Summit internazionali o no, il messaggio ultimamente è sempre lo stesso. Studiare una regolamentazione finanziaria uniforme a livello internazionale così da evitare nuove crisi devastanti. Peccato che i trader ne sappiano una più del diavolo, o quantomeno, degli esperti che vorrebbero legar loro le mani assoggettandoli a discipline ferree. E così, lo scambio dei derivati ad alto rischio sfugge dalle mani delle banche, sotto lo sguardo delle autorità di controllo, e passa in quelle dello shadow banking. Una fuga dal rischio che si mangia la coda, in sostanza.
Il ruolo dello shadow banking
Le istituzioni finanziarie ombra, l’insieme di intermediari non bancari che fornisce servizi simili alle banche commerciali tradizionali e che comprende fondi speculativi (fondi del mercato monetario e veicoli di investimento strutturato, Siv) hanno approfittato dell’ondata di nuove leggi per fare la parte del leone nel business dei derivati, rubando il posto, e i profitti, alle grandi banche.
Il mercato Over The Counter
I banchieri, spiega il Financial Times, temono che questo trend, sostenuto da una disciplina più dura sui capitali per le banche, possa solo rafforzarsi man mano che le nuove regole entreranno in vigore con l’obiettivo di incoraggiare gli accordi bilaterali Over The Counter (Otc, il complesso delle operazioni di compravendita di titoli che non figurano nei listini di borsa, la cui funzionalità è organizzata da alcuni attori, e le cui caratteristiche dei contratti che vengono negoziati non sono standardizzate. Il Nasdaq è un esempio di mercato Over the Counter) a passare ai mercati regolamentati, dove il princing è più trasparente.
“C’è stato un sostanziale aumento del numero di piccole banche e hedge fund che operano in questo settore”, ha detto un manager di una banca d’investimento al Financial Times. “E ciò ha permesso di abbassare lo spread, che è una buona notizia per i clienti ma meno per noi”.
I dati della Bank for International Settlements
Per ora, il mercato Otc resta dominante in due aree di derivati che continuano a crescere, quella dello scambio valutario e dei tassi d’interesse. Ed anche qui le banche sono sotto attacco, con il settore dello shadow banking che, secondo i dati della Bank for International Settlements (Bis), ha raggiunto per la prima volta oltre il 50% sia degli interessi che del FX trading. I dati mostrano anche che i volumi relativi ai tassi d’interesse sono cresciuti di un terzo rispetto all’aprile del 2007, appena prima del picco della crisi finanziaria, e del 10% dall’aprile del 2010. Stesso trend per il Fx trading, salito di quasi un terzo negli ultimi tre anni e del 60% dal 2007.
Il crollo dei ricavi delle banche
Ma nonostante un aumento del traffico degli scambi, i ricavi delle banche sono crollati. Secondo la società di ricerca Coalition, i ricavi per il trading di tassi d’interesse delle 10 maggiori investment bank sono scesi del 30% negli ultimi tre anni da 16,5 miliardi di dollari nella prima metà del 2010 a 11,5 miliardi nel primo semestre del 2013. Un flusso che nel 2012 ha rappresentato circa un quinto delle entrate delle investment bank a livello globale.
Meno competenza nelle transazioni
Ma non tutti i “non banchieri” sono entusiasti. Don Wilson, a capo della società di trading indipendente Drw, ha spiegato: “Forzare il capitale di rischio al di fuori del sistema significa che stiamo assistendo a una valutazione estrema e molto più veloce dei titoli da parte dei mercati, a causa di un supporto inferiore dei dealers. Ciò implica che gli investitori devono cambiare il modo con cui gestiscono rischi e scambi e questo potrebbe influenzare negativamente i volumi Otc e i derivati”.
Londra, Queen of derivatives
Questo cambiamento avviene mentre Londra tira fuori gli artigli per rimanere la regina del commercio dei derivati. Secondo la Bis il 40-50% degli scambi globali avviene nella City. E lo scettro resterà sulle rive del Tamigi nei prossimi anni, dato che le due più grandi società di swap, Lch.Clearnet e la coppia americana Cme Group e IntercontinentalExchange si stanno preparando per ampliare le loro operazioni a Londra.