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Se le sfide aumentano più del budget della Difesa, la risposta è anche digitalizzazione

All’evento Formiche-Accenture “Quale paradigma per la difesa prossima ventura? Se le sfide aumentano più del budget” la prima risposta è stata aumentare gli investimenti. In parallelo, non si può prescindere dalla digitalizzazione, e l’Italia necessita di un cambio di mentalità nel suo approccio a Difesa e Sicurezza

Tra i pochi alleati Nato che non hanno ancora raggiunto la soglia del 2% del Pil per la difesa, l’Italia è senz’altro il principale, nonostante, dal summit del Galles del 2014, le sfide siano aumentate vertiginosamente: non solo la guerra in Europa e in Medio Oriente, ma anche la competizione internazionale serrata e le novità tecnologiche. È per questo che Formiche e Accenture hanno organizzato l’evento “Quale paradigma per la difesa prossima ventura? Se le sfide aumentano più del budget”, tenutosi il 2 luglio nella cornice della biblioteca di palazzo Esercito.

Il panel, moderato dal direttore della rivista Formiche, Flavia Giacobbe, era composto da Lorenzo Mariani, co-direttore generale di Leonardo, Franco Turconi, responsabile Health & Public service di Accenture per Italia, Europa Centrale e Grecia, Andrea Gilli, professore di Relazioni internazionali alla Saint Andrews University, Karolina Muti, responsabile di ricerca in Sicurezza e Difesa dello Iai, e, collegato da remoto, Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario di Stato alla Difesa.

L’evento è stato aperto dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, a ulteriore riprova dell’importanza attribuita dalle Forze armate alla digitalizzazione e al contributo della società civile: “Bello far parlare di Difesa dei non-militari, perché vuol dire che siamo usciti dall’autoreferenzialità” e “ben vengano i confronti, ben vengano i suggerimenti”, ha detto il generale. Il momento è cruciale e senza precedenti, perché “ora lo scenario è simmetrico, e nel dominio cyber e spaziale siamo già in guerra”, pertanto “l’Esercito deve fare un grosso sforzo, culturale e di investimento” per “portare dentro alla Difesa l’innovazione” senza “limitarci all’equipaggiamento”.

“Il tema è che deve aumentare il budget”, perché “la spesa pro capite annuale italiana per la Difesa è di soli 500 euro”, così si sono aperti gli interventi di Mariani e Gilli, a riprova della necessità di aumentare gli investimenti per la Difesa. “La digitalizzazione può aiutare” aumentando l’efficienza, “anche se non è strumento per moltiplicare pani e pesci”, ha spiegato il professor Gilli. Se digitalizzarsi, però, costa, le risorse possono arrivare dagli “eurobond per la Difesa: l’iniziativa avrebbe a che fare con la digitalizzazione della Pa e portare a standard unificati”.

A proposito di Europa della Difesa, “è ovvio che bisogna cooperare di più, e l’industria vuole farlo: è meglio il 30% di qualcosa di molto rilevante che il 100% di una cosa piccola”, ha affermato il co-direttore generale di Leonardo. Illustrando i principali ostacoli per la cooperazione industriale – requisiti, tempistiche, competizione – si è tornati al finanziamento, poiché “la cooperazione necessità di fondi stabili”. Pertanto, “l’urgenza del 2% è anche questa, mettere la filiera italiana in condizione paritetica rispetto all’estero”. D’altra parte, realtà italiane come la stessa Leonardo sono estremamente competitive sui mercati mondiali, in quanto “ci siamo abituati al sottofinanziamento, che ci ha portato a sviluppare un sistema più efficiente di altri”. “Ecco che investimenti adeguati e cooperazione potrebbero portare ritorni importanti”, ha concluso Mariani.

Tornando sul tema della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, Franco Turconi si è detto ottimista, in virtù delle precedenti innovazioni di Difesa e Pubblica amministrazione, nonché dei grandi ritorni che questi investimenti possono produrre. Finanziariamente, “facendo una crasi di tutte le tecnologie esistenti – dal cloud sovrano – che è una questione geopolitica e mira alla sovranità digitale quindi strategica in termini di indipendenza tecnologica, pieno controllo dei dati e sicurezza – all’Edge computing per l’elaborazione distribuita – si può aumentare l’efficienza e risparmiare risorse”. Militarmente, “dobbiamo usare l’IA anche per capire come viene usata in modo improprio dagli altri” – un’osservazione che testimonia come possa essere utile sviluppare sinergie con società internazionali come Accenture, gigante nel campo dei servizi tecnologici e di trasformazione digitale. Sempre con un occhio alla competizione mondiale, Turconi ha sottolineato che l’Italia “deve avere l’intraprendenza e il coraggio di non accontentarsi delle IA disponibili sul mercato, ma svilupparne di nazionali, appositamente per la Difesa”.

“Il beneficio delle nuove tecnologie non è automatico, perché richiede cambiamenti: avere tanti dati non equivale alla capacità di estrapolarne un significato”, ha giustamente ricordato Muti, anche perché, come detto da Gilli, “la digitalizzazione aumenta i rischi”. Ecco perché, come ricordato dalla responsabile di ricerca dello Iai, ci vuole un approccio apposito attraverso tutti i livelli interessati, dalla policy alla dottrina militare, fino ad addestramento e formazione. Soprattutto, non si tratta di una scelta: “La Nato ha da tempo deciso che le operazioni dell’Alleanza, e delle sue Forze armate, saranno multi dominio, e questo impone processi digitalizzati”, ha spiegato Muti.

L’evento si è concluso con il video intervento di Perego di Cremnago, per il quale occorre “innanzitutto, spiegare alla cittadinanza che Difesa e Sicurezza sono a fondamento della società”, ma pure trasmettere la consapevolezza della necessità di uno strumento Difesa con capacità globali e in grado di far vincere all’occidente le sfide epocali di questi tempi. Già, perché “l’India ha superato l’Europa per i talenti nelle big tech”, “la Cina ha superato l’Europa sull’IA” e “l’Africa ha sorpassato l’Italia per numero di start-up nella Silicon Valley”. Il sottosegretario di Stato alla Difesa ha quindi aggiunto alla necessità di aumentare gli investimenti quella di “fare sistema-Paese” e di “crescere sotto il piano della mentalità”.



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