Skip to main content

Medicina narrativa, quando il racconto diventa cura

Al via il primo appuntamento del ciclo di eventi MioDottore Connect sulla Medicina narrativa. Ecco chi c’era e cosa si è detto

“La medicina comincia con un racconto – scriveva Siddartha Mukherjee – perché i pazienti raccontano storie per descrivere la malattia, i medici per comprenderla, e la scienza per spiegarla”. Così Amalia Egle Gentile, responsabile del progetto LIMeNAR  dell’Istituto superiore sanità (Iss), introduce l’evento “Prevenzione, salute e medicina narrativa in Italia: quali scenari – conoscenze ed esperienze cliniche a confronto” promosso da MioDottore connect, la community della sanità digitale del gruppo Docplanner in Italia, in collaborazione con la Società italiana di medicina narrativa (Simen). Un’importante occasione di confronto e dibattito tra i principali esperti ed esponenti politico-istituzionali sul tema della medicina narrativa. Un cambio di paradigma fondamentale che pone al centro l’elemento della narrazione come strumento di cura della persona con patologia e di chi le sta accanto, nel perseguimento di una sanità più equa e sostenibile, fondata sulla partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti.

OLTRE LA MALATTIA

“La medicina narrativa è di tutti – ha esordito Stefania Polvani, presidente della società italiana di medicina narrativa (Simen) – perché si dota di quelle abilità narrative che tutti possiedono: il linguaggio, la comunicazione, la relazione e l’ascolto”. E negli ultimi anni ha acquisito una sempre maggiore rilevanza in Italia, l’unico Paese ad avere una società scientifica dedicata. Eppure, la quasi totalità dei pazienti (96%) e la maggioranza dei medici (56%) non conosce la medicina narrativa.

L’INDAGINE NAZIONALE

È quanto emerge dall’indagine condotta da Digital narrative medicine (Dnm), presentata da Cristina Cenci, founder di Dnm. La survey, diffusa all’interno del network di MioDottore, ha coinvolto 2.281 pazienti e 224 curanti per misurare, in chiave comparata, il grado di conoscenza, le valutazioni e le aspettative reciproche di medici e pazienti associate alla medicina narrativa in Italia. Interessante notare come la scarsa conoscenza non dipenda da un disinteresse verso il tema che, anzi, in questa fase di trasformazione della sanità emerge come una risorsa prioritaria e che, nelle aspettative di medici e pazienti, può favorire la personalizzazione delle cure e migliorare la prevenzione. Per più di metà dei pazienti (60%) e curanti (58%) la telemedicina e le tecnologie digitali possono facilitare la diffusione della medicina narrativa in Italia. Tra i principali ostacoli nella percezione di pazienti e curanti, al primo posto l’esigenza di una formazione specifica (72%) e, a seguire, la mancanza di tempo (49%), oltre alle resistenze nell’adozione di nuove metodologie da parte dei medici e la mancanza di supporto istituzionale.

LIMENAR: LA MAPPATURA DEI PROGETTI

L’importanza di una personalizzazione della cura non solo clinica, ma anche psico-sociale, basata su esigenze, bisogni e aspettative di ogni persona è il core della medicina narrativa. Una pratica, questa, che ha trovato il primo riconoscimento già nel 2015 all’interno delle linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa nella pratica clinica promosse dall’Iss, che ha inoltre avviato il progetto di ricerca LIMeNar per mapparne l’utilizzo e valutare la diffusione delle linee di indirizzo. La medicina narrativa si integra con l’evidence-based medicine (Ebm) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate.

NAME, IL CASO PIEMONTE

“La medicina narrativa deve essere vissuta come una tecnologia al servizio del sistema”, ha commentato Mariateresa Dacquino, responsabile dell’infrastruttura di ricerca, formazione e innovazione del dipartimento attività integrate, ricerca e innovazione (Dairi), che ha illustrato il caso della regione Piemonte. Il progetto Name, il primo in Italia finalizzato a misurare l’impatto della medicina narrativa nella formazione e nella pratica clinica, si svolgerà in quattro città, Novara, Torino, Alessandria e Cuneo, dove saranno allestiti appositi laboratori narrativi. Oltre allo sviluppo della formazione sulla medicina narrativa – ha continuato la Dacquino – saranno individuati e verificati specifici indicatori come  la rivisitazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta), il mglioramento dell’aderenza alle terapie da parte dei pazienti e la riduzione della conflittualità tra professioniti, pazienti e curanti.

PREVENZIONE E DIALOGO

La medicina narrativa è un pilastro fondamentale per coinvolgere i pazienti nei processi di cura e, soprattutto, nella prevenzione. Come ha ricordato Ylenia Zambito, segretario della commissione Affari sociali del Senato: “In Europa si parla sempre di più di inserire negli studi clinici non solo i risultati medici, biologici e relativi all’efficacia di un farmaco ma anche il punto di vista del paziente durante la cura”. Un paziente più consapevole può trasmettere la propria esperienza agli altri: “è un momento di condivisione che fa bene a entrambi, a chi racconta e a chi ascolta”, ha concluso la senatrice.

OLTRE IL MODELLO “OSPEDALOCENTRICO”

Sul ruolo della medicina del territorio, è intervenuto Andrea Costa, esperto in strategie di attuazione del Pnrr, missione 6, del ministero della Salute: “Dobbiamo uscire dalla visione ospedalocentrica che ha caratterizzato la sanità negli ultimi anni, avvicinando i servizi ai cittadini”. “Per ripensare il sistema sanitario nazionale – ha commentato Mauro Zampolini, direttore del dipartimento di riabilitazione della Usl Umbria2 – la medicina narrativa deve essere concepita come elemento trainante di una nuova visione della sanità”. In questo, secondo Costa, “l’utilizzo delle nuove tecnologie e della telemedicina può aiutare a recuperare il tempo da dedicare al rapporto di cura”, che ha aggiunto “il tempo più prezioso è senza dubbio quello dedicato al rapporto tra le persone”.

STORIA DELLA CURA: CLINICI A CONFRONTO

Non è mancata la voce di clinici, professionisti e associazioni dei pazienti per raccontare il ruolo della medicina narrativa nel garantire l’efficacia della cura, l’allenza terapeutica e la compliance del paziente alla terapia. “Il racconto del paziente aiuta anche i clinici – ha commentato Raffaella Pajalich, endocrinologa – perché mette in luce ciò che non possiamo non sapere dei pazienti ma che spesso non trova spazio nella cartella clinica”. Nella presa in carico del paziente pediatrico, Cinzia Grassi ha evidenziato quanto “nella pluralità di voci, occorre saper riconoscere e gestire la diversità del racconto dei genitori e dei figli, tenendo conto altresì dei linguaggi non verbali e delle differenze di etnie, culture e tradizioni a cui la comunicazione va adeguata”. Per Mario Cerati, medico chirurgo specialista in odontoiatria, è fondamentale “capire, al di là del bisogno di cura, quale sia il bisogno di salute del paziente e co-costruirlo”. Al panel hanno partecipato, tra gli altri, Valentina Cervi, medico di famiglia, Giovanni Ruoppolo, otorinolaringoiatra, e Pietro Giurdanella, consigliere del comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) che ha ricordato l’importanza di far entrare nella dimensione di cura anche i professionisti del sociale.

SINERGIE NARRATIVE

La medicina narrativa va oltre la raccolta di dati clinici tradizionali, abbracciando la complessità dell’esperienza umana. Marina Morbiducci, patient advocate di IncontraDonna, ha messo in luce il potere catartico della narrazione ma soprattutto la funzione terapeutica del momento di incontro e di ascolto, sia nella comunicazione di una diagnosi sia durante il percorso di cura.

LA SFIDA DEL TEMPO

“Il grande assente nella medicina narrativa è il tempo”, ha dichiarato Adolfo Panfili, ortopedico, evidenziando l’urgenza di “restituire tempo alla relazione medico-paziente ma anche presenza ed empatia”.

LA CURA CHE VORREI

Empatia, fiducia, ascolto e tempo. Queste le coordinate per tracciare la rotta verso una nuova storia di cura. “La medicina narrativa avrà una sfida vinta nel futuro se cittadini e curanti andranno di pari passo”, ha concluso Stefania Polvani, auspicando una collaborazione stretta con il mondo delle associazioni e dei pazienti.



×

Iscriviti alla newsletter