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Due pillole di economia circolare per gli esperti del settore. Scrive Medugno

La risposta del ministero dell’Ambiente a un interpello di Confindustria offre dei suggerimenti su cosa si intenda per End of Waste e cosa significhi davvero fare economia circolare. L’intervento di Massimo Medugno

L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale.

Esso consente di inoltrare al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a regioni, province autonome di Trento e Bolzano, province, città metropolitane, comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.

La consultazione del sito del Mase dedicato agli interpelli è diventata, ormai, un’attività quasi quotidiana per gli esperti di normativa ambientale. Così è di particolare interesse leggere la risposta del 17 novembre del ministero ad un interpello del 14 giugno scorso di Confindustria, che riguarda i rifiuti in Lista Verde e la nozione di EoW in relazione all’autorizzazione all’uso degli stessi negli impianti industriali.

Iniziamo dai rifiuti in Lista Verde.

Si tratta dall’art. 216, 8 septies del DLgs n. 152/2006 introdotto nel 2014, quindi quasi 10 anni fa. Essa ha un incipit assai interessante: “Al fine di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione”, molto attuale, ma quasi in anticipo rispetto ai tempi in cui viene adottata dal legislatore nazionale.

Infatti tenendo ben presente questo “fine”, la norma, poi, prevede che “i rifiuti individuati nella lista verde di cui al regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, possono essere utilizzati negli impianti industriali autorizzati ai sensi della disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale di cui agli articoli 29-sexies e seguenti del presente decreto, nel rispetto del relativo BAT References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’autorità ambientale competente. In tal caso i rifiuti saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione.”

La risposta del Mase ricorda che tale disposizione consente agli impianti autorizzati in AIA di integrare nel processo produttivo i rifiuti inclusi nella Lista Verde, ma non disciplinati nella predetta autorizzazione, prescrivendo il solo rispetto delle norme sul trasporto dei rifiuti e la compilazione del formulario identificativo. Conclude, quindi, che in considerazione di ciò non è applicabile la disciplina sull’EoW in quanto non ve ne sono semplicemente i presupposti.

Una norma, quella dell’art. 216, comma 8 septies che snellisce l’utilizzazione dei Rifiuti in Lista Verde e, cioè di quelli recuperabili, “al fine di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione”. Una norma, quindi, da utilizzare quando possibile.

Ma la risposta all’interpello a Confindustria contiene “qualcos’altro” di grande interesse.

Cioè la chiara affermazione che l’End of Waste è un prodotto intermedio, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, ma non è il riciclo che è quello con il quale si produce il bene finale.

Si ricorderà che l’EoW è un rifiuto che cessa di essere tale (a seguito di uno specifico iter amministrativo disciplinato da legge o atto amministrativo, su Formiche.net se ne è parlato diverse volte) per diventare una materia da utilizzare nei diversi processi.

Secondo il Mase “Ai fini del calcolo, è quindi esplicitamente differenziato il processo di End of Waste, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, dal processo produttivo volto alla produzione del bene; ne discende che la sostanza o l’oggetto che ha cessato di essere rifiuto va inteso quale prodotto intermedio rispetto ad un successivo ritrattamento finalizzato ad ottenere un prodotto finale.”

D’altro canto, a commento dell’affermazione ministeriale, deve essere ricordato l’art. 205 bis del Dlgs n. 156(206 (TU Ambiente) che prevede che, il peso dei rifiuti urbani riciclati sia calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto (che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità), siano immessi nell’operazione di riciclaggio con la quale sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze.

L’art. 205 bis fa riferimento alla Decisione n. 2019/1004 della Commissione, che all’articolo 1 essa ben chiarisce (il testo inglese è particolarmente chiaro), la netta distinzione concettuale tra materiali sottoposti a “preliminary treatment operation” e materiali “reprocessedin a given recycling operation into products” .

Quindi l’utilizzo dell’EoW (non essendo un rifiuto) non va autorizzato, ma viene considerato ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio, solo quando avviene la produzione di un bene finale.

Cosi la risposta ad un interpello precisa, in contemporanea, due concetti di grande interesse pratico.

La prima che l’uso dei rifiuti in Lista Verde negli impianti industriali è possibile a determinate condizioni in modalità semplificata e la seconda che l’EoW è non “trattamento” e non il riciclaggio finale. Due pillole di economie circolare da tenere ben presente dagli esperti del settore.



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