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I numeri che permettono alla Cina di bluffare sull’austerità

E’ un buon lunedì per Pechino. I dati diffusi oggi su inflazione e bilancia commerciale lasciano in mano a governo e banca centrale l’asso nella manica, la carta della politica monetaria e fiscale flessibile che sostiene la crescita economica rallentata. L’obiettivo, il governo ci tiene a sottolinearlo, è quello del contenimento del deficit e delle riforme strutturali, anche se al sostegno a infrastrutture e investimenti Pechino continua a non saper dire di no.

La bilancia commerciale

Secondo i dati resi noti oggi dall’ufficio nazionale di statistica, la bilancia commerciale è risultata positiva di 28.52 miliardi di dollari, contro attese pari a 20.00 ed un precedente che si è attestato a 17.82, mentre le esportazioni sono cresciute, per il mese di agosto, del 7.2% (precedente 5.1% ed attese per 5.5%) con le importazioni che hanno mostrato una variazione del 7.0%, in calo dal precedente 10.9 ma in territorio ancora ampiamente positivo.

L’inflazione cinese in calo

L’inflazione ad agosto è scesa al 2,6% rispetto al 2,7% che si era registrato per il mese di luglio, cosa che dovrebbe dare al governo di Pechino più spazio di manovra per avviare misure orientate a promuovere la crescita. In aggiunta, il trend discendente nei prezzi alla produzione è continuato, per il 18esimo mese consecutivo. Il tasso registrato ad agosto è in linea con le attese degli analisti. Mese su mese, i prezzi al consumo sono saliti dello 0,5%, più velocemente del +0,1% visto in luglio. I prezzi non alimentari sono saliti dell’1,5% rispetto a un anno fa, contro il +1,6% nel mese precedente. L’inflazione dei prezzi alimentari è caduta in modo più marcato, al +4,7% da +5%. I prezzi di metallo e acciaio restano depressi se confrontati con quelli dello stesso periodo del 2012, dati che vanno a ribadire l’eccessivo carico fiscale sulle imprese già indebitate.

Lo spazio di manovra di governo e Bank of China

Come sottolinea il Financial Times, è improbabile che l’inflazione superi la soglia del 3% nel 2013, permettendo un rinvio della stretta della Bank of China e mantenendo il governo nella sua comfort zone e al di sotto del tetto massimo previsto da Pechino al 3,5%. Con una crescita economica debole, la pressione sui prezzi resterà leggera in Cina ancora per un po’. Ma intanto Pechino ha scelto un percorso di crescita più sostenibile. “Non possiamo permetterci di proseguire con il vecchio modello di forti consumi ed investimenti. Al contrario, dobbiamo scegliere un approccio univoco alla crescita, con aggiustamenti strutturali e riforme“, ha spiegato al Financial Times il premier Li Keqiang.

Il sostegno a investimenti ed infrastrutture

Ma, nonostante la linea ufficiale, il governo cinese ha introdotto durante l’estate delle misure che arrestassero il rallentamento della ripresa economica, decidendo tagli fiscali per le Pmi, investimenti nel settore ferroviario, piani di edilizia popolare e snellimento della burocrazia doganale. Una strategia che ha mostrato i suoi frutti già a luglio ma soprattutto su costruzioni ed investimenti, e non consumi e servizi come intendeva Pechino, o quantomeno, come aveva annunciato di volere. A queste condizioni, evidentemente, tempo per bluffare ancora c’è.


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