La tanto attesa svolta europeista del potenziale governo presieduto da Donald Tusk basterà a colmare il divario che separa Berlino da Varsavia? Che ne sarà della richiesta di riparazioni di guerra, delle istanze sovraniste in chiave anti-Ue, del Trimarium e della Polonia ipermilitarizzata sognata dal potere diarchico Kaczyński-Morawiecki? Intervista a Basil Kerski, direttore dell’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica, e caporedattore della rivista polacco-tedesca Dialog
Di solito, quando si tenta di approfondire e collocare storicamente la genesi dei rapporti bilaterali tra Varsavia e Berlino, storici e politologi tendono a far coincidere e a limitare i suddetti rapporti politico-diplomatici alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Eppure gli interessi che hanno definito, disintegrato e ricomposto le relazioni tra la Germania efficientista e la sentimentale Varsavia, hanno origine remota. Attraverso lo studio di questo “confronto-scontro” è possibile comprendere i tratti identitari delle due Polonie suggellati dal voto del 15 ottobre.
Con Basil Kerski, direttore dell’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica, nonché caporedattore della rivista polacco-tedesca Dialog, abbiamo ripercorso le tappe che hanno logorato l’interlocuzione tra i due Paesi, e i punti di ripartenza che potrebbero facilitare un riavvicinamento, soprattutto grazie alla leadership di Donald Tusk.
Quando avviene la vera rottura tra i Paesi? Era già accaduto qualcosa prima del 1939…
È vero, la Germania adottò una linea antagonistica nei confronti della Polonia ben prima del 1939. La moderna nazione tedesca, rinata nel 1871, sotto le gloriose aspirazioni del secondo Reich, dopo la vittoria della guerra franco-prussiana, costruì la sua identità sulla negazione dell’idea di sovranità della nazione polacca. La sconfitta del Reich tedesco durante la prima guerra mondiale e il crollo degli imperi russo e austriaco, rappresentavano nel 1918 una possibilità per la Polonia di riconquistare l’indipendenza perduta. È doveroso sottolineare che la stragrande maggioranza dell’élite teutonica era favorevole al ritorno di uno stato polacco sulla mappa del Vecchio continente, mentre una tendenza revisionistica prevaleva nella società tedesca. Adolf Hitler salì al potere sfruttando quest’ultimo orientamento. Lo scopo principale della politica di Hitler era stravolgere i confini dell’Europa, accelerare il processo di espansione territoriale. Non si trattava solo di un programma di sterminio di milioni di ebrei polacchi durante la Shoah. Il suo obiettivo si traduceva nella messa in atto di un sistema coloniale sul suolo polacco, distruggendo le risorse culturali e l’élite nazionale.
E la distruzione dello Stato polacco avvenne nel 1939, mediante l’alleanza con la Russia bolscevica basata sul protocollo aggiuntivo del patto Molotov-Ribbentrop. In Polonia, il ricordo di questo terrore è profondo e sedimentato nella memoria comune. La fine della guerra, nel 1945, non portò all’indipendenza della Polonia, la quale riacquisterà la propria libertà solo nel 1989, grazie alla rivoluzione pacifica di Solidarnosc, sorta in Polonia nell’agosto del 1980. E bisogna tenere a mente che la Polonia non partecipò agli accordi per la definizione di un nuovo ordine internazionale.
Cosa spera di ottenere Varsavia pretendendo da Berlino 1.320 miliardi di euro in riparazioni di guerra? Si tratta di uno spot elettorale o cos’altro?
Formalmente, la Polonia comunista rinunciò alle riparazioni nel 1953, sotto pressione della Russia stalinista che mirava al rafforzamento della DDR in terra tedesca. Solidarnosc non ha solo posto le basi per una democratizzazione dello Stato polacco, ma ha contribuito a galvanizzare i dissidenti affinché organizzassero le forme della rivoluzione contro la classe dirigente della Deutsche Demokratische Republik, spianando la strada verso l’unificazione tedesca. Ancora una volta, si riproponeva la questione della costruzione di un equilibrio di pace in Europa. Finalmente, la Germania unita accettò i confini del dopoguerra, con la Polonia sull’Oder e il fiume Neiße. Nel 1990, con il Trattato 4+2 (sullo stato finale della Germania), che includeva i quattro alleati e due stati tedeschi, furono definite le condizioni internazionali dell’unificazione tedesca. La Polonia ha accettato questo metodo, perché era un modo per evitare il complicato processo di una conferenza di pace internazionale. Infatti, al fine di far uscire le truppe sovietiche dalla Germania dell’Est e dalla Polonia il più rapidamente possibile, Varsavia scelse di non sollevare la questione delle riparazioni di guerra. Tuttavia, sono stati avviati dei colloqui con il governo tedesco in merito al sostegno finanziario destinato alle vittime dei crimini nazisti.
Non solo, Berlino ha sostenuto la Polonia nel suo percorso verso l’ingresso nell’Unione europea, ma ha anche mostrato la sua volontà di fornire sostegno materiale e umanitario alle vittime del Terzo Reich. Alla fine degli anni ’90, l’interlocuzione polacco-tedesca raggiunge una mediazione. Trattasi dei miliardi, in termini di risarcimento, versati ai cittadini polacchi costretti ai lavoratori forzati. Perciò quando affrontiamo questo argomento, è necessario distinguere due metodi di approccio: il primo puramente populista, che mette in discussione i rapporti bilaterali tra Berlino e Varsavia a trecentosessanta gradi, così come la buona volontà dei tedeschi sull’adempimento delle richieste di riparazione. Il secondo, invece, sottolinea il reciproco interesse ad affrontare insieme la storia, il confronto con i crimini tedeschi del passato. Diciamo che da un punto di vista giuridico la richiesta di risarcimento non è realistica. Ma come molti connazionali, anche i politici tedeschi concordano sul fatto che valga la pena quantomeno parlare di risarcimento, soprattutto da una prospettiva storica, della deliberata distruzione della cultura polacca, e infine dello sterminio di massa dei polacchi.
La Polonia ha sempre sofferto intimamente (tranne durante il governo Tusk) della presenza ingombrante dei suoi vicini tedeschi nell’Ue. Nonostante l’interscambio fruttuoso e solido, si scontrano due interpretazioni contrapposte della presenza in Europa. Un conflitto ideologico, forse troppo, che condiziona la cooperazione di Polonia e Germania nella Nato e nell’Unione europea. Quali scenari prevede e quale l’oggetto della contesa?
Sostanzialmente, le richieste populistiche di risarcimento minano la stagione democratica del 1989, in cui vennero ridefinite le relazioni con la Germania e con gli altri vicini. La retorica propagandistica del PiS, incentrata sulla delegittimazione dei traguardi raggiunti dai protagonisti degli accordi della Tavola Rotonda, depotenzia anche gli sforzi compiuti per un pacifico cambio di regime e per l’instaurazione di un dialogo tra il nuovo governo democratico e gli Stati limitrofi. Il PiS ritiene che politici come Tadeusz Mazowiecki, Krzysztof Skubiszewski, Lech Wałęsa e Bronisław Geremek, i pionieri della politica di buon vicinato, non sono stati molto coerenti nel perseguire l’interesse nazionale. Tale narrazione è volta a invigorire un’idea di Paese strutturata secondo i canoni e le rivendicazioni della dottrina dell’ex partito di governo. Quindi la richiesta di riparazioni è soprattutto una controffensiva sovranista applicata a discapito degli oppositori politici in Polonia. Inoltre, designare come bersaglio lo Stato tedesco, altro non è che un tentativo di colpire l’Unione Europea, l’Occidente.
È più facile colpire i vicini (dato che la loro politica nei confronti della Polonia è stata senza dubbio ostile nel corso della storia) piuttosto che l’Unione Europea e il concetto di integrazione europea, molto popolare in Polonia. Le ultime elezioni hanno dimostrato che una tale interpretazione della storia, delle relazioni polacco-tedesche, è stata respinta dalla maggioranza. I polacchi attendono con ansia una distensione diplomatica con gli Stati membri e il rafforzamento dell’Ue. Soprattutto in questo momento, in cui assistiamo al rigurgito imperialista da parte di Mosca– e sullo sfondo anche della Cina- e la consequenziale minaccia all’ordine postbellico in Europa, che mina a indebolire tutte le strutture di integrazione democratica dell’Occidente.
Come la guerra russo-ucraina ha ridisegnato gli interessi nazionali di Berlino e Varsavia, le loro alleanze strategiche e le posizioni in campo euro-atlantico? Tenendo conto che la Polonia è attualmente l’attore dell’Europa orientale più importante per la Nato.
Anche qui, dobbiamo partire da un dato storico, o meglio dalla proprietà transitiva in campo geopolitico. Quindi, vale la pena sottolineare che l’unificazione tedesca non sarebbe stata possibile senza la rivoluzione di Solidarnosc. E impossibile sarebbe stata la completa sovranità della Polonia senza l’unificazione tedesca e il ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania. Nel 1989, per la prima volta nella storia, le due nazioni hanno sostituito una politica negativa con un’alleanza.
Il risultato? Due Stati democratici alleati militari nella Nato e alleati politici nell’Unione Europea.
La rivoluzione del 1989 continuò all’interno dell’Unione Sovietica. L’attivismo dei movimenti per la libertà, per la democrazia, per i diritti umani, condusse al crollo dell’impero sovietico nel 1991, e un nuovo ordine fu stabilito in tutto il continente europeo. L’Ucraina ha seguito la strada della democratizzazione, spostandosi verso l’Occidente, gli Stati baltici divennero membri della Nato e dell’Unione Europea. La società bielorussa prese ad avviarsi verso l’Occidente. Ma questo processo è stato soppresso nel sangue dal dittatore Alexander Lukashenko, attraverso il forte sostegno da parte del Cremlino. La Russia antidemocratica e imperiale nega apertamente il nuovo ordine europeo, soprattutto quello democratico. Del resto, dopo il crollo dell’impero sovietico, l’Orso non è stato in grado di adattarsi agli standard democratici. La chiave per appagare la smania imperialistica di Putin è la presa di Kyiv. Le due invasioni (2014-2022) rappresentano una prova evidente. Oggi, Germania e Polonia, insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Stati baltici, hanno offerto il maggiore aiuto materiale, militare e politico all’Ucraina. Questa solidarietà ricongiunge politicamente Varsavia a Berlino. In più, dopo le recenti elezioni e il rafforzamento del sistema democratico in Polonia, l’alleanza europea e quella atlantica saranno più forti.
Perché il Trimarium preoccupa Berlino?
Ancora una volta, ci troviamo di fronte a due versioni differenti. Due modi di intendere e di sviluppare il progetto del Trimarium. Il primo spiccatamente anti-Bruxelles, funzionale alla creazione di una forza politica nell’Europa centrale, composta da affinità euroscettiche, che prendono le distanze dai partner occidentali, in particolare dall’asse franco-tedesco. Un totale fallimento, perché oggi questa parte dell’Europa è divisa tra democrazie illiberali, Victor Orban in Ungheria o il governo nazionalista della Slovacchia, e democrazie recentemente rafforzate come quella polacca. Ma l’idea del Trimarium porta con sé anche alcune prospettive molto interessanti. Dopo la caduta della cortina di ferro, le vecchie nazioni dell’Europa centrale tornarono ad essere Stati dotati di sovranità. L’attuale guerra russo-ucraina ha focalizzato l’attenzione militare ed economica sulle regioni in prossimità del Mar Nero e del Mar Baltico, ed è nell’interesse dell’Unione europea rafforzare le infrastrutture e i collegamenti economici nell’Europa centrale, in particolare tra questi mari.
Il Trimarium, oltre a costituire una condizione peculiare e una grande opportunità per l’integrazione dell’Ucraina, rappresenta, o meglio dovrebbe rappresentare, un progetto comune, non uno strumento contro Francia, Italia e Germania. In Europa, tutti dovrebbero interessarsi al rafforzamento di questa zona del continente, soprattutto in vista del coinvolgimento economico dei regimi autoritari di Russia e Cina nei Balcani occidentali, così come nell’Adriatico e Mediterraneo.
Il partito di Jarosław Kaczyński avalla la tesi di un’interferenza tedesca nell’ultima tornata elettorale. I sovranisti mentono o vi è un fondo di verità nel loro j’accuse?
È un errore affermare che l’Unione europea sia intervenuta direttamente nella campagna elettorale polacca. Questa è una distorsione della verità e della realtà. Nel 2004, la Polonia ha aderito alla Comunità europea non solo a livello economico, ma anche sul piano giuridico e politico, definito nel 2007 con la firma del Trattati di Lisbona. Le Istituzioni comunitarie – il Parlamento europeo, i tribunali europei (con la partecipazione attiva dei polacchi) costituiscono la natura politica, democratica e legislativa della cooperazione tra gli Stati membri. Quando si è concretizzato il tentativo di minare lo stato di diritto in Polonia, l’Unione europea ha deciso di trattenere molti miliardi di euro per la ripresa della Polonia dalla devastazione della pandemia.
La magistratura polacca ha mantenuto la sua indipendenza coinvolgendo le corti europee nella difesa dello stato di diritto. I cittadini comprendono bene che la forza e la sovranità della Polonia dipendono dalla solidità dell’alleanza con la Nato e con l’Ue. Questa consapevolezza si è riflessa nelle ultime elezioni, in cui l’elettorato ha optato per il modello sopracitato, scartando la proposta nazionalista.
Quali conseguenze produrrà il responso elettorale sulle relazioni polacco-tedesche? Tutto è da riscostruire. E non è solo la parte polacca a dover ridefinire le proprie relazioni. Certo, il nuovo esecutivo lo farà, dopotutto uno dei leader della nuova maggioranza è un importante attore politico nelle relazioni polacco-tedesche: Donald Tusk. Oggi, Polonia e Repubblica Ceca (parliamo di 48 milioni di cittadini europei) sono i principali partner commerciali della Germania, surclassando la Cina e gli Stati Uniti. La prosperità tedesca è profondamente connessa con l’Europa centrale. Purtroppo però, la rilevanza economica, e quindi politica, della Polonia non viene correttamente percepita dall’opinione pubblica. Berlino dovrebbe investire sull’implementazione della conoscenza relativa alla regione centro-orientale dell’Europa, concentrandosi in particolare sulla Polonia. Spero che il fallimento delle relazioni russo-tedesche, sugellate dal gasdotto Nord Stream, spingerà la Germania a centralizzare attenzione, sforzi e investimenti sui partner europei. Ciò implica una diversa riflessione storica, ma anche l’introduzione di un rapporto diverso con la Polonia che possa modificare il pensiero dominante e l’immaginario comune della società tedesca.