Pubblichiamo il discorso di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, al vertice “Italia-Africa. Un ponte per una crescita comune” di oggi
Signori Presidenti, Signori Primi Ministri, Autorità, signore e signori,
è per me un grande onore accogliervi oggi a Roma, nell’Aula del Senato della Repubblica, e voglio ringraziare il Presidente La Russa, il Consiglio di Presidenza e la Conferenza dei capigruppo per aver accolto la richiesta del Governo, consentendo che questo importante evento si svolgesse qui.
Perché quest’Aula è uno dei luoghi più significativi per la nostra storia. Il Senato, insieme alla Camera dei Deputati, è il pilastro della democrazia italiana e aver scelto di celebrare questo Vertice qui sottolinea l’importanza che attribuiamo ai lavori di oggi.
Così come è la prima volta che la Conferenza Italia-Africa, che in passato si è sempre tenuta a livello ministeriale, sia stata elevata a Vertice e veda la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo. Anche questa è una scelta che ribadisce la centralità e la rilevanza che l’Italia attribuisce al rapporto con le Nazioni africane.
Consentitemi di ringraziare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo intervento di ieri al Palazzo del Quirinale ha ribadito quanto il dialogo e la cooperazione tra Italia e Africa siano strategici. Ringrazio e saluto anche i vertici delle Istituzioni europee che hanno accettato il nostro invito e sono qui oggi. La vostra presenza, Ursula, Charles, Roberta, è un segnale molto importante, perché conferma il sostegno dell’Europa al nostro impegno. Permettetemi di rivolgere un saluto speciale all’Unione Africana, rappresentata dal Presidente di turno, Azali Assoumani, e dal Presidente della Commissione Moussa Faki, che quest’anno è entrata a far parte del G20 ed è un’opzione che l’Italia è stata tra le primissime Nazioni a promuovere.
Desidero ringraziare, infine, le Nazioni Unite – rappresentate dal Vicesegretario generale, i vertici delle Organizzazioni internazionali, delle Istituzioni finanziarie e delle Banche Multilaterali di Sviluppo presenti.
Questo Vertice è il primo appuntamento internazionale che l’Italia ospita da quando ha assunto la Presidenza del G7. Ed è frutto di una scelta di politica estera estremamente precisa, che porterà a riservare all’Africa un posto d’onore nell’agenda della nostra Presidenza del Gruppo dei Sette.
Abbiamo fatto questa scelta perché l’obiettivo, di medio e lungo periodo, che ci siamo dati è quello di dimostrare che siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso. E pensiamo che sia possibile immaginare e scrivere una pagina nuova nella storia delle nostre relazioni. Una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione “caritatevole” nell’approccio con l’Africa che mal si concilia con le sue straordinarie potenzialità di sviluppo.
Questo nuovo approccio, del quale la nostra Nazione vuole farsi portatrice, si rispecchia anche nel titolo di questo Vertice: “Italia-Africa, un ponte per crescere insieme”. Perché è la naturale vocazione dell’Italia: un ponte tra l’Africa e l’Europa. Un ponte che noi italiani abbiamo il vantaggio di poter costruire non partendo da zero, ma dalle solide fondamenta che, molto tempo fa, un grande italiano come Enrico Mattei, fondatore di ENI, ha avuto la lungimiranza di saper immaginare.
Mattei amava dire che “l’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”. Dove altri vedevano difficoltà, Mattei vedeva un’opportunità. E ci ha insegnato che era possibile coniugare l’esigenza italiana di rendere sostenibile la sua crescita con quella delle Nazioni partner di conoscere una stagione di liberta, di sviluppo, di progresso. Noi oggi vogliamo ripartire da quella intuizione e scrivere insieme una nuova pagina di questo racconto.
A monte occorre smontare alcune narrazioni distorte, come quella che vorrebbe l’Africa un Continente povero. Perché non è così. L’Africa non è affatto un Continente povero: detiene il 30% delle risorse minerarie del mondo; detiene il 60% delle terre coltivabili. Il 60% della sua popolazione ha un’età inferiore ai 25 anni, è il continente più giovane del mondo, e questo lo rende anche una terra dalle enormi potenzialità di capitale umano. Ma si tratta anche di un continente immenso, che racchiude al suo interno mille peculiarità e dunque anche necessità molto diverse tra loro.
L’Italia, l’Europa, oserei dire il mondo intero, non possono ragionare di futuro senza tenere nella giusta considerazione l’Africa. Il nostro futuro dipende inevitabilmente anche dal futuro del Continente africano.
Consapevoli di questo noi vogliamo fare la nostra parte e abbiamo così deciso di avviare un ambizioso programma di interventi che sia capace di aiutare il Continente a crescere e prosperare partendo dalle sue immense risorse.
Tutto questo è l’ossatura del progetto strategico italiano che chiamiamo Piano Mattei per l’Africa. Un piano concreto di interventi strategici, concentrato su poche, fondamentali, priorità di medio e lungo periodo, perché occorre dire basta anche alla logica delle risorse spese in miriadi di micro interventi che non producono risultati significativi.
Abbiamo scelto cinque grandi priorità di intervento: istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia. Abbiamo individuato, per iniziare, alcune Nazioni africane, suddivise nel quadrante subsahariano e in quello nordafricano, con l’obiettivo di estendere progressivamente questa iniziativa seguendo una logica incrementale.
Ma non si tratta di un Piano concepito come una scatola chiusa, da imporre e calare dall’alto, come, dobbiamo dire, è stato a volte fatto in passato, perché anche il metodo deve essere nuovo. Così Il Piano è pensato come una piattaforma programmatica aperta alla condivisione e alla collaborazione con le Nazioni africane, sia nella fase di definizione sia in quella di attuazione dei singoli progetti.
La condivisone è uno dei principi cardine del Piano Mattei e, in questa cornice, i lavori di questo Vertice saranno determinanti per arricchire il percorso. Per questo abbiamo voluto strutturare il programma dei lavori di questa giornata su cinque sessioni tematiche, che ricalcano le direttrici principali di questa nostra iniziativa.
Quali sono i progetti pilota sui quali stiamo lavorando? Io mi limiterò a citarne alcuni, suddivisi nelle varie aree di intervento, perché sarebbe impossibile descriverli uno ad uno.
Parto dal pilastro istruzione e formazione professionale, che è decisivo perché qualsiasi investimento, per portare ricchezza, ha bisogno di generare lavoro, e quel lavoro necessita di una adeguata istruzione e di una adeguata formazione. Per costruire ponti, ferrovie, impianti fotovoltaici, strade, scuole, ospedali, occorrono competenze e occorre la formazione ai fini di quella competenza. Penso ad esempio al Marocco, dove puntiamo a realizzare un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili.
Ma abbiamo anche in programma di rafforzare i legami tra il sistema scolastico italiano e quelli delle Nazioni africane. Penso alla riqualificazione infrastrutturale delle scuole, come faremo già nel 2024 in Tunisia, alla formazione e all’aggiornamento dei docenti e agli scambi di studenti e insegnanti tra le nostre Nazioni.
Il Piano Mattei dedicherà poi uno specifico capitolo alla salute. Qui la prima Nazione alla quale vogliamo rivolgerci è la Costa d’Avorio, dove il nostro obiettivo è migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi primari, con un’attenzione particolare ai più piccoli, alle loro mamme e alle persone più fragili.
Altro settore d’intervento sarà l’agricoltura perché se è vero che l’Africa detiene il 60% delle terre coltivabili, e che quelle terre sono spesso purtroppo inutilizzate, noi dobbiamo fare in modo che la tecnologia contribuisca a renderle coltivabili perché possano dare frutti. E dico di più. Non siamo impegnati solamente sulla “food security”, ma anche sulla “food safety”. Cioè la sfida che vogliamo centrare non è solo garantire cibo per tutti, ma garantire cibo di qualità per tutti. Ed è fondamentale in questo il ruolo della ricerca, ma come ho già detto, non credo che quella ricerca debba servire per produrre cibo in laboratorio e andare, magari, verso un mondo nel quale chi è ricco potrà mangiare cibo naturale e chi è povero si potrà permettere solo quello sintetico, con effetti sulla salute che non possiamo prevedere. Non è questo il mondo che vogliamo costruire.
Il mondo che vogliamo è un mondo nel quale viene mantenuto il legame millenario tra uomo e terra e la ricerca aiuta ad ottimizzare quel legame, garantendo culture sempre più resistenti, tecniche di coltivazione sempre più moderne, e capaci di migliorare la qualità e la quantità delle produzioni.
Così come dobbiamo cogliere le opportunità che ci offrono le tecnologie, in termini di osservazione terrestre e raccolta dei dati per fornire quante più informazioni utili possibili sull’andamento della deforestazione, sugli sprechi dell’acqua, sullo stato di salute delle colture. A questo riguardo intendiamo avviare ad esempio in Algeria un progetto di monitoraggio satellitare sull’agricoltura, mentre in Mozambico siamo impegnati a costruire un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e le esportazioni dei prodotti locali.
Ancora In Egitto prevediamo di sostenere, in un’area a 200 km da Alessandria, la produzione di grano, soia, mais e girasole con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie e nuovi metodi di coltivazione, oltre ovviamente ad accompagnare la formazione professionale.
Ma penso anche al progetto già avviato in Tunisia, dove stiamo lavorando per potenziare le stazioni di depurazione delle acque non convenzionali per irrigare un’area di otto mila ettari e creare un centro di formazione dedicato al settore agroalimentare.
Perché vogliamo offrire il nostro contributo anche per migliorare la gestione e l’accesso all’acqua, risorsa sempre più scarsa la cui mancanza è uno dei principali fattori di insicurezza alimentare, conflitti e migrazione. Su questo fronte cito brevemente altri due progetti pilota: il primo nella Repubblica del Congo, dove intendiamo impegnarci nella costruzione di pozzi e reti di distribuzione dell’acqua soprattutto a fini agricoli, alimentati esclusivamente da energia rinnovabile; il secondo in Etiopia, dove vogliamo avviare il recupero ambientale di alcune aree e portare avanti interventi di risanamento delle acque, anche attraverso la formazione e il sostegno tecnico alle Università locali.
E veniamo all’ultimo pilastro, certamente non ultimo per importanza del Piano Mattei, ovvero quello dedicato al nesso clima-energia e alle infrastrutture collegate.
Noi siamo sempre stati convinti che l’Italia abbia tutte le carte in regola per diventare l’hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa. È un obiettivo che possiamo raggiungere se usiamo l’energia come chiave di sviluppo per tutti.
L’interesse che persegue l’Italia è aiutare le Nazioni africane interessate a produrre energia sufficiente alle proprie esigenze e ad esportare in Europa la parte in eccesso, mettendo insieme due necessità. Quella africana di sviluppare questa produzione e generare ricchezza, e quella europea di garantirsi nuove rotte di fornitura energetica.
Tra le iniziative in questo ambito voglio ricordare quella in Kenya dedicato allo sviluppo della filiera dei biocarburanti, che punta a coinvolgere fino a circa 400 mila agricoltori entro il 2027.
Ma chiaramente questo scambio funziona se ci sono anche infrastrutture di connessione tra i due continenti e lavoriamo da tempo anche su questo, soprattutto insieme all’Unione europea, penso all’interconnessione elettrica ELMED tra Italia e Tunisia, o al nuovo Corridoio H2 Sud per il trasporto dell’idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia.
Come vedete ho voluto parlare di progetti e iniziative concrete, capaci di generare un impatto significativo e immediato nelle Nazioni nelle quali verranno attuati e che potranno espandersi non solo in termini di dimensioni ma anche in termini di settori d’intervento. Sono progetti la cui realizzazione e i cui sviluppi intendo seguire personalmente, per quelli non ancora avviati i nostri responsabili sono pronti a partire immediatamente per la definizione della parte operativa, ma chiaramente questo è solo l’avvio del Piano perché puntiamo a replicare i modelli di successo in tutti i Paesi africani che saranno interessati.
Ma è ovvio che un Piano così ambizioso non potrà prescindere dal pieno coinvolgimento di tutto il “Sistema Italia” complessivamente inteso, a partire dalla Cooperazione allo Sviluppo e dal settore privato che è fondamentale coinvolgere nella nostra strategia, dato l’enorme patrimonio di conoscenza, tecnologia e soluzioni innovative che può vantare.
Un Piano di interventi con il quale vogliamo dare il nostro contributo a liberare le energie africane, anche per garantire alle giovani generazioni un diritto che finora è stato negato, perché qui in Europa noi abbiamo parlato spesso del diritto a emigrare, ma non abbiamo parlato quasi mai di come garantire il diritto a non dover essere costretti a emigrare, e a non dover così recidere le proprie radici, in cerca di una vita migliore sempre più difficile da raggiungere in Europa.
L’immigrazione illegale di massa non sarà mai fermata, i trafficanti di vite umane non saranno mai sconfitti, se non si affrontano a monte le cause che spingono una persona ad abbandonare la propria casa. È esattamente quello che intendiamo fare, da una parte dichiarando guerra agli schiavisti del Terzo millennio e dall’altra lavorando per offrire ai popoli africani un’alternativa fatta di opportunità, lavoro, formazione e percorsi di migrazione legale.
Il Piano Mattei risponde anche a questa esigenza e può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. Certo non basta, per questo vogliamo coinvolgere le Istituzioni finanziarie internazionali, le Banche Multilaterali di Sviluppo, l’Unione Europea e altri Stati donatori, che già hanno dichiarato la loro disponibilità a sostenere progetti comuni. Così come abbiamo intenzione di creare entro l’anno un nuovo strumento finanziario, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, per agevolare gli investimenti del settore privato nei progetti del Piano Mattei.
Insomma, e concludo, l’Africa che vediamo noi è soprattutto un continente che può e deve stupire, ma per farlo ha bisogno di essere messo alla prova e di poter competere ad armi pari nel contesto globale.
Come è stato detto fin dall’antichità, “dall’Africa sorge sempre qualcosa di nuovo”. Ecco, l’augurio che faccio a ognuno di noi è che da questo Vertice possa davvero nascere qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno si aspetta, persino qualcosa che in molti non avrebbero creduto possibile, perché smentire i pronostici come sempre è scrivere la propria pagina nella storia.
Vi ringrazio.