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Enel, il boom del bond manda in estasi operatori e titolisti

Enel guarda lontano e lancia sul mercato un titolo sessantennale, della durata simile solo a quella dei Gilts sovrani inglesi a 55 anni. L’operazione ha scatenato la caccia al titolo da parte degli investitori, che non si sono fatti pregare con i tassi record sui titoli. Una strategia costosa per il gruppo ma il cui importo resta limitato nell’ambito dell’indebitamento complessivo e che potrebbe ridurre il costo delle emissioni future.

Il valore del super bond

Enel ha lanciato infatti sul mercato statunitense un prestito obbligazionario non convertibile destinato a investitori istituzionali, sotto forma di titoli subordinati ibridi aventi una durata di 60 anni, denominato in dollari statunitensi per un ammontare di 1.250 milioni, per un controvalore di circa 936 milioni di euro. La domanda registrata è stata di circa 7.500 milioni di dollari statunitensi, pari a un controvalore di circa 5.600 milioni di euro.

Il rafforzamento patrimoniale

Tale emissione si colloca “nell’ambito delle azioni di rafforzamento della struttura patrimoniale e finanziaria del Gruppo Enel contemplate nel piano industriale presentato alla comunità finanziaria in data 13 marzo 2013”.

I dettagli tecnici

L’operazione – spiega l’Enel – prevede l’emissione di un prestito obbligazionario di 1.250 milioni di dollari statunitensi con scadenza 24 settembre 2073, a un prezzo di 99,183, con cedola fissa semestrale del 8,75% (oggetto di uno swap in euro ad un tasso di circa il 7,50%) fino alla prima data di rimborso anticipato prevista il 24 settembre 2023. A partire da tale data e fino alla data di scadenza, il tasso applicato sarà pari al Usd Swap Rate a 5 anni incrementato di un margine di 588 punti base e di un successivo aumento del tasso di interesse di 25 punti base e di ulteriori 75 punti base a partire dal 24 settembre 2043.

Le banche che hanno gestito l’operazione

L’operazione è stata guidata da un sindacato di banche composto da Barclays Capital Inc., Citigroup Global Markets Inc., Credit Suisse Securities, Goldman Sachs & Co., J.P. Morgan Securities, Merrill Lynch Pierce Fenner & Smith Incorporated, Mitsubishi ufj Securities, Inc., Mizuho Securities Inc. e Morgan Stanley & Co. Si prevede che i titoli obbligazionari vengano quotati nei prossimi giorni presso la Borsa di Dublino.

Il rating

In considerazione delle caratteristiche di durata e subordinazione dei titoli, è stato assegnato ai medesimi un rating provvisorio pari a BB+ da parte di Standard & Poor`s, a Ba1 da parte di Moody`s e a BBB- da parte di Fitch.

Il commento di Equita

“Come ribadito nei giorni scorsi la nostra visione sulle emissioni ibride di Enel è neutrale. Il tasso associato è infatti molto alto rispetto alle capacità del gruppo di finanziarsi sul mercato dei bond, ma le emissioni hanno tuttavia una dimensione molto contenuta: 5 miliardi in totale attesi su 60 miliardi di debito e quindi un impatto limitato sul costo complessivo del debito, ma migliorano il profilo di rating del gruppo contribuendo a diminuire il costo di eventuali emissioni future, essendo considerate al 50% come capitale, in caso di miglioramento del credit watch. Un risultato che, insieme alle emissioni ibride, Enel otterrà una volta concluso anche il programma di cessioni”, commentano su MF – Milano Finanza gli analisti di Equita che consigliano l’acquisto (buy) del titolo con un prezzo obiettivo a 2,95 euro.

Le valutazioni del Corriere e del Fatto

Scrive l’ex direttore dell’agenzia Radiocor, Fabio Tamburini, ora firma del Corriere della Sera: “Il vantaggio per l’emittente è che metà della raccolta viene considerata dalle agenzie di rating capitale e, di conseguenza, migliora le performance ai fini del loro giudizio, con il risultato di contenere il costo complessivo del debito”. Ma i bond ibridi, sottolinea Tamburini riportando l’opinione di un “osservatore attento del mondo finanziario” è il segno evidente di tensione di problemi nella sostenibilità dei giudizi di rating”. Commenti ancor più critici sono stati raccolti di recente dal Fatto Quotidiano in un articolo scritto da Stefano Feltri.

 

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