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Tra le aziende quotate in Italia solo una è guidata da una donna

Di Francesco Tedeschi

Questa la fotografia scattata dal report Route to Top, un’indagine condotta da Heidrick & Struggles – società di head hunting leader globale nella ricerca di executive – sulla figura dell’amministratore delegato di oggi in Europa, America, Asia e Africa

In Italia il 50 % degli amministratori delegati ha più di 50 anni, è maschio e resta in carica in media per quasi dieci anni; tra i 40 ceo delle quotate a Piazza Affari solo 4 di loro sono stati selezionati per il ruolo quando avevano meno di 45 anni. La maggior parte ha esperienze pregresse in ruoli apicali, in particolare nel ramo esecutivo (50%) piuttosto che in quello finanziario (10%) e operativo (20%). Per quanto riguarda invece le figure femminili, su 40 aziende quotate solo il 3% degli amministratori delegati è donna.

Questa la fotografia scattata dal report Route to Top, un’indagine condotta da Heidrick & Struggles – società di head hunting leader globale nella ricerca di executive – sulla figura dell’Amministratore Delegato di oggi in Europa, America, Asia e Africa.

Nel nostro Paese, negli ultimi 3 anni, è diminuito il tempo passato in azienda prima di diventare AD (da 9 anni in media del 2019 ai 6 anni del 2023) ed è aumentato, invece, il tempo che si trascorre nel ruolo: dai 6 anni nel 2019 si è passati lo scorso anno a 8. Per quanto concerne l’età anagrafica, nonostante possa apparire alta (51,8), dalla ricerca emerge chiaramente come questa sia in media con quella europea. Spicca, in questo senso, l’Irlanda dove, nel 44% dei casi, l’amministratore delegato è stato scelto quando aveva meno di 45 anni. “Sebbene in linea con la media europea, a nostro parere – spiega Niccolò Calabresi, Managing Partner Southern Europe Heidrick & Struggles – l’età degli AD italiani, potendo contare su nuove figure talentuose e più vicine ai 40 anni, risulta ancora troppo elevata. Così come troppo lungo il tempo di permanenza in quel ruolo”. Da qui si evince come vi sia un cambio generazionale pressoché inesistente che influenza anche le rotazioni sottostanti. Si tratta di “una condizione che spesso impedisce una contaminazione di idee che porta con sé strategie innovative necessarie per rendere alcune realtà nostrane più competitive e attrattive” spiega Calabresi.

Altro dato che emerge a chiare note dal report, inoltre, è il ruolo marginale femminile nel processo decisionale delle aziende. Nonostante siano stati fatti passi importanti dall’approvazione della Legge Golfo-Mosca, e quindi sempre più donne siedano nei consigli di amministrazione, delle 40 aziende italiane quotate solo il 3% risulta essere guidata da una donna. E per gli anni 2021 e 2022 non risultano neppure candidate per ricoprire questo incarico. Il dato, a ben vedere, però è in linea con altri paesi europei come la Germania (3%), ma è decisamente inferiore al dato di Francia (8%), Finlandia (13%) e Danimarca (13%) dove la percentuale di donne amministratrici delegate è maggiore. La diversità di genere – spiega Calabresi – nei posti di comando è un tema su cui si è intervenuto di recente, motivo per cui vedremo dei risultati tra un po’. “Si tratta di un processo avviato di recente dalle aziende ma già a livello manageriale possiamo dire con certezza che la situazione è molto cambiata rispetto a dieci anni fa, quando le donne nei posti C Level si contavano sulle dita di una mano”.



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