O esiste la volontà politica accompagnata però da gesti concreti per far sì che il 25 sia veramente la Festa di tutti gli italiani oppure, e al contrario, questo giorno continuerà ad essere una Festa divisiva e ricca di polemiche anche violente. Saranno solo i fatti concreti a dirci se c’è, o meno, questa volontà politica e culturale. Il commento di Giorgio Merlo
Niente da fare, è il solito copione che si ripete ormai da decenni. Cambiano gli attori politici, i partiti e ovviamente le classi dirigenti ma non cambia affatto la sostanza. Anzi. Per tutta la lunga e storica esperienza della Democrazia Cristiana era il Pci, accompagnato da tutto il caravanserraglio politico, culturale, mediatico, giornalistico, intellettuale, artistico ed accademico che lo accompagnava, ad impadronirsi della Festa della Liberazione.
Un copione collaudatissimo e consolidato che faceva della Dc, secondo la vulgata comunista, il partito che non poteva festeggiare sino in fondo il 25 aprile perchè non collimante con le ragioni politiche e culturali della Resistenza. Ovviamente un falso storico, ma tant’è. Dopo la fine della Prima repubblica e l’avvio di una nuova fase politica, è stato persin troppo facile da parte della sinistra ex e post comunista accusare di volta di in volta di pericolo neo fascista o di regressione autoritaria o di torsione autoritaria o di restrizioni delle libertà e via scioccheggiando i vari Berlusconi, Salvini per non parlare, come ovvio e persino scontato, Giorgia Meloni.
Certo, si tratta di una prassi e di una polemica – almeno quella che riguarda la Festa del 25 aprile – che di norma decolla alcuni giorni prima della Festa e poi si prolunga al massimo per 1/2 giorni dopo il 25 aprile. Come, puntualmente, sta capitando anche quest’anno. Ora, anche in queste settimane si tratta di un copione che è stato rispettato persin nei suoi dettagli. È appena sufficiente scorrere gli organi di informazione in questi ultimi giorni, specialmente quelli di sinistra come Stampa, Repubblica e Domani – per citarne solo alcuni – per arrivare alla banale conclusione che siamo sempre di fronte alla solita minaccia concreta per la nostra libertà, con la democrazia a rischio e una dittatura dietro la porta.
Certo, mai come in queste occasioni ci troviamo di fronte ad una narrazione radicalmente estranea rispetto a ciò che concretamente è il Paese. Verrebbe da dire che siamo di fronte ad una netta spaccatura tra il cosiddetto “Paese legale” e il “Paese reale”. Ovvero, un conto è ciò che si predica nella propaganda dei partiti della sinistra e nei vari populismi – a cominciare dal partito populista per eccellenza, cioè i 5 stelle – altra cosa, tutt’altra cosa, è ciò che si pratica e si vive concretamente nella vita reale del Paese. Una dissociazione radicale.
Ecco perchè la Festa del 25 aprile, al di là delle frasi di circostanza che rappresenta la “Festa di tutti gli italiani”, che non si può “dividere il Paese”, che nessuno si può “impadronire” di questa giornata e via discorrendo non può poi, puntualmente, diventare la giornata della festa della sinistra, nelle sue diverse e multiformi espressioni, contro tutti coloro che non sono riconducibili a quel pianeta politico, culturale e valoriale. E, giunti a questo punto, occorre avere il coraggio di dire con chiarezza una sola cosa. E cioè, o esiste la volontà politica accompagnata però da gesti concreti per far sì che il 25 sia veramente la Festa di tutti gli italiani – di sinistra, di centro e di destra e di tutte le culture politiche democratiche e costituzionali – oppure, e al contrario, il 25 aprile continuerà ad essere una Festa divisiva e ricca di polemiche anche violente. Saranno solo i fatti concreti a dirci se c’è, o meno, questa volontà politica e culturale.