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Crisi, impasse liberale e anticorpi democratici. Cosa sta accadendo in Germania

Di Giulia Gigante
groko

La Germania non è più la locomotiva d’Europa. La recessione tecnica dell’economia ha creato un vuoto nella società tedesca. Una voragine che rischia di essere colmata dall’ avanzata dell’estrema destra. E questo è un problema europeo…

Se in letteratura l’inventiva nasce dal caos, in politica le crisi (ergo i nuovi corsi o ricorsi storici) spuntano fuori dai periodi di stagnazione. Pochi avrebbero scommesso sull’arresto della locomotiva d’Europa, eppure già dallo scorso anno gli esperti annunciavano la recessione tecnica dell’economia tedesca. Gli economisti di Commerzbank sottolineavano la difficoltà dell’apparato industriale di attuare un rilancio a seguito della pandemia del Covid-19. Non a torto, dato che il Pil è sceso dello 0,3% e considerato che tra i settori maggiormente colpiti rientra quello manifatturiero che rappresenta più dell’80% dell’industria. Un’economia contratta che preoccupa le famiglie, indebolisce la domanda interna e sfuma la speranza di una ripresa.

Persino il presidente della Federazione delle Industrie tedesche (Bundesverband der Deutschen Industrie), Siegfried Russwurm, ha dovuto ammettere: “L’economia in Germania è ferma. Non vediamo alcuna possibilità di una rapida ripresa nel 2024”. Come riportato da Melissa Eddy sulle colonne del New York Times, la Germania non è più nota per la solidità del tessuto industriale e per l’ingegneria perfezionata, ma deve fare i conti con la produzione di auto elettriche made in China e competere con gli Stati Uniti per attrarre i giganti della tecnologia. E mentre nei mesi precedenti il governo Scholz era impegnato a risolvere gli attriti insiti nella coalizione, è sopraggiunta la crisi di novembre, senza contare le proteste degli agricoltori che hanno accolto il 2024 tedesco, durante le quali un gruppo di estremisti di destra hanno partecipato montando su trattori e manifestando supporto e solidarietà agli scioperanti.

Ed è in questo marasma che si aggira lo spettro dell’Alternative für Deutschland (AfD), così determinata a sventolare la ricostruzione dello Stato e dell’economia sociale di mercato, le misure contro la povertà, il rafforzamento del sistema sanitario, la riforma dell’assicurazione pensionistica. Proposte che mobilitano, battaglie contro l’establishment che aggregano, proprie di un partito nato e cresciuto tra le fila dell’opposizione e che si dichiara estraneo a qualsiasi responsabilità, errore commesso in passato.

Ma l’attacco alle élites non basta (per ora) a rimuovere le macchie accumulate in questi anni di militanza e attivismo. Di esempi ne abbiamo a bizzeffe. Ad esempio, la volontà espressa da Björn Höcke, portavoce dell’AfD, sull’istituzione di classi separate per bambini disabili in modo tale da “permettere agli studenti che non hanno deficit cognitivi di essere più produttivi”, le dichiarazioni rilasciate nel 2017, durante un discorso in cui ha etichettato il memoriale dell’Olocausto a Berlino come un “monumento della vergogna”, auspicando l’interruzione del senso di colpa tedesco nei confronti degli orrori del nazismo. E ancora, la fazione Der Flügel, interna all’AfD, riconosciuta dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione come “un’organizzazione estremista (…) non compatibile con la legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania” e perciò posta sotto sorveglianza dell’intelligence, la sfilza di accuse omofobe, islamofobe, fondate appunto su paura e odio, sentimenti primordiali, non civilizzati, e imballati in pure confezioni ideologiche.

Tutto ciò, ovvero la probabile commistione tra disagio sociale, crisi economica e la presenza di una neo-formazione che pretende di instaurare una forma di democrazia diretta e di tenere unito sovranismo e nativismo, di azzerare il ruolo dell’intermediazione, ha portato “l’altra Germania” ad attivare i propri anticorpi.

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta del Correctiv, secondo cui politici di alto rango dell’AfD, neonazisti e imprenditori finanziariamente forti si sono incontrati a novembre in un hotel vicino a Potsdam, progettando l’espulsione di milioni di persone (migranti, richiedenti asilo e cittadini tedeschi “non assimilati”) dalla Germania, le città tedesche sono state invase da manifestanti intenti a reprimere ogni potenziale rigurgito riconducibile ai tempi bui della croce uncinata.

Tra sabato e domenica, circa 1,5 milioni di persone hanno riempito le piazze dei principali centri urbani brandendo cartelli e intonando slogan contro “il tentativo di definire etnicamente chi appartiene alla Germania”, come specificato da Nancy Faeser, ministro degli Interni. Addirittura, a Monaco di Baviera, il sovraffollamento dovuto all’affluenza di decine di migliaia di persone, ha condotto all’interruzione della manifestazione.

Cem Özdemir, ministro federale dell’Agricolutra, ha ritenuto opportuno mettere in risalto: “È impensabile che per i rappresentanti dell’AfD è indispensabile vantare antenati presenti alla battaglia nella foresta di Teutoburgo contro gli antichi romani per essere considerati tedeschi”.

In buona sostanza, la Germania ha saputo rispondere, almeno nella fase iniziale, al fenomeno Afd. Adesso, le forze socialdemocratiche, al momento al governo ma sarà vitale l’ausilio dei cattolici, devono  innervarsi nella società tedesca, ovvero radicalizzare intellettualmente e materialmente  i valori democratici e i principi costituzionali, occupare il “vuoto sociale”, non lasciare che i bisogni degli ultimi vengano gestiti da forze sediziose e antagonistiche allo stato democratico.

Non basteranno le 935 mila firme raccolte attorno la petizione con cui si chiede di privare dei diritti fondamentali Bjoern Hoecke, presidente del partito in Turingia, non basterà appellarsi all’articolo 18 della Costituzione tedesca per debellare i bacilli nazionalisti. Del resto, una cerchia di elettori sovranisti ha già ribattuto con una contro-petizione nei confronti dei Verdi (19.653 firme) colpevoli di “pregiudicare seriamente gli interessi dei cittadini tedeschi e dell’economia nazionale”.

No, i lealisti rispetto all’impianto costituzionale possono sperare di vincere lo scontro con gli estremisti solo aumentando l’intensità della propria azione politica e sociale, entrando a gamba tesa nel processo di crisi e indirizzandolo verso un rilancio economico e ponendo una visione  prevalentemente politica.

Le prossime elezioni europee saranno il banco di prova. Oltretutto se, in Germania, i partiti euroscettici dovessero raggiungere notevoli percentuali di consenso, questo comporterebbe un grave depotenziamento per responsabilità tedesca dell’intera costruzione comunitaria. E allora il vuoto si estenderebbe da Berlino fino all’intero continente.



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