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La Cina convoca Graham Allison per evitare lo scontro con gli Usa

Il professore di Harvard accolto dalla leadership cinese, orfana dell’amico Kissinger. L’auspicio del Partito è che aziende e accademici possano aiutare a migliorare i rapporti con gli Usa ed evitare la trappola di Tucidide. Xi fa appello ai manager ma molti di loro sono a capo di società che il suo governo vuole limitare in nome dell’autarchia tecnologica

La trappola di Tucidide non è inevitabile, ha detto a ottobre il leader cinese Xi Jinping incontrando una delegazione bipartisan del Senato statunitense guidata dal leader della maggioranza Chuck Schumer. Per spiegarla e forse anche per evitarla Wang Yi, ministro degli Esteri cinese, ha incontrato a Pechino chi per primo ha applicato questa immagine ai rapporti tra le due superpotenze e al rischio che le tensioni sfociano inevitabilmente in una guerra aperta: Graham Allison, professore alla Harvard Kennedy School.

Le parole di Allison

La diplomazia, rimasta orfana di un amico come l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger scomparso a novembre, ha diffuso un resoconto dell’incontro. In particolare, ha voluto precisare Allison su X, delle dichiarazioni iniziali di Wang, che è anche membro del politburo del Partito comunista cinese, a cui è seguita “una conversazione di quasi un’ora, privata, schietta e non registrata, sui modi in cui la Cina sta seriamente cercando di sfuggire alla trappola di Tucidide”. “Nella mia ricerca di vie d’uscita dalla trappola di Tucidide, sto trovando molte intuizioni e indizi sia nella storia che nella filosofia cinese, che storicamente ha avuto la capacità di abbracciare le contraddizioni e la complessità”, ha scritto ancora Allison. “Queste sfumature potrebbero offrire una guida concettuale per una relazione destinata a essere la più accesa rivalità di tutti i tempi, ma anche una solida partnership in un mondo in cui la sopravvivenza di ciascun rivale richiede una significativa cooperazione con l’altro”, ha aggiunto.

La nota cinese

Non deve sorprendere la precisazione di Allison, considerata la nota cinese in cui si legge: “Il professor Allison ha dal canto suo affermato che i tre principi per lo sviluppo delle relazioni sino-americane presentati dal presidente Xi Jinping sono molto importanti e istruttivi. Egli spera di acquisire una comprensione più profonda della storia e della cultura cinese e di comprendere meglio la politica estera cinese”. Dallo stesso comunicato si apprende che Wang ha auspicato che Cina e Stati Uniti affrontino “le sfide globali e costruire relazioni più stabili, sane e sostenibili” senza dimenticare di avere storie e culture completamente differenti che rendono possibile giudicarsi a vicenda secondo i propri parametri (si riferisce ai diritti umani?). Inoltre, ha sottolineato il ruolo del mondo accademico, che può “rafforzare la ricerca sul modo corretto di andare d’accordo tra Cina e Stati Uniti, sulla  comunità umana dal futuro condiviso, proponendo idee costruttive che vadano oltre le tradizionali teorie delle relazioni internazionali”.

Focus: investimenti

Le parole di Wang e i suoi incontri con Allison e con Evan Greenberg e Stephen Orlins del National Committee on U.S.-China Relations seguono le promesse del governo cinese di parità di trattamento per aziende e investitori stranieri, spaventati tanto dalle tensioni geopolitiche quanto da alcune strette decise da Pechino (come la legge sul segreto di Stato che amplia enormemente i poteri dell’autorità). Secondo l’amministrazione statale dei cambi, gli investimenti diretti esteri netti in Cina sono crollati dell’80% a 33 miliardi di dollari l’anno scorso.

L’incontro con Xi

Wang sedeva alla destra del leader durante l’incontro con un gruppo di grandi manager e leader d’impresa statunitensi, tra cui Tim Cook di Apple, Stephen Schwarzman di Blackstone, Cristiano Amon di Qualcomm e Darren Woods di ExxonMobil. Tutti presenti al China Development Forum di domenica e molti di questi a capo di aziende che il governo cinese sta cercando di limitare in nome dell’autarchia tecnologica che Pechino predica mentre critica il derisking occidentale. “Finché le due parti si considereranno partner, si rispetteranno, coesisteranno in pace e coopereranno per ottenere risultati vantaggiosi per tutti, le relazioni Cina-Stati Uniti miglioreranno”, ha detto Xi. “È importante che le persone provenienti da diversi settori delle nostre società interagiscano, comunichino e cooperino di più”, ha aggiunto, come riporta da Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese. “Xi ha sottolineato che lo stato delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, che si tratti di confronto o di cooperazione, è determinante per il benessere dei due popoli e per il futuro dell’umanità. Il nostro rispettivo successo è un’opportunità per l’altro”.

La “charm offensive”

Quella cinese una “charm offensive” in un contesto di competizione con gli Stati Uniti, come la definiscono gli americani, dettata dalle questioni interne. Il 2024 è e sarà, secondo gli analisti, un anno difficile per la Cina. Come scriveva Eurasia Group nel suo “Top Risks 2024”, “qualsiasi segnale di ripresa dell’economia cinese non farà altro che alimentare false speranze poiché i vincoli economici e le dinamiche politiche impediscono un rimbalzo duraturo della crescita”. Pesa il consolidamento della leadership che che spento il dibattito politico proprio nel momento i cui i tradizionali motori di crescita “si sono esauriti”. In questo scenario, si legge ancora, “l’incapacità di Pechino di porre rimedio ai problemi del modello di crescita, alle fragilità finanziarie, alla domanda insufficiente e alla crisi di fiducia del Paese metterà in luce le lacune nella legittimità del Partito comunista cinese e aumenterà il rischio di instabilità sociale”.

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