È facile purtroppo prevedere che il fenomeno della droga sia destinato ad aumentare, costituendo un tema di “preoccupazione universale”, al pari dell’ambiente e delle pandemie. È un fenomeno che incide pesantemente sulla sicurezza di un Paese, sia per il disagio sociale che provoca che per i proventi criminali che genera. Il commento di Mario Caligiuri
È da tempo che sto riflettendo sul perché negli ultimi anni in Italia si parli così poco di droga. Eppure i decessi a causa degli stupefacenti, secondo alcuni dati, superano sia quelli dei femminicidi che quelli dei caduti sul lavoro, morti odiose e sconvolgenti che hanno giustamente un’adeguata rappresentazione mediatica.
Ho chiesto a tanti esperti di comunicazione, tra i quali l’eminente Mario Morcellini, che mi hanno spiegato che l’opinione pubblica registra una certa assuefazione al problema. Tipo la questione meridionale, insomma. E questo nonostante il commercio della droga rappresenti l’accumulazione originaria dei patrimoni delle mafie che poi la riciclano nell’economia legale, in un reticolo spesso inestricabile.
Infatti se la City di Londra risulta contemporaneamente il primo centro finanziario del mondo e la prima piattaforma di riciclaggio del pianeta, distinguere è difficile per chiunque. Nell’ultima Relazione al Parlamento del dipartimento delle Politiche antidroga della presidenza del Consiglio, affidato alla responsabilità politica del sottosegretario Alfredo Mantovano, emerge che nel 2022 ci sono state 19.198 operazioni antidroga (52,6 al giorno) che hanno comportato il sequestro di 75 tonnellate di sostanze (delle quali il 44% marijuana).
Inoltre, si apprende che il 12% della popolazione dai 18 ai 64 anni ha fatto uso di sostanze stupefacenti e nella fascia di età 15-19 anni la percentuale sale addirittura al 27.9%, con un ulteriore preoccupante aumento di droghe artificiali acquistate attraverso il web.
Ma non è finita qua. Gli Stati Uniti, dove si stanno drammaticamente constatando migliaia di morti, da mesi stanno dando l’allarme per la diffusione del fentanyl, un oppiaceo sintetico enormemente più devastante delle droghe finora conosciute, poiché “è 100 volte più potente della morfina e 50 volte più potente dell’eroina”.
La droga si acquista prevalentemente in Cina, tanto che nell’ultimo incontro tra i presidenti Joe Biden e Xi Jinping oltre che discutere di Ucraina e Israele molto tempo è stato dedicato a come contenere questa droga devastante. Che sta anche arrivando rapidamente in tutta Europa. Non a caso Palazzo Chigi e i nostri Servizi si stanno occupando attivamente del problema, per verificare, insieme agli altri Paesi, come prevenire e contrastare quello che potrebbe trasformarsi in un flagello.
Il fenomeno è complesso, difficile, urticante, poiché mette in crisi l’intero sistema di sviluppo occidentale.
Sta esplodendo il disagio sociale, composto, come direbbero i giuristi, da un combinato disposto rappresentato dalle droghe sintetiche da un lato e dall’intelligenza artificiale dall’altro. Intelligenza e droghe entrambe artificiali: un argomento di riflessione ineludibile rispetto alla metamorfosi irreversibile del mondo, che noi invece continuiamo a catalogare con parole, leggi, categorie mentali e concetti culturali scaduti.
Nonostante ne sia evidente l’aspetto economico: dal 2014 l’Unione europea è arrivata a calcolare nella stima del Pil anche il traffico della droga, mentre l’economia capitalistica dipende sempre di più dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale. L’azione di contrasto si sofferma sull’offerta, e quindi sulle organizzazioni criminali che lucrano sul commercio, ma è disarmata rispetto alla domanda.
Il problema non è di poco conto, poiché sembra investire direttamente anche le classi dirigenti.
Nel 2008 nel mio libro “La formazione delle Èlite. Una pedagogia per la democrazia”, avevo affrontato “un tema solo apparentemente eccentrico: il rapporto droga e classe dirigente. A Londra è stata rinvenuta cocaina nei bagni della Camera dei Comuni; al Bundestag tedesco, su 28 toilettes, 22 sono risultate positive; in Italia, un sottosegretario ha confermato il consumo di cocaina da parte di parlamentari e il Garante della privacy ha bloccato la messa in onda di una trasmissione televisiva che sollevava il problema. Negli Stati Uniti anni fa si parlò persino di ‘maledizione bianca’, facendo riferimento al consumo di droghe da parte delle élite pubbliche e private. Il punto è questo: può essere sempre lucido e cosciente chi rappresenta le istituzioni pubbliche e svolge funzioni dirigenziali nella società facendo uso di sostanze stupefacenti, che, a lungo andare secondo molti laboratori di ricerca, possono provocare problemi cerebrali?. A ciò si aggiunga che, per procurarsi la droga, leggera o pesante, bisogna necessariamente entrare in contatto con chi la spaccia e dunque con ambienti criminali. Il problema esiste e bisogna necessariamente evidenziarlo”.
Da allora è aumentato il distacco tra cittadini e rappresentanti democratici, la complessità della famiglia e la fragilità degli adolescenti, dove si constata una doppia evasione dalla realtà: attraverso lo schermo e attraverso le droghe. Più che constatare dati che sono davanti agli occhi di tutti, ma che forse appunto per questo non vengono sufficientemente valutati, occorre capire e, possibilmente, individuare strategie di contenimento.
È facile purtroppo prevedere che il fenomeno della droga sia destinato ad aumentare, costituendo un tema di “preoccupazione universale”, al pari dell’ambiente e delle pandemie. È un fenomeno che incide pesantemente sulla sicurezza di un Paese, sia per il disagio sociale che provoca che per i proventi criminali che genera. Appunto per questo, i Servizi devono essere schierati in prima linea. Repressione, contrasto, prevenzione sono gli strumenti che abbiamo a disposizione.
Non certo immediato ma il più efficace è senz’altro la prevenzione, che non si può ridurre alla sola istruzione, peraltro erogata da istituzioni in crisi come scuola e università, ma è l’intero modello sociale di sviluppo che andrebbe ripensato. Infatti, il disagio creato dalla diffusione delle droghe e dall’espansione dell’intelligenza artificiale è una miscela che può diventare esplosiva.
Ritengo che questa non sia un’analisi pessimista ma realista. Pertanto, occorre essere belligeranti, elaborando con convinzione politiche nazionali e rafforzando collaborazioni internazionali, a cominciare da quelle europee.
Occorre quindi investire tempo, intelligenza e risorse in questa direzione. A metà degli anni Novanta, il presidente dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione della Germania Eckart Werthebach aveva previsto che il XXI secolo sarebbe stato distinto da una lotta senza quartiere tra stati legali e poteri criminali.
Un conflitto alimentato principalmente dal commercio della droga. Anche in questo settore tutto sta cambiando. Non siamo in presenza solo di coltivazioni di papaveri, eserciti di narcos, raffinerie clandestine, i paesaggi che dal Messico alla Birmania, dal Venezuela all’Afghanistan conoscevamo: oggi dobbiamo confrontarci con dannosissime droghe sintetiche che tramite il web arrivano a domicilio.
E, coincidenza significativa, con il ruolo centrale della Cina che nell’Ottocento combattè la guerra dell’oppio contro la Gran Bretagna, che ne voleva imporre il commercio dall’India, e che adesso sarebbe chiamata a opporsi alla diffusione letale del fentanyl.
Non tutti i problemi sociali hanno la stessa priorità. Il contrasto alla droga oggi rappresenta la priorità.