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Fra astrazione e realtà

Europa settentrionale ed Europa meridionale sono regioni molto diverse fra loro, e grandi differenze vi sono anche rispetto agli ex-satelliti sovietici che ancora stanno riprendendosi da decenni di occupazione. Anche su questa scala allargata, l’Europa offre un panorama di condizioni economiche, politiche e sociali così variegato da essere fuori dal comune. Alle fondamenta del progetto europeo vi era l’idea che queste nazioni potessero essere combinate a formare un ordinamento economico unitario e che tale ordinamento economico potesse poi produrre un’entità politica unificata. E a pensarci bene, si trattava di un’idea fuori dal comune. Gli europei, va da sé, non si definiscono in quanto “mediterranei”
o “nordeuropei”. Si definiscono come greci o spagnoli, danesi, francesi, ecc. L’Europa è divisa in nazioni, e per molti europei l’identificazione con la loro nazione particolare è prioritaria. Tutto ciò è iscritto nella storia europea. Negli ultimi due secoli, la nazionalità è stata l’ossessione europea. In un primo momento, gli europei tentarono di separare le loro nazioni particolari dagli imperi dinastici transnazionali, per i quali le singole nazioni erano meri possedimenti degli Asburgo, dei Borboni o dei Romanov. La storia d’Europa dalla Rivoluzione francese in poi è stata segnata dall’affermazione e dalla persistenza dello Stato nazione. Sia la Germania nazionalsocialista che l’Unione sovietica tentarono di creare Stati multinazionali dominati da un unico Stato. Entrambe fallirono, ed entrambe furono odiate per averci provato. C’è un paradosso nella forma mentis europea. Da una parte, il ricordo delle due guerre mondiali ha riempito gli europei di profonda diffidenza verso l’impulso nazionale. Dall’altra, una delle ragioni per cui il nazionalismo era guardato con diffidenza era per la sua tendenza a muovere guerra ad altri Stati nazione e a tentare di sopprimerne l’identità. L’Europa temeva il
nazionalismo sulla base di un impulso profondamente nazionalista.
L’Unione europea è stata progettata per creare un’identità europea mantenendo al tempo stesso lo Stato-nazione. In linea di principio, non è impossibile
per i popoli avere identità multiple. Per esempio, non vi è tensione tra l’essere dello Iowa ed essere americano.
Il problema è quello del destino condiviso. Gli abitanti del Texas e dello Iowa hanno un legame comune che trascende le loro rispettive identità locali. La loro identità nazionale americana implica che essi condividano non solo valori trascendenti ma anche destini. Una crisi nello Iowa è una crisi negli Stati Uniti, e non in un Paese straniero rispetto, tanto per dire, al Texas. Quando il Muro di Berlino crollò nel 1989, non vi furono dubbi tra i tedeschi, che l’est e l’ovest sarebbero stati riunificati. Né furono sollevati seri dubbi sul fatto che il costo del rilancio economico e sociale della Germania est sarebbe stato sostenuto dalla Germania ovest. La Germania era un Paese unitario che la storia aveva diviso, e quando la storia permise ai tedeschi la riunificazione, essi ne sopportarono il peso. Sin dal diciannovesimo secolo, quando la Germania cominciò a vedersi come un Paese unitario, vi fu l’idea che essere tedeschi voleva dire condividere un destino e impegni comuni. Nel passato, il Messico ha conosciuto diverse crisi economiche nelle quali gli Stati Uniti sono intervenuti in funzione stabilizzatrice. Ciò fu fatto perché era nell’interesse degli americani, non perché Stati Uniti e Messico fossero un unico Paese. Lo stesso in Europa: il salvataggio della Grecia non è stato fatto perché la Grecia sia parte dell’Europa, ma perché è nell’interesse del resto dell’Europa salvare la Grecia. Ma al cuore della questione, la Grecia è e resta un Paese straniero. Nella fase di creazione della prosperità tra i primi anni
‘90 e il 2008, la questione dell’identità e della nazionalità europea non si è realmente posta. Essere europei era del tutto compatibile con l’essere un greco. La prosperità consentiva di non fare scelte. La crisi economica ha significato la necessità di fare delle scelte, tra gli interessi dell’Europa, gli interessi della Germania e quelli della Grecia, perché essi non coincidevano più. Ciò che ne è uscito fuori non è una soluzione europea, ma una combinazione di interessi nazionali, negoziati tra Paesi stranieri, non una soluzione europea derivata dal riconoscimento di un destino comune, condiviso. Recentemente, l’Europa è stata un’astrazione. Lo Stato nazione ha rappresentato la realtà.
La migliore raffigurazione di questo dato è stata già offerta, più che dall’economia, dalla politica estera e di difesa nazionale. Gli europei in quanto tali non sono mai riusciti a sviluppare nessuna delle due. Le politiche estere di Gran Bretagna, Germania e Polonia sono state diverse e spesso in contrasto tra di loro. E la guerra, anche più dell’economia, è il campo in cui le nazioni sperimentano le più grandi sofferenze e i più alti rischi. Nessuna delle nazioni europee era preparata ad abbandonare la sovranità nazionale in quest’area, dato che nessun Paese era pronto a porre il cuore delle proprie forze armate al comando di un governo europeo – né era pronto a cooperare in materia di difesa – a meno che non fosse nel proprio interesse. Vi era un altro impulso dietro l’idea di Europa. Molte nazioni europee, individualmente, erano potenze, al massimo, regionali, incapaci di operare globalmente. Erano quindi più deboli degli Stati Uniti. L’Europa unita non solo sarebbe stata in grado di operare su scala planetaria, ma sarebbe anche stata alla pari con gli Usa. Se gli Stati-nazione d’Europa non erano più grandi potenze prese singolarmente, lo sarebbe stata l’Europa nel suo complesso. Radicata nell’idea d’Europa, in particolare nella visione gollista, vi era l’unità capace di riconquistare posizioni nel mondo, dopo averle perse nelle due guerre mondiali. Chiaramente, questo non è quello che accadrà. Non vi è una politica estera e di difesa comune, non vi è un esercito europeo, non vi è un comandante in capo europeo.
Non vi è nemmeno una politica bancaria e fiscale comune – ferita aperta alla crisi di quest’anno. L’Europa non controbilancerà gli Usa perché, alla fine, gli europei non hanno una visione comune dell’Europa, interessi comuni da difendere nel mondo o fiducia reciproca, e ancora meno un’idea condivisa su cosa voglia dire esattamente controbilanciare gli Stati Uniti. Ogni nazione vuole poter controllare il proprio destino per non essere risucchiata dall’ultranazionalismo di una Germania degli anni Trenta e Quaranta o dall’indifferenza al nazionalismo dell’Impero asburgico. Gli europei amano le loro nazioni e vogliono conservarle. In fondo, la
nazione è ciò che essi sono. Ciò significa che essi si rapportano alla crisi finanziaria dell’Europa mediterranea come nazioni, non come Europa. Sia coloro che sono in difficoltà che coloro che potrebbero aiutarli, calcolano le loro mosse come tedeschi o greci. La questione allora è semplice: dato che l’Europa non riesce mai a formarsi in termini di identità, e dato che la crisi economica sta elevando gli interessi nazionali ben al di sopra di quelli europei, dove porterà tutto questo? L’Unione europea è un’associazione – al più un’alleanza – e non uno Stato transnazionale. C’è stato ad un certo punto il progetto di creare tale Stato, ma è stato abbandonato ormai molto tempo fa. Come alleanza, è un sistema di relazioni tra Stati sovrani, i quali vi partecipano nella misura in cui ciò risponde ai loro interessi particolari – o ne escono quando lo desiderano. Alla fine, abbiamo appreso che l’Europa non è un Paese. È una regione, e in questa regione
ci sono nazioni e queste nazioni sono composte di popoli uniti da storie e destini comuni. Le altre nazioni d’Europa possono anche porre problemi, ma alla fine non sono vincolate da un comune impegno o da un comune destino. Ciò vuol dire che il nazionalismo in Europa non è morto, ne è finita la storia. E l’atteggiamento compiaciuto con cui gli europei hanno guardato al loro futuro, in particolare alle tensioni geopolitiche interne all’Europa, può dimostrarsi ben prematuro. L’Europa è l’Europa, e la sua storia non può essere dichiarata obsoleta, né finita.
 
L´articolo di George Friedman in inglese su Stratfor
 
 

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