Il legislatore ha operato una chiara scelta di campo estendendo l’ambito dei controlli e l’esercizio di una funzione di vigilanza pubblica sul settore degli appalti di lavori privati. Si tratta di una sfida alla quale non è possibile sottrarsi per evidenti ragioni di interesse collettivo e di civiltà, in cui un ruolo non secondario sarà svolto anche dal giudice chiamato a valutare la ragionevolezza e proporzionalità di tali atti nel bilanciamento tra tutti gli interessi rilevanti. L’intervento dell’avv. prof. Aristide Police e avv. Filippo Degni, soci dello Studio Police & Partners
Le disposizioni varate dal Consiglio dei ministri in materia di sicurezza del lavoro offrono lo spunto per alcune riflessioni sul tema degli appalti nel settore privato. Come noto, le nuove previsioni sono state assunte sull’onda delle emozioni suscitate da recenti fatti di cronaca, purtroppo non infrequenti, riguardanti incidenti sui luoghi di lavoro dipendenti da violazioni delle norme sulla sicurezza.
Un possibile punto di partenza per inquadrare il recente intervento normativo è costituito dalla circostanza, per certi aspetti sorprendente, rappresentata dalla sostanziale omogeneità, dal punto di vista operativo, degli interventi nel settore edilizio pubblico e privato, alla quale sembra contrapporsi una non coincidente (e non trascurabile) efficacia del regime dei controlli.
È ragionevole ipotizzare che tale discrepanza sia riconducibile ad alcuni istituti tipici degli appalti pubblici, introdotti proprio al dichiarato scopo di assicurare la massima sicurezza dei luoghi di lavoro. È questo il caso del divieto, pena l’esclusione, di estendere il ribasso ai costi per la sicurezza che devono essere attentamente individuati nella fase di progettazione, oppure alla particolare funzione del direttore lavori, investito di compiti propri del pubblico ufficiale, al quale è demandato, in aggiunta al personale del committente pubblico (e delle altre Amministrazioni comunque preposte ai controlli in materia) di verificare che l’esecuzione dei lavori avvenga nel rispetto delle norme applicabili; ed ancora, sul versante degli operatori economici, l’obbligo di dotarsi della cosiddetta attestazione Soa, rilasciata da appositi organismi vigilati dall’Anac, che costituisce un indice rivelatore della solidità tecnica ed organizzativa dell’impresa.
L’introduzione di queste misure, d’altra parte, non può ritenersi priva di implicazioni economiche ed organizzative, contribuendo ad incrementare il costo degli interventi – a qualità invariata dell’opera finita – e di tempi realizzativi – a pari complessità – a fronte di quanto avviene nel settore privato.
Vale la pena di aggiungere, tuttavia, come anche nel settore degli appalti aggiudicati nei cosiddetti “settori speciali”, ossia in quegli ambiti nei quali i committenti sono anche grandi imprese pubbliche o concessionari che svolgono attività a scopo di lucro, l’attenzione al tema della sicurezza e della prevenzione degli incidenti sia divenuto prioritario nelle procedure di selezione degli appaltatori.
Spesso, infatti, vengono istituiti albi fornitori il cui accesso è subordinato al possesso di appositi requisiti di formazione dei dipendenti e di altre attestazioni idonee a dimostrare adeguate capacità di esecuzione in sicurezza di interventi complessi o rischiosi. Qualora si verifichino incidenti sui luoghi di lavoro, a seconda della gravità dell’evento e delle relative conseguenze, i committenti possono sospendere, oppure anche escludere dall’albo il fornitore ritenuto responsabile di violazioni delle norme sulla sicurezza. Questi provvedimenti hanno di regola carattere temporaneo e possono essere rimossi una volta che l’impresa privata dimostri di avere adottato i rimedi opportuni per prevenire il ripetersi di tali eventi.
I fornitori iscritti negli albi fornitori sono pertanto incentivati a rispettare rigorosi standard di sicurezza, dal momento che solo adottando modelli organizzativi e di formazione dei lavoratori validi ed efficaci si previene il rischio di perdere la possibilità di contrattare con i committenti pubblici.
In realtà, sin dal 2008 era stato previsto una sorta di sistema premiale anche per il settore privato che, tuttavia, non era mai decollato, sia per l’assenza dei provvedimenti applicativi, sia per la sovrapposizione con altri strumenti atti a incrementare la sicurezza (si pensi, ad esempio, ai modelli organizzativi ex d.lgs. n. 231/01), sia, infine, per la scarsa attrattività di presidi che, pur comportando un aggravio dei costi d’impresa, non assicurava alle aziende un corrispondente vantaggio competitivo, sotto forma di possibilità di eseguire certe tipologie di interventi solo se in possesso di una specifica attestazione o qualificazione.
Le nuove disposizioni, in parte riprendendo proposte già formulate nel passato più o meno recente, evitano di estendere un sistema di qualificazione delle imprese analogo a quello richiesto per partecipare agli appalti di lavori pubblici, imponendo il possesso di requisiti minimi limitati (come l’iscrizione alla Camera di commercio, la regolarità contributiva e fiscale, nonché l’adempimento di obblighi formativi dei dipendenti) e introducendo invece una “patente a crediti”.
I crediti sono decurtati in caso di accertamento di violazioni ovvero al verificarsi di infortuni da cui derivi la morte ovvero l’inabilità temporanea o permanente, parziale o assoluta per fatti ascrivibili alla responsabilità del datore di lavoro. È prevista, inoltre, sia la possibilità di reintegrare i crediti frequentando appositi corsi organizzati dall’Ispettorato nazionale del lavoro, sia la facoltà dello stesso Ispettorato di sospendere in via cautelativa la patente fino ad un massimo di dodici mesi nei casi più gravi.
Qualora i crediti scendano sotto una certa soglia, all’impresa non è più consentito di operare nei cantieri, fatto salvo il completamento delle attività in corso al momento dell’ultima decurtazione e fino al recupero di crediti sufficienti al minimo previsto.
Ad un primo sguardo, l’intervento normativo è certo da salutare con favore, essendo diretto a colmare il gap nei requisiti richiesti alle imprese che operano nel settore privato rispetto alle aziende attive nell’ambito degli appalti pubblici (non a caso, i soggetti titolari di attestazione Soa sono esentati dal richiedere la patente a crediti). Restano aperti alcuni dubbi sull’effettività di tali misure, la cui efficacia dipende in parte dalla capacità delle amministrazioni competenti di effettuare controlli stringenti per verificare il rispetto delle norme sulla sicurezza e, in parte, dalla concreta attitudine dei corsi a formare i destinatari, così da prevenire il rischio del ripetersi di incidenti ed infortuni.
Sul versante delle imprese, infine, non possono nascondersi alcuni aspetti critici: nei casi più gravi è possibile che l’attività sia sospesa – o interdetta – e ciò potrebbe comportare effetti dirompenti sulla continuità aziendale, con gli intuibili effetti negativi sui lavoratori impiegati. Le misure varate rimandano anche a successivi interventi dell’Ispettorato nazionale del lavoro per la concreta declinazione delle fattispecie e la gradazione delle misure ed è auspicabile che si coniughi l’esigenza del massimo rigore nella repressione delle violazioni con la tutela della filiera delle imprese e dei loro dipendenti fronte di provvedimenti potenzialmente idonei a determinare il fallimento delle aziende.
Indubbiamente, il legislatore ha operato una chiara scelta di campo estendendo l’ambito dei controlli e l’esercizio di una funzione di vigilanza pubblica sul settore degli appalti di lavori privati. Si tratta di una sfida alla quale non è possibile sottrarsi per evidenti ragioni di interesse collettivo e di civiltà, in cui un ruolo non secondario sarà svolto anche dal giudice chiamato a valutare la ragionevolezza e proporzionalità di tali atti nel bilanciamento tra tutti gli interessi rilevanti.