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“Roma incontra America latina”. E non chiede del narcotraffico

Roma incontra America latina” e non fa commenti scomodi. Non domanda perché quella ricca regione non riesce a dare stabilità sociale e politica agli investitori stranieri. Non rassicura in materia di sicurezza legale e fiscale chi vuole scommettere a fare affari lì, dove la violenza sembra una temperatura permanente, il realismo magico e l’anarchia una norma. “Roma incontra America latina” e si conforma con i video di promozione turistica, le ballerine di samba e l’esotismo delle risorse naturali.
 
Il convegno “Roma incontra America latina” di questo mercoledì al Tempo di Adriano, è stato promosso dall’Istituto Italo-Latinoamericano (Iila), la Camera di Commercio di Roma e Roma Capitale. È vero, non si trattava di un’iniziativa per analizzare o discutere sulla congiuntura sociale e politica dei paesi latinoamericani. Ma era un incontro dove, per ogni paese, ci sono stati interventi sulle proposte specifiche di collaborazione e di investimento per promuovere lo scambio economico tra l’America latina e Roma.
 
Una grande occasione che ha permesso alle imprese italiane di prendere contatto diretto con i rappresentanti delle diverse ambasciate. Il lavoro tra gli addetti commerciali del Brasile, Paraguay, Uruguay, Messico, Colombia e Argentina è stato coordinato da un delegato della Direzione generale per la Modernizzazione e le Questioni globali del Ministero degli Affari Esteri.
 
Perché in momenti di difficoltà è vero che una soluzione può essere quella di espandersi, crescere. Conquistare nuovi territori e nuove sfide. Ma ogni realtà, anche senza approfondire (se così si preferisce) va messa in contesto e circoscritta a tutti gli elementi condizionanti.
 
Un Messico senza narcos
 
L’esempio più eclatante è stato l’intervento tematico del consigliere dell’ambasciata del Messico, Eleazar Velazco. Dopo avere cominciato la presentazione con un quadro di parallelismi e complementarietà tra l’economia italiana e quella messicana,Velazco non ha avuto riserve nel toccare la ferita sulla recessione economica dell’Italia, sottolineando la crescita del Messico come paese emergente.
 
In Messico ci sono 1380 imprese italiane (tra cui Pirelli, Fiat, Ferrero e Tenais) e l’offerta in materia automobilistica, agricola, aerospaziale e di energia rinnovabile è attraente. “Come mai l’investimento e lo scambio trai due paesi è solo dell’1% del totale dell’attività economica? Il Messico ha le condizioni ideali, sia economiche che sociali, per ricevere a braccia aperte agli investitori stranieri”.
 
È anche vero che, come ha riconosciuto lo stesso rappresentante, il loro compito è quello di stimolare e promuovere l’esportazione dal Messico all’Italia. Ma forse un lavoro di cooperazione a doppio senso potrebbe essere più efficace nello sviluppo delle due economie.  Magari è stata una strategia, o una forma di resistenza al terrore, quella di non fare nessun accenno ne riferimento (anche vago ma onesto) alla guerra del narcotraffico che dal 2006 è costata la vita a più di 50.000 persone in Messico e alla corruzione che sta uccidendo il paese centroamericano. Ma questo vuoto mette in discussione tutta la presentazione.


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