In un contesto di crescente competizione spaziale, il 2024 sarà un anno importante per la ricerca e l’innovazione nel settore. In questo contesto, la stazione spaziale internazionale rimane un avamposto di collaborazione, almeno fino alla sua dimissione nel 2030
La Stazione Spaziale Internazionale (Iss) si dimostra un luogo di collaborazione anche nei periodi di tensioni geopolitiche. Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, ha infatti annunciato il raggiungimento di un accordo con gli Stati Uniti per il trasporto di astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale fino al 2025. La decisione, necessaria per garantire il normale funzionamento dell’Iss, dimostra, ancora una volta, quanto sia vantaggiosa una fruttuosa collaborazione spaziale tra le potenze spaziali globali.
Il pensionamento dell’Iss
L’accordo non si estende alla possibilità di collaborazioni future post Iss, il cui pensionamento è previsto per il 2030. Anzi, il termine della collaborazione nel 2025 evidenzia l’intenzione di Mosca e Washington di concludere l’esperienza di cooperazione spaziale avviata alla fine degli anni Novanta.
Prospettive russe
Roscosmos, infatti, punta a lanciare il primo stadio della sua nuova stazione spaziale già nel 2027 e intende allargare la cooperazione ai Paesi Brics, in un’ottica chiaramente anti-occidentale. Per lo meno, questa era l’intenzione emersa al margine del summit Brics di quest’anno in Sudafrica, come conseguenza del deteriorarsi delle relazioni tra Russia e Nato a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
…e l’Occidente?
I Paesi membri della Nato impegnati nella collaborazione sulla stazione spaziale internazionale hanno più volte espresso l’intenzione di sostituire l’Iss con stazioni spaziali commerciali. Questa volontà è resa chiara dai numerosi accordi stipulati tra Nasa e le compagnie private, quali Axiom Space – la cui missione Ax-3 (con un grande contributo italiano) partirà il 10 gennaio 2024 – e dal memorandum di intesa siglato da Esa e Airbus e Voyager Space – a margine del Summit Esa di Siviglia – per la creazione di Starlab.
La dismissione dell’Iss è quindi una realtà certa, che avrà delle ripercussioni significative sul livello di cooperazione spaziale internazionale. Se da un lato rafforzerà le sinergie tra Europa e Stati Uniti, potrà allo stesso modo acuire le già esistenti competizioni globali.
Un 2024 di commercializzazione
La collaborazione tra pubblico e privato nel dominio spaziale non è più una novità, e gli Stati Uniti stanno investendo considerevoli risorse nella commercializzazione del settore. Ciò riflette in pieno le intenzioni del Pentagono di stringere una più forte collaborazione con colossi privati del settore spaziale, come dimostrato dal contratto tra la US Space Force e SpaceX firmato ad ottobre di quest’anno ed è ulteriormente comprovato dall’intenzione della US Space Force di incrementare le acquisizioni di tecnologie spaziali, sia satelliti sia lanciatori, da privati.
Le novità
La decisione è stata espressa dal responsabile per le acquisizioni, Frank Calvelli, che auspica un 2024 caratterizzato dal potenziamento dell’industria spaziale americana. Nello specifico, si prevede che il prossimo anno le nuove tecnologie di command-and-control ATLAS e i sistemi GPS di ultima generazione siano pronti e resi accessibili. Inoltre, nel 2024 la US Space Force mira a raddoppiare i propri lanci spaziali, da 12 nel 2023 a 21 nel 2024. Tuttavia, per fare ciò la Space Force dovrà affidarsi non soltanto ai Falcon di SpaceX, ma anche ai lanciatori di Blue Origin e il Vulcan di ULA (joint venture tra Lockeed Martin Space and Boeing Defense, Space and Security).