Il curriculum vitae in formato europeo lo detesto. Brutta la grafica, penalizzanti i campi, lungo, standardizzato, sostanzialmente freddo. Consiglio sempre a tutti un formato personale, caldo, che rispecchi la mentalità di chi lo scrive. E che sia più simile a una risposta che a una domanda. Come fece Leonardo… Il commento di Andrea Laudadio
Leonardo è un giovane di trent’anni che lavora in una delle “aziende” più affermate d’Europa. Il suo ceo è Magnifico, non si potrebbe chiedere di meglio. Eppure, la situazione gli sta “stretta”: ha già eguagliato in bravura il suo “capo diretto”, un tale Verrocchio, e non gli dispiacerebbe trasferirsi, cambiare aria, alla ricerca di nuovi stimoli. La sua motivazione si è incrinata a causa di alcune scelte gestionali e organizzative che non lo hanno soddisfatto. Chi di noi non si è mai trovato in una situazione emotiva di questo tipo?
Ha sentito parlare di una “start-up” milanese in cui un astro nascente si sta imponendo agli onori della cronaca: Ludovico Maria Sforza cui fin da piccolo, per la sua carnagione, hanno affibbiato il soprannome di “il Moro”. Leonardo è deciso a fare il salto. La sua modesta estrazione gli ha donato la “cazzimma” per fare colpo a distanza sul Moro. Così decide di inviargli il suo curriculum vitae.
Forse oggi avrebbe scaricato il formato Europass del Cv da uno dei tanti siti disponibili e si sarebbe seduto al suo pc per compilarlo con accuratezza: titoli di studio, esperienze, competenze comunicative, autovalutazione delle competenze linguistiche e via dicendo, stando attento a non “sformattare” ma anche a inserire con precisione le date di inizio/fine di ogni esperienza. Ma per fortuna di Leonardo (e anche nostra) nel 1482 non era ancora disponibile il “formato europeo” e – a dirla tutta – il Cv non era proprio così diffuso. Forse il suo era proprio il primo.
Così il nostro Leonardo si rivolge ad un amico e si fa aiutare a scrivere il primo Cv della storia. E come molte delle cose pensate da lui, è un’opera geniale.
Il Cv, scritto in forma di presentazione diretta, si apre con un benchmark. Gli dice chiaramente: “Tutti quelli che dicono di essere inventori di armi innovative non hanno creato nulla di nuovo” e ora ti elenco quelli che sono i miei segreti e le mie capacità.
Da quello che sa del suo interlocutore, Leonardo immagina quali possano essere i bisogni e i desideri del Moro, uomo d’armi e di guerra. In nove punti sintetici racconta le proprie capacità di innovazione bellica: dai ponti ignifughi portatili (buoni per l’attacco quanto per la fuga) alle bombarde in grado di sbriciolare ogni fortificazione e far piovere sul nemico una tempesta di colpi. In modo molto stringato parla di macchine d’assedio, carri armati per creare lo sconcerto nelle file nemiche e catapulte. Armi buone per la guerra, sulla terra e sul mare.
Infine, al decimo punto, si dedica al tempo di pace. Racconta di come potrebbe incidere sull’urbanistica concreta della città e di come abbellirla con straordinarie opere d’arte, tanto da chiudere con la promessa adulatoria di un monumento equestre che consacrerà al ricordo immortale il padre scomparso di Ludovico.
Leonardo forse immaginava l’effetto sull’interlocutore del suo curriculum e forse anche sui suoi consiglieri. Dopotutto, c’è sempre qualcuno vicino a chi decide che dice: “Ma sarà vero?”.
Per questo capisce che la chiosa finale, dopo tante promesse di innovazione, deve essere concreta: se le cose che ho promesso sembrano impossibili o irrealizzabili, sono disposto a fornire una sperimentazione, in qualunque luogo. Leonardo offriva la demo gratuita del suo genio!
Poco più di 500 parole e di tremila caratteri, spazi inclusi (fino a questo punto dell’articolo, io ne ho usati di più). E tutto senza mai parlare di cosa si è fatto, ma solo di cosa si saprebbe e si potrebbe fare. Alla faccia dell’Europass e dei suoi campi formattati.
Io il curriculum vitae in formato europeo lo detesto. Brutta la grafica, penalizzanti i campi, lungo, standardizzato, sostanzialmente freddo. Consiglio sempre a tutti un formato personale, caldo, che rispecchi la mentalità di chi lo scrive. E che, come quello di Leonardo, sia più simile a una risposta che a una domanda. Nel senso che se il Cv europeo è una domanda (“Vado bene per lavorare da te?”) il vero Cv dovrebbe essere una risposta (“questo è quello che potrei fare per il tuo bisogno, cioè sono io quello giusto!”).
Per questo motivo non c’è nulla di più freddo (e sbagliato) di un Cv “universale” buono per tutte le stagioni e per tutti i possibili destinatari. È come se fornissimo la stessa risposta a qualsiasi domanda ci venisse posta. Bisogna avere “dei” Cv e non “il” Cv. Non serve inviare il proprio Cv: bisogna saper rispondere.
L’Europass ha trovato il suo momento di popolarità quando, nei primi anni 2000, cercare lavoro equivaleva essenzialmente all’azione (che poi abbiamo imparato a classificare come “spam”) di “inviare” il proprio curriculum. I più bravi al massimo modificavano la lettera di presentazione. Abbiamo intasato migliaia di caselle postali di aziende più o meno grandi con dei Cv dozzinali, impersonali, scialbi e monotoni, presupponendo che il nostro talento potesse in qualche modo emergere tra le sapienti mani di un selezionatore sommerso da migliaia di Cv inviati. L’appiattimento ha prodotto un focus su titoli ed esperienze. Dubito che qualche selezionatore abbia scelto come migliori i Cv che indicavano come hobbies la lettura o l’andare in bicicletta.
Per non parlare della tristezza e dello sconforto in cui ci siamo trovati in tanti, accumunati dall’essere alla prima esperienza e non riuscire a compilare i campi centrali del Cv.
La combo tra “spedizione a costo zero” e Cv europeo è stata dannosissima per un’intera generazione che – esclusa dal lavoro – si interrogava su cosa avesse di sbagliato rispetto ad altri che lavoravano. Forse abbiamo anche fatto un danno al sogno europeo. Sempre per questa generazione, l’Europa è stata sostanzialmente due standard: una moneta unica e un formulario nel quale provare a infilare la propria vita fatta a pezzetti. Come possiamo dire al contempo ad una persona: sei unico ma lascia da parte la tua unicità e compila questi campi?
Vent’anni dopo l’errore si sta ripetendo. Questa volta, mossi a compassione verso i poveri selezionatori sommersi dai Cv, qualche genio dell’informatica ha trovato in questa valutazione un terreno fertile per l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale. Crescono come funghi start-up (meno dinamiche di quella de Il Moro) che favoleggiano di screening basati sull’AI per la ricerca del candidato ideale. Chissà se questi prodigiosi ritrovati della tecnologia avrebbero preso (o scartato) il giovane di trent’anni che cercava di cambiare “ditta” e, soprattutto, di cambiare il mondo.