Intervista alla giornalista Valentina Pelliccia, autrice di “Zucchero filato”, edito da Pagine. Un romanzo sull’adolescenza ferita dalla violenza
I primi amori, la famiglia, l’amicizia. Valentina Pelliccia, giornalista e scrittrice, racconta nel suo libro la spensieratezza adolescenziale, ferita dalla violenza metropolitana. “Zucchero filato”, con la prefazione del prof. Pietro Magno, è stato premiato nel 2020 nella sezione Narrativa del secondo Concorso Letterario “Tre Colori”, all’interno della XXII edizione del Festival Internazionale cinematografico “Inventa un Film” ed è stato ripubblicato dalla casa editrice Pagine, dopo la prima stesura del 2004. Sulla scrittura e sui temi del romanzo Formiche.net ha intervistato l’autrice.
Nel suo romanzo la protagonista è inghiottita dalla violenza che ha subito. Ma qualcosa di puro viene lasciato: la sua sensibilità che si esprime attraverso lo scrivere. La scrittura quindi come terapia?
Il mio romanzo non è autobiografico, ma reputo che la scrittura possa essere una vera e propria “terapia”: se indirettamente con le tue parole riesci ad aiutare gli altri, trasmettere messaggi importanti e di speranza, ecco che il tuo mestiere di scrittore non è stato inutile.
Colette (la protagonista del volume) sembra avere un bel rapporto con la sua famiglia eppure non riesce a parlare apertamente della causa del suo dolore, dopo il dramma che la colpisce, con i suoi genitori. La conferma che parlare di alcune cose è un percorso complesso e personale?
Al giorno d’oggi si fa ancora molta fatica a parlare (di molestie e altro). Spesso la donna che subisce molestie (lo scrivo da giornalista, a seguito di interviste fatte a donne oggetto di soprusi) fa fatica a parlare. Ha paura. E la società non aiuta, perché spesso si sente dire: “Quella donna se l’è cercata”. In realtà, nulla giustifica un simile comportamento ai danni di una donna. E sicuramente sì, spesso si fa fatica a parlare anche e soprattutto con la propria famiglia, con la propria madre.
Dalla famiglia, all’amore, all’amicizia. Colette non è mai sola. Pur essendo un racconto intimo, la protagonista è comunque circondata da molto affetto. È forse questo che fa la differenza nell’affrontare ogni ostacolo?
Certamente. Ma il dato in assoluto più rilevante è la forza interiore di questa ragazza. L’affetto è fondamentale ma la componente che è più da ricercare e ammirare è la propria forza interiore. Questa ti rende invincibile.
L’adolescenza e la vivacità di quell’età squarciate dal fato. Però lei nel narrare questa tragedia, lascia la felicità e la speranza affacciarsi nella storia. Quindi il destino secondo lei può essere cambiato e dare una seconda possibilità?
Assolutamente sì. La vita è un dono meraviglioso, noi dobbiamo lottare con tutte le nostre forze e soprattutto non perdere mai la speranza, quella luce di purezza negli occhi che ci mantiene vivi.