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Phisikk du role – A scuola di politica. Con Tolkien e Collodi

L’iniziativa del “network pentastellato” rivolto ai giovani, a modo suo è una nuova svolta, non a caso tenuta a battesimo da Grillo e dal suo labirinto di paradossi e provocazioni. Siamo curiosi di sapere chi ci metterà nel suo pantheon valoriale Conte, il nuovo leader. Chissà se, in mancanza di riferimenti autoctoni, il M5S seguirà la stessa scia fantasy di Meloni… La rubrica di Pino Pisicchio

A pensarci bene ogni giorno ciascuno di noi compie un atto di fede basato sulla presunzione di competenza: entriamo in un autobus e coltiviamo la speranza che l’autista sia sobrio, non si sia fumato qualche canna e non abbia fatto lite di prima mattina col partner; ci affidiamo nelle mani del dentista recitando come un mantra rivolto a noi stessi che si tratta di  un professionista bravissimo e che non ci fa sentire dolore; se dobbiamo far fare a qualcuno che ne capisce i conti per il pagamento delle nostre tasse, cerchiamo il commercialista di esperienza, uno bravo con una sua casistica conclamata. Così per il panettiere, il ristoratore, il farmacista, il calzolaio, l’avvocato eccetera eccetera. Abbiamo fiducia negli altri fino a prova contraria, anche quando ne può andare della nostra stessa vita (si pensi al viaggio in aereo…) e la prova contraria evidentemente nel caso malaugurato non la potremmo testimoniare (facciamo scongiuri!). Eppure c’è un’attività umana che pare non mettere nel conto nessuna particolare competenza. Si chiama “politica”. A ben vedere si  tratterebbe della dimensione più importante del nostro essere “animali sociali”: è la gestione del nostro destino individuale e collettivo, del nostro quotidiano e del nostro futuro. Un politico incompetente al potere può creare sconquassi almeno altrettanto gravi di un politico corrotto.

La politica, allora, non può avere una “presunzione di competenza” ma deve potersi misurare con l’esercizio concreto del governo della cosa pubblica. Una volta l’Italia si distingueva per una specialissima attitudine dei partiti politici: preparavano i loro militanti e mettevano una cura in più per i loro dirigenti. I grandi partiti di massa, come la Dc e il Pci, avevano le loro “università della politica”: veri e propri corsi di laurea simili a quelli che si tenevano negli atenei, ma ideologicamente orientati per quanto riguarda i contenuti programmatici e l’orizzonte valoriale. Era una esperienza originale che non aveva esempi analoghi in Europa, dove le leadership politiche venivano formate nelle grandi école francesi o nelle rinomate università inglesi. Finiti i partiti nei primi anni ’90 sono finite anche le scuole e la classe politica non ha più potuto attengere a strumenti di formazione come la Camiluccia e le Frattocchie, le mitiche scuole della Dc e del Pci. Come si forma allora la classe politica italiana? Boh! E come si crea la specifica competenza di chi è chiamato a ricoprire incarichi di rappresentanza pubblica? Non si sa. O meglio: si vede spesso l’effetto di inquietanti incompetenze al potere.

Per mettere una pezza a questo buco nero dell’assenza di scuole, i nuovi brand politici (una volta si chiamavano partiti, ma erano un’altra cosa) si stanno organizzando con summer school, seminari e week end di formazione. Da ultimo anche il Movimento 5 Stelle, che pure aveva esibito come feticcio, nella sua fase ascendente, la bandiera dell'”uno vale uno” con la postura grillina, un pò dada, un pò situazionista, che quasi sottintendeva lo sberleffo dell’incompetenza al potere. Nelle varie metamorfosi che il Movimento ha avuto con la gestione  di Conte, dopo la fase di coabitazione governativa con Salvini la liason con il Pd sempre, però, con il freno a mano tirato, questa che guarda alla formazione dei suoi dirigenti è una novità. Si tratta di un movimento che poggia il suo consenso su un flusso d’opinione antagonista e trova il suo terreno ideale nelle competizioni politiche, perché solo  in quel contesto riescono ad avere l’evidenza più forte i suoi temi attraverso le leadership nazionali, mentre sul territorio funziona meno. L’iniziativa del “network pentastellato” rivolto ai giovani, a modo suo è una nuova svolta, non a caso tenuta a battesimo da Grillo e dal suo labirinto di paradossi e provocazioni.

Siamo curiosi di sapere chi ci metterà nel suo pantheon valoriale Conte, il nuovo leader. Chissà se, in mancanza di riferimenti autoctoni, il M5S seguirà la stessa scia fantasy di Meloni, che non nasconde la sua predilezione per Tolkien, lo scrittore della saga del Signore degli anelli, ed Ende, il padre di Atreju. Suggeriremmo un autore italiano, per esempio Collodi. Pinocchio, il gatto e la volpe. Parafrasando Marcuse, avremmo tanta bella fantasy al potere…



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