Un’altra classifica non troppo confortante per il nostro sistema economico e giuridico. L’Italia è al 47° posto dell’Indice Internazionale sui Diritti di Proprietà (International Property Rights Index 2013) presentato oggi a Washington dalla Property Rights Alliance. Cosa significa? Per le imprese e la ricerca italiana che le tutele della proprietà – intellettuale e materiale – presenti nel nostro Paese non favoriscono la competitività né gli investimenti esterni.
Cosa, e chi, calcola l’indice
L’indice è stato calcolato dalla Property Rights Alliance di cui fa parte anche la compagnia italiana “Competere.EU” e misura in che modo viene tutelata la proprietà nei 131 Paesi interessati dallo studio (rappresentano più del 98% del Pil mondiale e il 93% della popolazione).
“La situazione del nostro paese – hanno dichiarato il Presidente di Competere.EU e docente in Business Administration alla John Cabot Unviersity, Pietro Paganini e il Segretario Generale Roberto Race – è molto preoccupante. In questi anni gli altri Paesi del G7 hanno migliorato il loro sistema di tutela della proprietà mentre in Italia si è fatto troppo poco. Rispetto agli anni precedenti alcuni indicatori sono positivi, ma non bastano rispetto a quanto fanno altre regioni Il nostro tessuto imprenditoriale è sempre più a rischio: le PMI non sono in grado di tutelarsi da sole”.
L’Italia e il resto del mondo
La posizione del Bel Paese non è confortante, in classifica subito dopo il Ruanda, e seguita da Giordania e Lituania, ha visto regredire la sua posizione a differenza degli altri paesi del G7 e dell’Unione Europea che hanno messo al centro dei loro programmi la tutela della proprietà. Ad aprire la classifica è, infatti, la Finlandia con un punteggio di 8.6 al secondo posto la Svezia (8.4) e a seguire Gran Bretagna e Germania al dodicesimo e quattordicesimo posto (rispettivamente 7.8 e 7.7). Gli Stati Uniti, con 7.6, si trovano al diciassettesimo posto mentre Francia e Spagna si posizionano rispettivamente al ventesimo e trentesimo con 7.3 e 6.5. L’indice italiano è di soli 6.1 punti.
I tre indicatori che compongono l’indice
Il primo indicatore riguarda l’ambiente politico e giuridico, il secndo lo stato della regolamentazione dei diritti di proprietà fisica e il terzo riguarda la proprietà intellettuale.
Il punteggio italiano non è confortante in nessuno dei tre indici: 5.6 e cinquantunesimo posto per il primo, 6.1 e sessantaquattresimo posto per il sencondo e 6.6 con trentunesimo posto per il terzo.
Il presidente di Competere.EU Paganini ha dichiarato che “lo studio mostra che esiste una relazione diretta tra il grado di tutela della proprietà e la prestazione economica – continua Paganini – in particolare, si può notare che i paesi con un regime di diritti di proprietà più efficace crescono più in fretta e sono più competitivi, la Finlandia e i paesi del Nord Europa su tutti, la Svizzera, Singapore e i paesi di origine anglosassone in generale. Questa relazione è verificata nel rapporto IPRI attraverso tre principali indicatori economici (Reddito Pro Capite, Prodotto Interno Lordo ed Investimenti Diretti Esteri ricevuti), e si rivela positiva in tutti e tre i casi”.
Anche le parole di Roberto Race sottolineano la necessità che l’Italia “faccia di più per creare un ambiente normativo favorevole alla crescita”. E continua commentanto gli indici: “Appare chiaro che l’area più critica nel nostro Paese è quella relativa al primo indicatore. Anche la proprietà fisica appare insufficientemente regolata, mentre quella intellettuale in proporzione è quella più efficacemente salvaguardata”.