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Quale ruolo per l’intelligence nel caos globale? La bussola di Géré (Ifas)

Secondo il presidente dell’Institut Français d’Analyse Stratégique lo Stato oggi è cambiato e il potere si è allargato ad altre entità. In questo contesto il ruolo dei servizi segreti rimane centrale nella società dell’informazione

“Siamo in un periodo di caos e trasformazioni ma non abbiamo ancora trovato la capacità e la maturità politica per affrontare questa situazione”, dice François Géré, presidente dell’Institut Français d’Analyse Stratégique di Parigi, tra i docenti del corso di alta formazione “Il Medio Oriente nel caos: geopolitica, terrorismo e intelligence” organizzato dall’Istituto Gino Germani.

In che fase ci troviamo oggi?

È la fine di un’epoca, con il declino dei principi morali e politici stabiliti dopo la Seconda guerra mondiale. Questo “non-ordine” non rappresenta una libertà positiva, ma piuttosto l’assenza di riferimenti che porta a una situazione di “tutto è permesso”. Entriamo in una nuova fase con nuovi protagonisti.

Quali?

Il potere non è più solo degli Stati tradizionali, ma anche di entità non statali e attori emergenti. La capacità di creare potere e ricchezza si è trasformata nell’era dell’informazione e della comunicazione. Basti pensare alle Big Tech. A ciò si aggiunge la situazione del futuro dell’umanità su questa terra. Ci vorrà almeno mezzo secolo per comprendere appieno la situazione e definire nuove regole di ingaggio per un mondo in mutazione.

Come sono cambiati gli Stati?

Lo Stato creato nel periodo industriale si è profondamente trasformato. Nell’era dell’informazione, il suo ruolo diventa diverso e meno potente. Le fonti di potere si diversificano anche se il suo ruolo nella gestione della cosa pubblica rimane imprescindibile.

Quale ruolo hanno le agenzie d’intelligence?

Le agenzie d’intelligence assumono un ruolo sempre più importante come elemento di potere per lo Stato tradizionale. L’informazione, già almeno da 30 anni, è riconosciuta come fonte di potere fondamentale.

La cosiddetta “declassificazione strategica” da parte delle agenzie, a cui abbiamo assistito nel contesto dell’invasione russa dell’Ucraina, è la conferma di questo ruolo dell’informazione anche per l’intelligence?

La declassificazione strategica conferma la trasformazione del potere. Tutti gli Stati utilizzano l’informazione come arma per influenzare gli equilibri globali. Gli Stati Uniti sono all’avanguardia in questo campo, mentre altri Paesi come la Russia accusano un certo ritardo. La capacità di raccogliere e trasformare le informazioni in potere diventa la chiave per la supremazia nel mondo.

Come si inserisce la guerra in Ucraina nel nuovo mondo?

La guerra in Ucraina rappresenta un esempio lampante della mutazione del concetto di guerra. Si tratta di un nuovo tipo di conflitto che integra elementi tradizionali con componenti totalmente innovativi. La dimensione psicologica e la capacità di dominare l’informazione assumono un’importanza cruciale.

È cambiata anche la disinformazione?

La disinformazione non è più solo uno strumento di guerra psicologica, ma diventa un componente strutturale della vita politica degli Stati. La linea di demarcazione tra informazione e disinformazione si fa sempre più sottile, creando terreno fertile per figure politiche come Donald Trump. La sfida più grande per le nostre società è definire nuove regole per discernere tra informazione e disinformazione. Si tratta di un problema filosofico di portata epocale: come definire la realtà? Questa è una delle questioni centrali del nostro secolo.

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