Danaro, ideologia, coercizione ed ego sono i quattro fattori motivazionali dell’arte del reclutamento e della manipolazione humint. Nel confronto-scontro tra sistemi valoriali il secondo è più importante che mai
Fare di un’idea, che è oggetto di intelligenza, un oggetto di fede, forse è questo il famoso peccato contro lo Spirito (da “Il montaggio”, di Vladimir Volkoff)
In innumerevoli testi, articoli e studi sul tema della motivazione che spinge singole persone a prestarsi ad attività di spionaggio viene fatto riferimento all’acronimo Mice per sintetizzare i quattro principali fattori motivazionali: money, ideology, cohercion, ego – danaro, ideologia, coercizione, ego. Coniato verosimilmente negli anni della Guerra Fredda dalla “scuola sovietica”, questo acronimo voleva individuare gli elementi fondanti della motivazione e, conseguentemente, dell’arte del reclutamento e della manipolazione di agenti umani (humint). Ogni buon case officer conosceva questa sigla e sapeva che per l’efficace gestione dell’agente era necessario agire su questi fattori motivazionali, possibilmente combinandone più di uno.
Non molto tempo fa, un mio interlocutore mi ha chiesto se ritenessi che questo acronimo fosse ancora attuale e se i fattori in questione non fossero invece cambiati in linea con i mutamenti del mondo in cui viviamo. Per fornire una risposta che non fosse solo soggettiva, ho esplorato diversi studi e contributi e ho trovato due di essi particolarmente utili e interessanti.
Il primo, di David L. Charney, si focalizza sui processi psicologici del percorso individuale della “spia” così come emersi dall’approfondito studio di alcuni dei maggiori casi di spionaggio negli Stati Uniti nella seconda metà del XX secolo e ne consiglio la lettura a chi volesse approfondire questi aspetti.
Sono necessarie due annotazioni. Per chiarezza, con il termine “spia” intendo nel testo la persona che agisce consapevolmente all’interno di un’organizzazione per sottrarre illegalmente informazioni, dati, materiali o altri beni materiali o immateriali di proprietà dell’organizzazione stessa, sulla base di istruzioni e per gli interessi di soggetti terzi ostili o competitori rispetto all’organizzazione. Il soggetto che si occupa del reclutamento, della gestione e della manipolazione della spia, invece, sarà designato come agente (di norma, appartenente a un servizio intelligence avversario) o case officer. Per spionaggio utilizzo la seguente definizione: raccolta illegale di asset proprietari dell’organizzazione, senza autorizzazione del detentore degli asset stessi, allo scopo di determinare un illecito vantaggio di altra entità, organizzazione, cliente o nazione.
Un approccio di tipo analitico-statistico sull’argomento motivazione è invece fornito dal secondo studio, firmato da Katherine L. Herbig, curato dal Dipartimento della Difesa statunitense e concernente l’esame di tutti i casi di spionaggio commessi a danno del loro Paese da cittadini americani dal 1947 al 2015. I dati forniti nello studio sono di grandissimo interesse ai fini della ricerca di una risposta alla domanda di partenza, anche se è opportuno evidenziare alcune peculiarità distintive del lavoro.
In primo luogo, il campione analizzato (209 soggetti) ha operato in uno specifico contesto nazionale, sociale e culturale che è quello degli Stati Uniti; la seconda osservazione è che l’interesse è sui casi di sole spie americane operanti contro il proprio Paese mentre, per comprensibili motivi, non sono pubblicamente disponibili analoghi studi indirizzati verso le spie reclutate in campo avversario.
Prendendo in esame i quattro elementi dell’acronimo Mice, emerge che la “m” – ovvero il danaro – continua a rappresentare il principale fattore motivante primario (si parla di fattore motivante primario in quanto nella realtà molto raramente il fattore che spinge allo spionaggio è uno solo, mentre di norma sono presenti più fattori ciascuno con un peso diversoI; tuttavia, la sua incidenza è calata con il trascorrere degli anni e attualmente si attesta al 28% nel periodo più attuale. Parallelamente, il parametro “i” – che nello studio è stato ampliato in Divided Loyalties, ma ne riparlo in seguito – è buon secondo con un peso del 22%. L’evoluzione motivazionale che ne emerge riguarda pertanto la sostanziale invarianza del fattore economico, accompagnata dalla marcata crescita del fattore delle “nuove ideologie”, ovvero delle Divided Loyalties. Questa dinamica rispecchia esattamente il mutare del contesto sociale, culturale, etnico e ideologico e possiamo considerarla comune a tutto il sistema dei Paesi Occidentali.
Quanto riportato nello studio in termini analitici conferma in effetti le indicazioni raccolte tra vari professionisti dell’intelligence circa il loro “feeling operativo” sulle leve motivazionali e sul generale indebolimento dei legami di appartenenza e fidelizzazione.
Fenomeni quali i flussi migratori; l’aumento della presenza di non-nativi o cittadini di seconda/terza generazione, che mantengono comunque legami identitari con le Nazioni/culture di provenienza; la crescita esponenziale delle opportunità e modalità di sviluppare contatti con soggetti/entità/culture lontane, grazie a strumenti quali il web, pubblicazioni online, social networks, costi decrescenti per viaggi all’estero, generano l’esposizione a sollecitazioni che spesso portano a mettere in discussione i parametri di riferimento valoriale sinora condivisi.
Assistiamo quindi alla diffusione di nuove forme di appartenenza, legate alla crescente consapevolezza e pubblicizzazione di temi a forte impatto emotivo e trasversalità, quali la tutela dell’ambiente, la difesa della libertà di opinione, del diritto alla privacy, le policy di gestione dei rischi globali (pandemie), l’ingerenza dei governi nelle vite dei loro cittadini. Questi importanti fenomeni, fortemente positivi per la salute delle società liberali e democratiche, hanno nel tempo portato all’affiancarsi al concetto di cittadino di uno Stato-Nazione quello di cittadino globale.
Spesso questi fenomeni sono solo parzialmente maturati o riconoscibili ma il loro potenziale anche ai fini di attività intelligence avversarie è palese; basti citare, per esempio, l’enorme impatto delle operazioni di leaks quali WikiLeaks o il caso Snowden, con i connessi risvolti di carattere intelligence “classico”, oppure movimenti come la cancel culture la direzione dei quali tuttora non è chiara.
A fronte delle incertezze globali, considerato anche il (ri)emergere di eventi sinora ritenuti relegati al passato o alla letteratura catastrofica (guerra in Europa, possibilità di incidenti nucleari anche a sfondo bellico, pandemie, inabilitazione di reti e infrastrutture critiche, attacchi terroristici su larga scala), un fattore che appare esercitare un proprio fascino motivazionale di matrice para-ideologica è anche quello del leaderismo. A dispetto del noto aforisma attribuito a George Bernard Shaw secondo cui “Per ogni problema complesso esiste sempre una soluzione semplice – ed è sbagliata”, la figura-leader (persona, movimento, fede) in grado di fornire risposte immediate e rassicuranti diventa sempre più appetibile e preferibile a chi accetta la complessità o venga accusato di arrendersi a essa.
Spesso il leaderismo si accompagna e utilizza quale concomitante fattore di motivazione a spingersi contro i recinti valoriali usuali, dinamiche di tipo “anti”: anti-nucleare, anti-guerra, anti-vaccini, anti-immigrati, anti-inquinamento, eccetera. Tra i vari anti, quello che si sta manifestando con la maggiore virulenza è quello dell’antiamericanismo “allargato” sino a essere sovente diventato antioccidentalismo. Gli ambiti in cui queste spinte si esprimono spaziano dall’anticolonialismo classico alla rimozione di statue, alla rivisitazione della lingua scritta, a vari negazionismi e ostracismi esercitati sulla base di presunte nuove scale di moralità. Nulla di nuovo sotto il sole – o, meglio, nell’ombra – dell’intelligence, se non la crescente rilevanza di questi ambiti per operazioni di varia natura.
L’operatore intelligence non può che constatare l’affievolirsi delle forme di lealtà/fidelizzazione legate a concetti quali Stato, patria, azienda, accompagnato dall’emergere di nuove forme di affiliazione dove si collocano nuovi Valori fortemente sentiti dal singolo: la responsabilità globale, la possibilità (o il dovere) di agire per correggere storture e rischi che sovrastano la sfera nazionale, una nuova “legge morale” che impegna l’individuo.
Il parametro “i” dell’acronimo Mice rimane pertanto a mio avviso non solo attuale ma possibilmente anche più determinante che in passato, in quanto comprende ora non solo lo scontro tra Ideologie di tipo politico ma, più in generale, il confronto-scontro tra sistemi valoriali, idee, con forti potenzialità attrattive da un lato e distruttive per l’ordine sociale dall’altro. Tutto ciò è pericoloso nell’immediato, in quanto può facilitare attività spionistiche, come a lungo termine, poiché crea un sostrato ampio, diffuso e multivettoriale per potenziali attività di disinformazione, propaganda, misure attive, sino al reclutamento.
È doveroso a questo punto sottolineare con chiarezza che i mutamenti sociali e culturali non costituiscono il pericolo; i rischi derivano dall’uso distorto che attori malevoli ne possono fare. Inoltre, è altrettanto importante affermare che risposte di natura esclusivamente repressiva finiscono per alimentare ulteriormente le narrative “anti” e favorire proprio i processi ai quai intenderebbero fare da argine.
Introdurre barriere, forme di isolamento su presunte basi etniche o culturali non solo allarga la platea degli scontenti ma permette il proliferare possibili fronti alternativi di riferimento e risposta. È peraltro palese che nelle società attraversate da forti fratture interne o caratterizzate da legami identitari deboli, i rischi aumentano esponenzialmente in parallelo alle opportunità per i competitor.
La vera difesa risiede solo nella consapevolezza di tutti gli attori – istituzionali, pubblici, privati, singoli cittadini – e nella diffusione di un’efficace cultura della sicurezza quale elemento di tutela e crescita del benessere e della coesione delle società democratiche. Elementi di una risposta adeguata possono essere indicati in un’efficace narrativa che affermi e sostenga i valori fondanti delle nostre società liberali e democratiche; nella coerenza di applicazione e difesa di tali valori; nel discernimento attivo tra fisiologiche evoluzioni sociali e culturali, e forme di infezione delle società da parte di attori malevoli; nell’efficacia dell’attività di difesa da ogni disinformazione volta ad alimentare fratture e giocare su paure costruite ad hoc.
Doveva essere una risposta breve a una domanda semplice, si è trasformata in una riflessione aperta e tuttavia solo superficiale. Ma la risposta è sì, l’acronimo Mice per me è più attuale che mai: money, (the) idea, cohercion, ego.