il settore della Difesa, inquadrato in una visione di lungo termine, e in linea con gli impegni assunti in sede Nato partecipando insieme con gli altri Paesi europei al trend di incremento degli investimenti per la difesa. Al riguardo, considerando in unico blocco i Paesi Ue, Regno Unito, Norvegia e Turchia, si evidenziano maggiori investimenti per gli equipaggiamenti di circa 28 miliardi di euro tra il 2022 e il 2023, raggiungendo il livello di cento miliardi.

Ragioni, necessità e accelerazioni comuni. L’impegno nazionale
Le nuove e crescenti tensioni che caratterizzano l’attuale quadro securitario hanno e stanno comportando l’esigenza da parte dei Paesi di adeguare le capacità di deterrenza per fronteggiare le minacce. La tendenza all’incremento degli investimenti per la difesa si era già avviata anche in Europa, dove il calo strutturale delle spese o sottocapitalizzazione in molti anni ha creato un divario capacitivo con le conseguenti debolezze e vulnerabilità nazionali. Ma l’accelerazione degli eventi conflittuali ad alta intensità e di tensioni geopolitiche con un cambio di paradigma per la sicurezza europea ha fatto emergere l’urgenza di colmare le carenze comuni, compensandole con nuovi investimenti. Oggi l’aumento in corso e prospettico degli investimenti per la difesa è consolidato e diffuso nella maggior parte dei Paesi Nato, più ampio negli Usa, in Cina e Russia.
Anche in Italia negli anni recenti si è registrata una più sentita consapevolezza sul ruolo e l’importanza della sicurezza, con l’assegnazione da parte del Parlamento di risorse per la difesa in progressivo incremento.
Il nuovo Documento di programmatico pluriennale evidenzia una progressione degli investimenti del ministero della Difesa e del ministero delle Imprese e Made in Italy, integrati dai fondi del ministero dell’Economia e finanze, che è stata avviata nel 2021.
Oggi gli investimenti si situano a un livello di tutto rispetto intorno an otto miliardi, con previsioni incrementali che saranno oggetto di dibattito nelle prossime leggi di bilancio.
Si denotano altresì, rispetto al precedente Dpp 2022 – 2024, previsioni più consistenti per il prossimo triennio. Questo aspetto programmatico è rilevante in particolare oggi con l’avvio o prossimo avvio di importanti collaborazioni europee e internazionali che caratterizzeranno la domanda e l’offerta del comparto difesa nei prossimi decenni. L’Italia potrà così essere in grado di tutelare e rafforzare i propri presidi tecnologici, e svolgere un ruolo e rango credibili come partner sostenuto dal Governo e da risorse finanziarie adeguate, certe e stabili nel lungo periodo.
Merita anche notare il riferimento circa gli aspetti tecnico-finanziari in relazione all’andamento delle disponibilità finanziarie. Negli ultimi anni l’andamento ha registrato variazioni in parte dovute a rifinanziamenti, effetti delle precedenti leggi di bilancio, adeguamenti contabili e riprogrammazioni, che mostrano la complessità dell’attuale quadro normativo aggiornato con nuove misure nel corso degli anni.
Per l’esercizio, c’è una certa progressione partendo da un livello inferiore rispetto alla media Nato, rimanendo peraltro insufficiente per sopperire alle necessità operative.

Un quadro incerto per tutti
Tuttavia, le previsioni dei Paesi europei, inclusa l’Italia, non potevano considerare il succedersi di emergenze e di fattori critici emersi, quali gli effetti dell’impennata dell’inflazione e l’urgenza di accelerare le acquisizioni di equipaggiamenti per adeguare le capacità di deterrenza e mantenere sufficienti riserve. A complicare l’equazione e l’incertezza, che peraltro sono comuni nella Ue, si aggiungono la necessità di trovare un equilibro tra sostenibilità delle risorse pubbliche, vincoli di bilancio europei, le emergenze nell’energia, transizione ecologica, sicurezza degli approvvigionamenti, immigrazione, competizione economica e tecnologica tra Usa, Cina e Ue.
È quindi necessario che la politica nazionale di sicurezza e difesa sia confermata tra le priorità del Governo e del Parlamento, possa usufruire di risorse adeguate in termini reali proseguendo la tendenza incrementale già avviata, consenta di partecipare alla crescita delle spese difesa verso l’obiettivo Nato del 2% del Pil.

Le spese in altri Paesi europei
Oggi l’impegno confermato dal Governo per gli investimenti nella difesa ha consentito di raggiungere una dimensione di tutto rispetto, mentre in alcuni Paesi della Nato ambizioni, minacce, capacità finanziarie e fiscali sono su livelli più elevati, anche per la vicinanza con il confine orientale della Nato e la percezione della minaccia russa. Alcuni esempi in Europa possono dare l’idea dell’impegno all’aumento delle capacità di difesa, dove le esigenze capacitive e tecnologiche sono comparabili e condivise tra i Paesi Nato.

Le spese di Londra, fuori dai vincoli Ue
Nel Regno Unito, potenza nucleare svincolata dai legami europei, la spesa per la difesa si caratterizza per un andamento non costante con variazioni annue, cambiamenti di programmi, fondi supplementari, discesa percentuale del Pil, che rimane in ogni caso superiore alla media. Per il 2022-2023 il MoD Annual report and accounts di marzo 2023 riporta nel corrente anno un budget difesa di 52,8 miliardi di sterline in crescita annua nominale di sei miliardi. Gli investimenti ammontano a 18,3 miliardi, ripartiti 8,5 per procurement, 7,7 supporto e 2,2 in ricerca e sviluppo. È il risultato della Spending review 2020 che ha stanziato 16,5 miliardi addizionali nel periodo 2020-2024. Più recentemente il Primo ministro ha annunciato un aggiornamento dell’Integrated review del 2021 prevedendo un “ramp up a fronte delle sfide in un mondo crescentemente volatile e complicato”. Con il 2023 l’Integrated review refresh e lo Spring budget hanno confermato cinque miliardi addizionali per il prossimo biennio, e ulteriori due all’anno nel quinquennio, per un totale di undici miliardi.

Le ambizioni di Parigi
La Francia, potenza nucleare con velleità di leadership europea, è dotata del più ampio e strutturato dispositivo finanziario e industriale per la difesa nel Vecchio continente. Le disponibilità delle Leggi pluriennali militari (Lpm) sono fortemente incrementate, passando da 295 a 413 miliardi di euro nel quinquennio 2024-2030, giustificate dalla “diversificazione dei rischi e delle minacce in un’era di rinnovata competizione tra potenze”. Significativo è l’impegno per gli investimenti nucleari e convenzionali (da 172 a 268 miliardi), che nel 2023 si situa tra 23 e 27 miliardi. Molto elevata la spesa in ricerca e sviluppo con sei miliardi di cui uno per l’innovazione. Il Governo, nel cui ambito il Presidente ha poteri decisionali di ultima istanza, ha sempre rispettato la traiettoria di aumento della spesa per la difesa. Oggi il rischio di una procedura di infrazione per deficit eccessivo non intacca la decisa volontà del Governo a sostenere la difesa. Vale sempre il richiamo a De Gaulle “la défense est la première raison d’être de l’Etat”. La priorità data alla Difesa, quale strumento di una dinamica politica estera perseguita da tutti i Governi, è figlia di una cultura e di un pensiero strategico e sofisticato che è unico in Europa.

Il cambio di rotta di Berlino
In Germania, dopo anni di disinvestimenti nella difesa dove la stessa è sottorappresentata rispetto alla forza economica del Paese, con conseguenti criticità e inefficienze nel dispositivo di difesa nazionale, a sorpresa Scholz nel febbraio 2022, tre giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, ha annunciato un cambio radicale di passo per la postura e il modello economico del Paese, la Zeitenwelde. L’approccio di “sicurezza integrata” include una riforma complessiva dell’economia tra Ucraina, diversificazione energetica, stop al gas russo, dove la difesa ha il profilo maggiore. È previsto un Sondervermogen, un fondo speciale debito fino a cento miliardi per nuovi equipaggiamenti della Bundeswehr. Si passa dall’inerzia alla trasformazione, che non appare ancora come il frutto di una cultura strategica bensì di una riflessione su come utilizzare i fondi disponibili. Il Fondo contribuisce al bilancio difesa con 8,5 miliardi (2023), 19,2 con una forte crescita di sistemi non europei (2024) e terminerà nel 2026, conseguendo il target del 2% del Pil; nel 2027, anno elettorale, si porrà la questione del suo mantenimento. Nel complesso, il budget difesa sale da 28 miliardi nel 2023 a 71 nel 2024; il procurement 2022-2024 rispettivamente 9,8 – 16 – 22 miliardi, il supporto 4,6 – 4,9 – 6,4 miliardi. E il Paese è in recessione.



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