James Cameron è un regista abituato a far rumore. Era accaduto con Titanic, nel 1997, ed è successo ancora con Avatar. Il film, non ha solo battuto ogni record di incasso, ma come tutti gli oggetti archetipici, ha sollevato un polverone di commenti. Chi ha apprezzato il film è rimasto affascinato dalla fantasmagoria. Il repertorio di Avatar, tra meduse trasparenti e montagne fluttuanti, basta a trasformare la visione del film in una wunderkammer, un’esperienza onirica e barocca. I detrattori si sono concentrati sull’elementarità della trama e dei caratteri, denunciando il film come un giocattolone pieno di effetti speciali.
Lasciando da parte le polemiche, Avatar ha dimostrato almeno che il 3-D e il digitale non sono meri espedienti per attrarre pubblico (o almeno non solo), ma costituiscono una risorsa estetica e poetica per registi che ne sappiano sfruttare le potenzialità. Avatar è soltanto la punta di un iceberg che quest’anno ha prodotto film come Up o A Christmas Carol, pellicole che nell’evocazione del meraviglioso si pongono come esperienze multisensoriali. Non è solo l’occhio, organo che distanzia e cataloga, a godere delle immagini, ma la mente che deve essere catapultata in un mondo percepito in maniera quasi tattile. Si tratta del segmento finale di un’ossessione che percorre otto secoli di arte occidentale.
Non è un caso che il protagonista di Avatar non sia uno scienziato, come Sigourney Weaver, che può, grazie ai suoi studi, mantenere una distanza critica dalle bellezze e dai costumi di Pandora, ma un ex-marine paraplegico, cioè un uomo comune, più predisposto a incantarsi e commuoversi di fronte all’universo visivo che gli si squaderna davanti. Fedele alla sua estetica, Cameron usa tutti i trucchi per sedurre lo spettatore. La natura fluorescente e coloratissima del pianeta Pandora è figlia di un’ideologia dell’effetto speciale, ma sicuramente registi come Tim Burton o Chris Nolan saranno in grado di restituire a questa tecnica uno stupore lirico e contemplativo o un’inquietudine surreale e visionaria.
Avatar è un film sul cinema e la visione. Inizia con due occhi umani che si aprono e finisce con due occhi alieni che si spalancano nuovamente. Cameron sembra suggerire che il compito del nuovo cinema spettacolare sia proprio quello di produrre un immersione dello sguardo dentro l’universo figurato. Molti film in 3-D cercano di catapultare gli oggetti filmati verso la sala e lo spettatore, anche grazie a inquadrature vertiginose. Cameron invece monta un film classico e, grazie alla profondità di campo, cerca di attrarre il pubblico dentro al film. Il titolo, Avatar, non si riferisce solo ai corpi mutanti ricreati per i conquistatori umani, ma al cinema stesso che costruisce una mutazione dello sguardo al servizio della limitatezza corporea degli spettatori.
Si potrebbe obiettare che l’universo di Avatar sia solo una via di fuga, un’evasione e che il cinema avrebbe ben altre possibilità per raffigurare la realtà. Ma il trionfo dell’immaginazione che Cameron ci offre, non è il contrario della realtà. Se il mondo di Pandora può essere definito onirico, esso non è affatto una fuga in un immaginario mitico, ma un modo per vedere di più e meglio. L’effetto tridimensionale, nella sua semplicità, mira a rendere lo spettatore più cosciente delle proprie capacità percettive. Il mondo immaginato che Hollywood ci propone sempre più spesso sottintende una capacità dell’occhio umano di trascendere il semplice dato visivo. Come il montaggio di Ejzenstejn già prefigurava, il fine non è la banale meraviglia, ma l’estasi, una sinestesia che contempli l’abbandono di tutti i sensi.
Indice delle cose notevoli: Un’agile monografia sul geniale autore di Avatar: Tina Porcelli, James Cameron, Milano, Il Castoro, 2000 * Il film che ha segnato uno spartiacque nella storia personale di Cameron diventando un fenomeno di massa: Titanic di James Cameron, DVD doppio strato, 20th Century Fox Entertainment, 2000 * Un libro interamente dedicato alla realizzazione del film: Lisa Fitzpatrick, L’universo di Avatar. La genesi del capolavoro di James Cameron, Milano, Il Castoro, 2009 * Uno dei moderni precursori dell’uso del 3-D al cinema, film girato sotto la diretta ispirazione di Steven Spielberg nel 1983: Lo squalo 3 di Joe Alves, DVD doppio strato, Universal Pictures, 2001 * Dossier sul cinema in 3-D del sito Filmzone.it: http://www.filmzone.it/film/sperciale-cinema-3-d-le-sale-e-i-film.html * Un saggio fondamentale dove si ipotizza profeticamente l’avvento di uno spettacolo multisensoriale: Sergej M. Ejzenstejn, Teoria generale del montaggio, Venezia, Marsilio, 2004