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Deterrenza nucleare europea, cosa può e deve fare l’Italia. L’analisi del gen. Caruso

Di Ivan Caruso

Macron ha evocato ancora una volta la necessità di una Difesa Comune Europea, la possibilità di creare uno scudo missilistico europeo e, soprattutto, ha messo a disposizione dei partner europei la deterrenza dell’arsenale nucleare francese perché “essa è al centro della strategia di difesa della Francia, ed è quindi un elemento essenziale per la difesa del continente europeo”.  L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi)

Alcide de Gasperi uno dei padri fondatori dell’Unione Europea diceva il 4 novembre 1950 nel suo Discorso agli Europeisti: “Il nostro compito e le nostre responsabilità sono immani. Noi vogliamo veramente la pace e, mentre diciamo di volerla, lavoriamo per unire l’Europa; altri, mentre dicono anch’essi di raccogliere firme per l’abolizione della bomba atomica e per assicurare la pace, lavorano per dividere il mondo. Essi lavorano contro la pace nel modo più esplicito ed efficace, cioè facendo la guerra; guerra interna con le agitazioni politiche e il sabotaggio della produzione e della ricostruzione, guerra esterna che è guerra guerreggiata di aggressione armata”

È singolare e allo stesso tempo impressionante l’attualità del pensiero di de Gasperi a distanza di tre quarti di secolo. Ma lo statista trentino era animato da un grande sogno che lo accompagnò per tutta la sua vita tanto che, quando la minaccia della guerra fredda spinse il presidente del Consiglio francese René Pleven a proporre la costituzione di un esercito comune europeo, De Gasperi raccolse la sfida e allo stesso tempo il sogno di unire più che dividere. Ieri, come oggi con la guerra in Ucraina, una necessità dettata da drammatiche esigenze esterne poteva tramutarsi nell’innesco di un autentico progetto di unità politica: la Comunità europea di difesa (Ced).

Corsi e ricorsi storici? Sogni periodici che si andranno ad infrangere come quelli passati? Sognare non costa nulla e il mondo è costellato da personalità che hanno fatto dei loro sogni la loro ragione di vita. Martin Luther King con il suo famoso “I have a dream”, John Fitzgerald Kennedy con “We need men who can dream of things that never were, oppure Leonardo da Vinci che si chiedeva “perché l’occhio vede una cosa nei sogni più chiaramente dell’immaginazione quando è sveglio?”

Siamo in un periodo storico senza precedenti. Forse neanche la caduta del muro di Berlino o l’attacco alle Torri Gemelle sono stati così dirompenti. Un serie concatenata di eventi mondiali stanno caratterizzando i nostri giorni. Le mire imperialiste di Putin, la guerra in Ucraina, la debolezza dell’Unione europea, la guerra in Medio Oriente, l’espansionismo iraniano, le elezioni indiane, europee e americane, tutti fattori che concorrono a destabilizzare piuttosto che a riequilibrare un ordine mondiale.

Noi europei siamo, ancora una volta, di fronte ad un bivio. Le elezioni europee sono alle porte e il nostro futuro come europei sarà determinato in parte anche da questo appuntamento.

Il rischio è che “la nostra Europa oggi può morire, e riuscire a evitarlo dipende solo dalle nostre scelte”. Non lo dico io, ma Emmanuel Macron nel suo recente discorso di due ore alla Sorbona.

Il rischio per l’Europa è di diventare un vaso di coccio tra dei vasi di ferro schiacciata tra un’America divisa al suo interno con spinte isolazioniste, la potenza economica cinese e le mire espansionistiche russe alle porte di casa.

Il presidente Macron sta certamente posizionando la Francia in vista della nuova agenda strategica che verrà discussa e approvata nel prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Consiglio europeo che potrebbe fare i conti con nuovi equilibri all’interno del Parlamento europeo come risultato delle prossime elezioni.

Ma al di là della comprensibile presa di posizione francese, il discorso alla Sorbona dovrebbe essere visto più come una opportunità che come una sfida.

Macron ha evocato ancora una volta la necessità di una Difesa Comune Europea, la possibilità di creare uno scudo missilistico europeo e, soprattutto, ha messo a disposizione dei partner europei la deterrenza dell’arsenale nucleare francese perché “essa è al centro della strategia di difesa della Francia, ed è quindi un elemento essenziale per la difesa del continente europeo”.

Sembrerebbe una cosa ovvia, invece è un cambio di paradigma. Come scrivevo in un mio precedente articolo, attualmente l’unico paese europeo dotato di una propria forza nucleare è la Francia, che possiede la Force de Frappe solo per scopi nazionali e che non è a disposizione neanche della NATO. Perché adesso la Forza Nucleare francese dovrebbe diventare un elemento per la difesa del continente europeo quando non lo era neanche per la NATO? Il Presidente Macron è consapevole che in un mondo in cui le armi nucleari sono una realtà, l’Europa non può basare la propria difesa solo sulle armi convenzionali. Essere l’unico paese europeo dotato di armi nucleari lo pone in una posizione privilegiata e dominante e quindi capace di orientarne le scelte future.

Siamo disponibili noi europei, non francesi, ad una simile situazione? Dovremmo come diceva sempre De Gasperi: “che ciascuno faccia concessioni e rinunce, ma ognuno ha posizioni da difendere, alcune forse che con più chiaro discernimento del comune pericolo non sarebbe tanto difficile da abbandonare, altre invece che sono la risultante di situazioni geografiche e politiche effettivamente non sempre modificabili a breve termine.

Ed allora occorre aggirare questi ostacoli. Il contatto con le difficoltà rende realisti; è il nostro compito affiancare e stimolare l’opinione pubblica che a sua volta agisce sui Parlamenti e sui Governi.”
Allora continuiamo a sognare come facevano i nostri padri fondatori e sulla base del comune pericolo cerchiamo di aggirare questi ostacoli.

La deterrenza nucleare europea potrebbe trovare un punto di sintesi interessante partendo dalla disponibilità francese di mettere a disposizione dell’Europa la deterrenza nucleare. Per condividere assieme ad altri paesi europei questa deterrenza nucleare – peraltro regolamentata dal Trattato di non proliferazione nucleare di cui la Francia è firmataria – altri paesi europei potrebbero offrire vettori e infrastrutture che contribuirebbero in modo significativo a mantenere in vita la Force de Frappe francese che – anche se sta beneficiando di un investimento di 50 miliardi di euro nei prossimi 8 anni – rimane pur sempre un capitolo di spesa sostanzioso per il budget della Difesa francese.

In Germania, il ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha già chiesto che l’esercito tedesco rompa con decenni di dottrina militare e passi dall’essere una forza difensiva, pronta a contribuire al mantenimento della pace, a una pronta alla guerra. “Dobbiamo esercitarci come in guerra”, è stato chiaro il generale Carsten Breuer, capo di stato maggiore della Bundeswehr, “le forze armate tedesche un giorno non lontano potrebbero dover tornare a combattere. Le esercitazioni militari avranno un impatto sulla quotidianità in Germania. L’esercito tedesco, in quest’epoca, deve esercitarsi, esercitarsi, esercitarsi”. Per il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, l’Europa dovrà dotarsi di un sistema di deterrenza nucleare, così da non rimanere indifesa di fronte al ricatto di Stati autoritari dotati di arsenali strategici.

E in Italia? Con i francesi potremmo avere un ruolo fondamentale nella costituzione dello scudo missilistico europeo. La lezione ucraina ci ricorda quanto sia importante difendere la popolazione civile da minacce di droni e missili balistici. Il sistema missilistico italo-francese Samp-T è l’unico – assieme al Patriot di costruzione statunitense – capace di fronteggiare la minaccia di missili ipersonici.

Nel campo della deterrenza nucleare, l’Italia ha le capacità tecnologiche per sviluppare sistemi di lancio e vettori che, associati alle testate francesi, costituirebbero l’ossatura della difesa europea assieme alle forze convenzionali.

Come Italia dovremmo essere più propositivi, osare di più, impegnarci nella ricerca di soluzioni non convenzionali e fuori dagli schemi, insomma continuare a sognare come De Gasperi che amava dire: “Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno”. Anche nel campo della Difesa Comune.



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