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Volkswagen e Peugeot scendono in pista in Brasile e Cina

I colossi dell’industria automobilistica europea si rassegnino, almeno per ora. Il mercato del Vecchio Continente resta in panne, ad agosto più che mai. E per sopravvivere conviene sterzare verso gli Emergenti, con una nuova classe media affascinata dai motori europei, dei piani governativi che puntano a creare linee produttive sul territorio e con una liquidità che fa gola a management con le mani legate dalla crisi. Ma necessità fa virtù, specialmente in Cina e Brasile.

Il crollo europeo delle vendite

Ad agosto le vendite di auto nei 27 Paesi Ue più quelli Efta sono tornate in rosso (-4,9%), fermandosi ad appena 686.957 unità, mentre il consuntivo degli otto mesi è sceso del 5,2% a 8.144.714 vetture: il volume più basso da 23 anni, dice l’Acea che ha diffuso i dati, ovvero dal 1990, anno di inizio della serie storica. E, ad eccezione della solita Gran Bretagna (+10,9%), le vendite di auto sono scese in tutti i principali mercati. Il calo più accentuato si è verificato in Spagna (-18,3%), seguita da Francia (-10,5%), Italia (-6,6%) e Germania (-5,5%).

Il focus sul Brasile

E per i colossi europei, con un mercato fiacco e tasse record, la tentazione di produrre altrove è sempre più forte. Volkswagen ad esempio sta per avviare la sua produzione in Brasile dove intende creare i suoi modelli di lusso Audi, considerando anche la domanda crescente per questo segmento nel Paese.

I piani di Audi

Come riporta il Financial Times, l’ad di Audi Ruper Stadler ha spiegato che la società tedesca intende investire in Brasile circa 150 milioni di euro entro il 2015 per produrre i modelli A3 e Q3. “Con questo piano potremo creare le basi per una crescita più forte nella regione”, ha sottolineato Stadler dopo un incontro con il presidente brasiliano Dilma Russeff. E l’annuncio arriva dieci anni dopo il primo ingresso di Audi nel mercato nazionale, nel 1999, anche se nel 2006 la società ha deciso di bloccare la sua linea d’assemblaggio. Ma non solo Brasile, perché una volta reimpiantatasi nel Paese, Audi pensa a nuove linee di produzione anche in Messico nel 2016.

Il rombo del mercato brasiliano

La strategia di Audi punta a raggiungere Bmw, sua rivale nel settore premium brasiliano e che sta beneficiando dell’ondata di nuovi ricchi nel Paese. Il recente boom nel private equity, che ha fatto intascare miliardi di dollari agli investitori, e un decennio di forte crescita economica, hanno infatti creato un mercato attraente per i produttori del lusso. E nonostante il rallentamento degli ultimi tre anni, gli asset complessivi sono passati da 936 miliardi di real nel 2006 agli oltre 2,4mila miliardi di real nel luglio 2013, secondo la Brazilian Financial and Capital Market Association (Anbima).
E ad ottobre Bmw ha annunciato un investimento di 200 milioni in uno stabilimento nello Stato di Santa Caterina nel Sud del Paese.

I progetti industriali governativi

Stadler non ha spiegato quante auto intenda produrre nel Paese ma ha evidenziato che Audi punta a raddoppiare la sua rete di concessionari entro il 2020. Una scelta che arriva anche in risposta alle alte tasse sulle importazioni. Inoltre, nell’ambito del programma quinquennale Inovar Auto, il governo nel 2012 ha introdotto una serie di agevolazioni fiscali per le società che spostano la loro produzione in Brasile, con investimenti nella ricerca e nel rispetto dei target ambientali. E i frutti del programma si stanno vedendo. “Non abbiamo mai avuto stabilimenti nel settore premium automobilistico, ma oggi ce ne sono già tre, e ce ne aspettiamo anche un quarto”, ha commentato il ministro del Commercio e dell’Industria Fernando Pimentel. Ed è stato proprio il settore a farsi volano dell’occupazione e della crescita brasiliana. Dal 2002 la flotta di veicoli nel Paese è più che raddoppiata a quasi 79 milioni e nel 2010 ha superato la Germania diventando il quarto mercato automobilistico al mondo.

La joint venture cinese di Volkswagen

Ma la tedesca Volkswagen sta considerando la possibilità di incrementare anche la sua partecipazione nella joint venture con la cinese Faw, come ha annunciato l’ad Martin Winterkorn. “Volkswagen e Faw – ha spiegato – intendono estendere la loro partnership. Stiamo esaminando varie possibilità su come aumentare la nostra cooperazione. Una di queste – ha aggiunto – è quella di incrementare la nostra quota nella joint venture con Faw dal 40% al 50%”.

La partnership di Psa con i cinesi di Dongfeng

Ma è anche la francese PSA Peugeot-Citroën ad accelerare nelle sue mire strategiche. In grande difficoltà finanziaria, il costruttore, come risulta al quotidiano Les Echos, ha appena dato mandato a due banche internazionali di sondare il terreno per un’alleanza con Dongfeng, suo partner storico in Cina.

I lavori preparatori sono già cominciati, e l’obiettivo è ora quello di definire degli scenari di partenariato internazionale tra i due gruppi preservando però l’alleanza con General Motors in Europa. “Ci sono due dossier che rispondono alle due diverse esigenze di Psa. Da un lato, il gruppo deve risolvere i problemi europei e Gm sembra oggi l’unica soluzione. Dall’altro, Psa deve necessariamente accelerare nel percorso di internazionalizzazione, e Dongfeng è la pista più credibile in questo senso”, ha spiegato una fonte vicina alle trattative.

Gli ostacoli al progetto e il ruolo di General Motors

Per ora sono molte le opzioni allo studio, e non si esclude nemmeno una partecipazione diretta di Dongfeng in Psa nel quadro di un suo aumento di capitale. Questa possibilità però incontrerebbe diversi ostacoli. General Motors potrebbe infatti vedere di cattivo occhio l’arrivo di un secondo socio industriale nel gruppo francese e potrebbe in questo caso sfruttare una clausola che gli permette di non rispettare i suoi impegni se un altro azionista sale oltre il 10% del capitale. E, d’altro canto, la capitalizzazione di borsa di Peugeot, sebbene sia risalita, è ancora troppo debole per racimolare una cifra sufficiente.

L’espansione negli Emergenti

Per gestire le relazioni con Gm, si potrebbe perciò separare le due partnership costituendo una joint-venture Psa-Dongfeng centrata sugli Emergenti. E un apporto di capitale da parte della società cinese permetterebbe ai francesi di espandersi in Cina e nel Sud Est asiatico. Da considerare, a questo punto, resterebbero le ambizioni di Dongfeng sul perimetro geografico della cooperazione con Psa, da limitare all’Asia o da accrescere puntando anche a Russia o all’America Latina.

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