Le capacità di electronic warfare russe sono sempre più impattanti, e gli stessi statunitensi hanno ammesso la problematicità di ciò allo Special operations forces week 2024. Il problema riguarda anche l’Italia, che dovrebbe valutare le soluzioni a stelle e strisce integrandole col suo punto di vista
Mentre dall’Ucraina arrivano report circa una significativa riduzione dell’efficacia dei missili occidentali a causa dei sistemi jamming russi, con Mosca che ha aggiunto un’altra freccia al suo arco ibrido, disturbando i sistemi Gps di aerei civili baltici al punto da costringerli a tornare indietro, arrivano conferme dagli ambienti militari Usa circa la necessità di un’inversione di tendenza nel campo della guerra elettromagnetica (electronic warfare, EW). Tali conferme provengono dalle dichiarazioni di generali in pensione e operatori speciali alla Special operations forces (Sof) week 2024, come riportato da Defense One; addirittura, c’è chi sostiene che i russi godano adesso di capacità tecnologicamente superiori agli americani nel dominio elettromagnetico. Si deve tener comunque presente che non si tratta di un fulmine a ciel sereno, in quanto già nel 2020 il Pentagono pubblicava la sua Electromagnetic Spectrum Superiority Strategy, mettendo nero su bianco la necessità di proteggere la libertà di azione e accesso allo spazio elettromagnetico e la sua criticità per le Forze armate americane, a fronte dell’emergere di minacce provenienti da avversari di pari rango.
Questo, oltre ad essere rilevante in sé e nei suoi risvolti strategici di portata globale è rilevante anche per l’Italia. Questo perché, ovviamente, il controllo dello spazio elettromagnetico è critico per tutte le forze armate Nato e, in generale, per qualunque Forza armata moderna e tecnologica. Inoltre, le nostre forze saranno sempre più digitali e interconnesse: libri bianchi come Esercito 4.0 parlano di “sistemi di sistemi”, piattaforme integrate con altre piattaforme tramite lo spazio elettromagnetico. Inoltre, pare sconsigliabile supporre che se i russi sono in grado di interferire con sistemi di guida americani non siano in grado di farlo coi nostri.
Ecco che il problema evidenziato dagli statunitensi diventa anche nostro, e merita la nostra attenzione: come ci assicuriamo il dominio nelle operazioni nello spazio elettromagnetico?
Dal Sof sono filtrate due soluzioni, senz’altro complementari. La prima è integrare le comunicazioni attualmente esistenti con altre fonti basate su satelliti (questi stessi da posizionare in orbita bassa o media, in numero elevato e costo basso, così da ottenere più resilienza), mentre la seconda è, semplicemente, investire di più e con più coraggio per innovare nel dominio elettromagnetico e ristabilire una situazione tecnologicamente molto favorevole. Trait d’union tra le due strade è fare leva sulle innovazioni e gli investimenti dei privati, siano essi colossi tecnologici o piccole realtà altamente specializzate.
A fronte di ciò emergono due considerazioni per il nostro Paese. La prima riguarda la prospettiva per l’Italia di competere con giganti globali nella corsa alla superiorità nel dominio elettromagnetico (che vuol dire pure spazio suborbitale). Al di là delle capacità, questo richiederà grandi investimenti a fronte di un risultato non assicurato. Da qui ne discende ovviamente la possibilità di mettere a sistema risorse e competenze a livello europeo. In secondo luogo, si dovrebbe considerare la possibilità di poter operare efficacemente in situazioni di inferiorità tecnologica, relativamente al dominio elettromagnetico. Cosa succederebbe, per esempio, se il caccia di sesta generazione al centro del sistema di sistemi Gcap si trovasse a comunicare in condizioni subottimali con il resto del suo sistema? Si tratta essere pronti e tutto. Del resto, l’Italia si è già distinta con il suo cannone Otobreda 76 (quello che dalle nostre navi ha abbattuto i droni Houthi) per la sua capacità di essere efficace ed economica per far fronte ad una realtà sempre più incerta e contestata.