Emergono in questo saggio le crepe e le conquiste, gli errori e le visioni, i fallimenti e le potenzialità del progetto europeo in maniera propositiva e chiara. Un sentiero “europeista e scettico”, ma anche pragmatico e costruttivo, per risolvere i principali nodi dello sviluppo europeo e i problemi dei popoli europei conciliando radici e libertà, pragmatismo e cultura. La recensione di Luigi Tivelli e Francesco Subiaco
In occasione delle elezioni europee è necessario riflettere sulle principali crisi e metamorfosi che hanno plasmato le istituzioni e gli ideali europei negli ultimi anni. Non solo tramite una lente politologica o economica, ma anche filosofica e culturale.
Un metodo su cui è incentrato l’ultimo libro di Corrado Ocone, professore universitario, scrittore, saggista e consigliere del presidente della Camera, “Radici e libertà-Una filosofia per l’Europa” (Historica-Giubilei & Regnani). È, infatti, indubbiamente originale indagare l’evoluzione delle istituzioni e degli ideali europei affrontando i veri nodi dell’Europa attraverso la lente dei grandi pensatori liberali ed umanisti del Novecento. Guardando al pensiero liberale, idealista e umanista di Benedetto Croce o alle idee di Stefan Zweig, borghese, ebreo, europeo e cosmopolita, che nell’epoca dei totalitarismi auspicava una disintossicazione morale che avrebbe portato agli Stati Uniti d’Europa. Forse ha più di qualche fondamento l’approccio di Ocone secondo cui ai fini di una vera unificazione politica o economica sarà necessaria prima una vera unificazione culturale, in quanto solo la cultura potrà essere il cemento morale di una più compiuta integrazione europea. Una tesi questa che trova un suo caposaldo nella storia politica ed economica e in quella della civilizzazione europea, nelle riflessioni di pensatori e intellettuali, nell’analisi filosofica dei principali cambiamenti europei.
Una sorta di “Controstoria dell’idea di Europa” che va dagli studi di Chabod al Manifesto di Ventotene, dalle visioni di Schumann e Monnet alla messa a terra dell’impalcatura di Maastricht fino agli anni dell’affermazione del populismo, che induce molto a riflettere e a pensare sui veri nodi dell’Unione europea. In effetti i padri fondatori cercarono di realizzare un disegno europeista (politico e funzionale) che affondava le proprie radici nelle conseguenze del dopoguerra e nella volontà di un concreto dialogo transatlantico. Fu questo l’itinerario che si costruì piuttosto che quello nel solco del Manifesto di Ventotene di Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Altiero Spinelli. Schumann, De Gasperi e Adenauer erano uniti, infatti, da una sostanziale visione condivisa che vedeva nell’Europa la frontiera e il cuore del mondo libero occidentale. Una certa idea dell’Europa che poggiava le sue fondamenta più sulla dottrina Truman che sul federalismo europeo, più sul Vangelo e il Piano Marshall piuttosto che sul Manifesto di Ventotene e le tesi di Cattaneo. Va, quindi, evidenziato l’intelligente stimolo di Ocone a favore di un’indagine filosofica sull’Occidente, vista da un liberale e un umanista, che trova nella cultura un fondamento e un antidoto essenziale per risolvere i veri problemi dell’Europa. Una “filosofia della libertà” che propone un’idea di sviluppo e di valori comuni, liberali e pluralisti, tra Hayek e Croce, che vuole risolvere tanto le sfide strategiche e politiche dell’Europa quanto quelle filosofiche e culturali. Tanto la transizione digitale e l’AI quanto il nichilismo e il relativismo.
In quest’ottica vanno tra l’altro evidenziati i limiti della scorsa Commissione europea, che ha cercato sì di dare un’anima e un significato all’Ue tramite una visione avveniristico- funzionale (orientata alle sfide delle tre transizioni), ma che ha finito per rilanciare un ambientalismo distorto, che, come ben ha sottolineato il rapporto sulla produttività di Mario Draghi, ha pesantemente indebolito l’industria europea.
Seguire la bussola di Ocone – una sorta di “storia filosofica dell’integrazione europea” da Chabod a oggi con una proiezione forte verso il domani – consente un approccio originale sui veri problemi delle istituzioni europee. Mostrando una via per trasformare l’ “idea” di Europa in un “valore” concreto e condiviso e che veda come suo orizzonte la necessità di una vera unificazione culturale. Emergono in questo saggio, infatti, le crepe e le conquiste, gli errori e le visioni, i fallimenti e le potenzialità del progetto europeo in maniera propositiva e chiara. Si delinea in tal modo la necessità di affiancare nella governance europea ad una bussola una meta, ad una tattica una strategia, ad un corpo burocratico-istituzionale un’anima. Un’ “anima” che così come evidenzia Ocone, non potrà mai essere né un’idea esclusivamente tecnocratica, né soprattutto l’ideologia green e le degenerazioni di certo ambientalismo.
Un sentiero “europeista e scettico”, ma anche pragmatico e costruttivo, per risolvere i principali nodi dello sviluppo europeo e i problemi dei popoli europei conciliando radici e libertà, pragmatismo e cultura.