Riceviamo e pubblichiamo la risposta delle imprese nazionali del comparto all’analisi di Vincenzo Fortunato pubblicata su questa testata. “Giudica solo il fotogramma e non il film”, è l’opinione delle aziende Italiane di Farmindustria
Abbiamo letto, con stupore, l’articolo “Spesa farmaceutica, finalmente qualche novità per l’innovazione” del 22 Novembre. E abbiamo pensato a quante volte il trailer di un film non racconta davvero il film. A maggior ragione un fermo immagine: l’errore sul contenuto del film è assicurato. Figurarsi se poi da quel fotogramma si prova a dare giudizi sui protagonisti, il rischio di prendere un granchio è davvero dietro l’angolo.
Sui farmaci esiste un sistema di payback: se il tetto di spesa fissato dalle leggi viene superato, le imprese sono chiamate a ripianare la differenza. Per il tetto degli acquisti diretti, le imprese devono ripianare il 50%, per il tetto della spesa convenzionata le imprese e la distribuzione devono ripianare il 100% di quanto da esse fatturato in eccesso. Inutile dire che norme del genere sono errate già in punto di principio e diventano davvero pesanti nel momento in cui l’onere derivante da tale payback supera il 12%, come avviene oggi sulla spesa diretta.
Ma eccoci al fotogramma e al film. Il fotogramma è il seguente. Il payback sui farmaci, che negli ultimi anni scatta sistematicamente sulla spesa diretta, colpisce soprattutto le aziende multinazionali. Le aziende, prevalentemente italiane, che operano nella spesa convenzionata pagano solo il 2% del payback. Una fotografia, così è. Da considerarsi tale.
Perché se dal fotogramma si prova a giudicare il film e i suoi protagonisti, si cade in un errore da matita blu. Eccolo: dal momento che le imprese multinazionali pagano il 98% del payback pur avendo una quota di mercato dell’80%, mentre le aziende della convenzionata, prevalentemente italiane, pagano solo il 2%, pur avendo una quota di mercato del 20%, allora “… è difficile non vedere il carattere protezionistico ed anti concorrenziale dell’attuale sistema più volte rappresentato e sempre sottaciuto dalla politica e dalla giurisprudenza”.
Questa affermazione è gravemente errata, oltre che offensiva, sia per le imprese italiane che per la politica e la Giurisprudenza stessa. Nella spesa convenzionata, il prezzo medio rimborsato per confezione è solo di 7,88€, che corrisponde a un ricavo industria di 4,61€. Ovvio che non si sfondi il tetto di spesa! Quindi le imprese italiane, peraltro insieme ad alcune multinazionali, operano nel segmento meno remunerativo della spesa farmaceutica che però assicura salute con le cure croniche a decine di milioni di pazienti ogni giorno.
Vediamo adesso come siamo arrivati a questo livello di prezzi, riepilogando i tagli di prezzo permanenti più significativi che a partire dall’inizio degli anni 2000 sono stati varati per contenere la spesa convenzionata considerata allora eccessiva e fuori controllo:
Nel 2002, tra aprile e dicembre furono varate due manovre di taglio dei prezzi dei farmaci, taglio che arrivò addirittura al 25% su alcuni prodotti;
da Gennaio 2003, taglio prezzi aggiuntivo del 2% su tutti i prodotti;
da Giugno 2004 a Novembre 2005, taglio aggiuntivo del 6,8% dei prezzi a ricavo industria;
nel Dicembre 2005 fu introdotto un ulteriore sconto obbligatorio sui ricavi industria pari all’1%;
nel Luglio 2006 fu introdotto un ulteriore taglio di prezzi del 5%. Sempre nel medesimo anno, seguì una ulteriore manovra selettiva di riduzione dei prezzi dei farmaci, che arrivò al 10% per alcuni prodotti;
nell’Aprile 2009 taglio ulteriore dei prezzi dei farmaci generici del 12%, con effetto trascinamento al ribasso dei prezzi anche degli originali;
nel 2010 introduzione di un payback su industrie e farmacie pari all’1,83% del prezzo al pubblico, che rappresenta quasi il 3% sul ricavo industria (la parte relativa alle farmacie dovrebbe essere cancellata nella legge finanziaria attualmente in approvazione);
nel 2015 con la revisione del Prontuario Farmaceutico ulteriore taglio di prezzi, selettivo ma sempre permanente, dei farmaci di classe A che ridusse ulteriormente la spesa convenzionata.
Tali misure, insieme all’ulteriore riduzione dei prezzi di rimborso conseguente alla genericazione dei farmaci della spesa convenzionata che ha comportato ulteriori ribassi dei prezzi dal 20 al 60%, hanno portato la spesa convenzionata ai livelli attuali. In pratica, è come se vi fosse un “payback strutturalizzato” e permanente, molto pesante con evidenti criticità – altro che protezioni! – per il comparto coinvolto. E non è un caso, infatti, che per salvare il sistema delle farmacie il Governo abbia dovuto varare norme ad hoc.
Il film rispetto al fotogramma ci racconta quindi una realtà un bel po’ diversa riguardo alla spesa convenzionata e nei confronti delle imprese italiane. Non solo non protette, ma al contrario colpite con le manovre di vari governi che hanno portato i loro prezzi ai livelli più bassi d’Europa (dati AIFA). Imprese assiduamente impegnate in una sfida difficile per riuscire a mantenere in piedi il 40% degli investimenti in produzione farmaceutica del Paese e il 54% degli occupati, nonostante una quota di mercato del 20%, e nonostante prezzi medi di ricavo industria di 4,61€. Livelli di prezzo, tra parentesi, che dovranno essere rivisti al rialzo per ritrovare una sostenibilità industriale anche a fronte degli aumenti esponenziali dei costi di produzioni degli ultimi anni.
Infine, prima di scrivere le parole “The End”, un’ultima considerazione. Questo film racconta anche di imprese italiane un po’ troppo silenziose nel far conoscere il loro cosiddetto footprint, i loro investimenti in Italia e acquisizioni all’estero, le tasse pagate in Italia sia come valore assoluto che per milione di fatturato SSN, il numero di addetti sia in valore assoluto che per milione di fatturato SSN, le sfide raccolte dalle PMI e quelle delle grandi imprese, negli investimenti e nei successi in ricerca, nelle malattie rare, in oncologia, negli antibiotici per batteri resistenti. L’importanza di questi risultati ci impegna ad una maggiore vocalità futura.