Per troppo tempo si è pensato che l’attività “sul campo” appartenesse a un vecchio modo di fare intelligence ma, in realtà, senza humint non si va da nessuna parte. Anche nel settore economico-finanziario. L’intervento di Paolo Costantini, generale di brigata in congedo della Guardia di Finanza, già funzionario dei servizi di intelligence
Lo spirito innovatore che ispira le azioni di ogni governo nazionale talvolta interessa anche il settore dell’intelligence. Ce lo rivela l’informazione, la cronaca e mai come in questo periodo l’argomento è di estremo interesse, proprio perché se ne parla con spirito riformatrice. Ho già affrontato questo tema con l’unico scopo di fornire un contributo di pensiero e, nel solco già tracciato, intendo proseguire.
Il tema, per affinità professionale, è quello dell’economia e del servizio che l’intelligence può fornire al comparto più importante e sensibile, in una ottica di stabilità politica e sociale. Infatti, ogni azione dell’intelligence ha un unico obiettivo: la sicurezza e la stabilità politica e sociale.
Generalmente, declineremo le “specialità” di settore alle tematiche o alle minacce a questi fondamentali valori democratici; ecco pertanto il contro spionaggio, il contro terrorismo, la contro proliferazione, la contro ingerenza… contro, ossia contrasto ad azioni di intelligence che pongano minacce ai valori sopra indicati.
Esiste poi la contro intelligence allorquando la minaccia dipende da azioni di “intelligence” attuate da terzi soggetti, Paesi nostri competitori, organizzazioni terze con scopi aggressivi o destabilizzanti verso gli interessi del nostro Paese, agenzie di intelligence.
Veniamo quindi al tema che ci riguarda, ovvero l’intelligence economica e la contro intelligence economica. Avrò modo di approfondire maggiormente il tema in un prossimo seminario che verrà organizzato dalla Fondazione Germani, proprio sul tema della “contro intelligence”, mentre in questa sede, per esigenze di sintesi, mi asterrò da approfondimenti poco utili alla comprensione del fenomeno.
Parliamo quindi di “Contro intelligence economica e finanziaria” quando ci dobbiamo difendere da azioni di intelligence organizzate e gestite da “terzi” nel settore economico e finanziario. Ora circoscriviamo subito il perimetro del nostro operato individuando e definendo le “azioni “di intelligence economica e finanziaria, ovvero azioni aggressive e destabilizzanti rivolte verso il nostro Paese e la sua economia, verso target specifici di interesse nazionale o che per l’economia della nazione rivestono un ruolo centrale.
Quali sono le azioni di intelligence economica che possiamo “subire” e per cui dobbiamo organizzare e gestire la dovuta contro intelligence?
È questo il tema forse più ostile di questo settore, perché spesso sono azioni che non sono connotate da profili di criminosità (ricordo sempre che i reati, in quanto tali, sono competenza delle forze di polizia e della magistratura inquirente).
A titolo narrativo, ricordo a tale proposito un libro, si intitolava “Il quattordicesimo zero” abilmente scritto da Enzo Russo nel 1990, in cui veniva descritta una “originale” – per l’epoca – minaccia all’economia dello Stato: l’acquisizione di gran parte del debito pubblico italiano (Bot e Cct) da parte di una “forza” ostile (nel caso del libro era la mafia), ma che potrebbe essere stata anche una entità assolutamente “legale” come uno Stato antagonista al nostro o con mire espansionistiche verso il nostro Paese. Questo è uno, ipotetico ma concreto, degli esempi di minaccia di intelligence economica: il rastrellamento del debito pubblico da parte di soggetti a noi ostili.
Il profilo della minaccia (acquisizioni ostili) sopra indicata si ripropone anche su entità meno rilevanti ma significative, come le aziende strategiche (sulle quali, come già scritto, occorrerebbe fare una ampia e approfondita riflessione circa la loro “individuazione”, aggiornamento e censimento, in quanto oggi questa definizione di “azienda strategica” appartiene a un ristretto e inspiegabilmente limitato gruppo di imprese), il cui controllo potrebbe passare di mano e non garantire determinati vantaggi competitivi al nostro Paese, bensì ad altre entità che ne acquisirebbero il controllo.. mi direte, oggi c’è la Golden Power. certo, ma la Golden Power interviene quando l’operazione si è manifestata, ed è quindi palese l’azione (probabilmente di competitive intelligence) subita e la conseguente “forzatura” (sgradita ai mercati, perché lede la libertà di investimento in un Paese) per rimettere le cose nel giusto ordine, ovvero secondo gli interessi nazionali.
La Contro intelligence, in un caso del genere, previene l’operazione e consente un controllo preventivo sulla prosecuzione delle “trattative” o degli accordi che poi genereranno l’intervento necessario della Golden Power. Su questo argomento siamo stati troppe volte passivi spettatori (una su tutte, la conquista di Edison da parte di Edf).
Ancor più articolata è l’attività di contro intelligence allorquando bisogna tenere d’occhio il mercato finanziario e la borsa, con le società ivi quotate, possibili prede di offerte pubbliche di acquisto (Opa), che spesso si manifestano in modalità tali che diviene fondamentale per le agenzie di intelligence saper operare con le adeguate tecniche di contro intelligence. Su questo fronte dovranno essere definitivamente superate certe barriere ideologiche che vogliono lo Stato “coinvolto” solo nella protezione di imprese di chiaro interesse nazionale o ex nazionalizzate. Il sistema Paese è molto più complesso e variegato.
Potrei continuare con elencazioni di casistiche operative, ma non è questa la sede; basti solo citare alcuni esempi per definire l’area di intervento.
Ma è importante iniziare a distinguere cosa sia l’attività di contro intelligence economica e finanziaria rispetto alla generica definizione di intelligence eco-fin. Perché sicuramente è alla prima cui si fa riferimento quando si affronta tale argomento, ovvero una posizione di tutela da minacce o attacchi ai nostri assets economici e finanziari.
Questa distinzione non è di poco conto, perché presuppone profonde conoscenze di contro intelligence in generale e, in particolare, nel settore economico e finanziario. Naturale conseguenza di carattere operativo per la contro intelligence economica e finanziaria è l’attività di analisi previsionale sulle fonti – diversamente acquisite o acquisibili – che deve essere necessariamente svolta da un gruppo di esperti analisti economici e finanziari che obbligatoriamente studino gli orientamenti, le previsioni, le aree di crescita e decrescita economica, i territori esposti, i settori cruciali e quelli in disarmo, i Paese (e le agenzie) più aggressive, il tutto supportato e sostenuto da una specifica azione tecnica di humint che, perlomeno e fino a quando non si costituirà una vera e propria “Accademia di intelligence”, non potrà che essere svolta da chi fa questo mestiere da molto tempo, ovvero personale tratto dalle fila della Guardia di Finanza.
Poi, magari, un giorno, quando si saranno formati giovani e brillanti agenti eco-fin in house, si potrà dire che non necessariamente questo settore deve essere appannaggio degli appartenenti alla Guardia di Finanza.
Ma fino a quel momento, che non pare imminente, il personale della Guardia di Finanza in ambito intelligence e contro intelligence economica e finanziaria non dovrebbe essere messo in discussione. Intanto impariamo a difendere (bene) i nostri interessi economici e finanziari; poi, magari, impareremo anche a essere bravi in operazioni offensive, a sostegno del sistema Paese, come fanno da anni i francesi (e i risultati sono sotto gli occhi di tutti). Per troppo tempo si è pensato che l’attività “sul campo” appartenesse a un vecchio modo di fare intelligence ma, in realtà, senza humint non si va da nessuna parte, perché non c’è sistema che possa sostituirsi alle capacità umane, specie in termini di attività di contro – intelligence.