Quali effetti stanno producendo le sanzioni sull’economia russa? La Commissione europea stima che le sanzioni soggettive e finanziarie hanno determinato il congelamento di beni pari a 24,9 miliardi di euro, mentre di oltre 200 miliardi di euro è il valore delle attività della Banca centrale russa bloccate nei Paesi Ue. Riguardo le restrizioni in export e in import, le valutazioni sono invece estremamente complesse. L’analisi di Zeno Poggi, presidente di Awos-A World of Sanctions
Dopo l’adozione di 14 pacchetti sanzionatori da parte dell’Unione europea contro la Russia (l’ultimo il 24 giugno 2024) in circa due anni e mezzo dall’invasione russa dell’Ucraina, un interrogativo si aggira per l’Europa: le sanzioni funzionano? La risposta a tale domanda non è semplice e richiede anzitutto una contestualizzazione macro-economica e soprattutto tecnica rispetto ai meccanismi sanzionatori.
Le sanzioni Ue contro la Russia comprendono prevalentemente misure soggettive (sanzioni verso persone ed entità), sanzioni di carattere finanziario e sanzioni economiche in export e in import che colpiscono importanti settori industriali della Russia, con lo scopo di indebolirne l’economia e le capacità militari. Inoltre, negli ultimi pacchetti sanzionatori l’Ue ha varato anche specifiche misure con lo scopo di rafforzare la lotta ai tentativi di elusione delle sanzioni.
I 14 pacchetti hanno reso la Russia il Paese più colpito al mondo da provvedimenti restrittivi Ue, assieme a Corea del Nord e Iran. Le sanzioni contro Mosca assumono tuttavia una loro peculiarità rispetto alle restrizioni varate contro Pyongyang e Teheran. Nel caso della Russia è infatti stata colpita per la prima volta un’economia vasta ed importante, di un Paese membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che ricopre un ruolo centrale nel sistema degli scambi internazionali delle materie prime.
Un elemento di eccezionalità delle sanzioni alla Russia è rappresentato dal ruolo centrale ricoperto da Mosca nell’economia globale e in particolare nell’interscambio commerciale con l’Europa. Il peso dell’export russo, infatti, è paragonabile a quello di molti Paesi del G7 ed è pari al 2,2% del commercio mondiale.
Un ulteriore aspetto di specificità delle sanzioni alla Russia è legato al ruolo particolare che essa riveste nel mercato delle materie prime e in particolare degli idrocarburi. Qui la Russia gioca un ruolo nel sistema internazionale ancora superiore rispetto a quello del peso della sua economia, con l’11,9% delle esportazioni mondiali di petrolio ed il 23,6% delle esportazioni mondiali di gas naturale.
Quali effetti stanno producendo le sanzioni sull’economia russa? La Commissione europea stima che le sanzioni soggettive e finanziarie hanno determinato il congelamento dei beni pari a 24,9 miliardi di euro, mentre di oltre 200 miliardi di euro è il valore delle attività della Banca centrale russa bloccate nei paesi Ue. Riguardo le restrizioni in export e in import, le valutazioni sono estremamente complesse, in quanto è difficile distinguere i costi delle sanzioni dai costi della guerra, nonché dagli effetti prodotti sull’economia russa dal passaggio ad un’economia di guerra e dall’andamento del prezzo delle materie prime, con cui il Pil russo è fortemente correlato.
In ogni caso, sempre secondo la Commissione Ue, sono state vietate esportazioni di beni in Russia per un valore di oltre 43,9 miliardi di euro e importazioni dalla Russia pari a 91,2 miliardi di euro. Rispetto ai volumi del 2021, sono al momento oggetto di sanzioni il 49% delle esportazioni e il 58% delle importazioni.
Per coloro che ritenevano potessero agire nel breve termine, le sanzioni non hanno probabilmente sortito l’effetto sperato. Se il prodotto interno russo è diminuito nel 2022 (-2,1%), nel 2023 ha ripreso a crescere (+2,2%). Occorre tuttavia tenere presente che nei due anni di guerra la crescita del Pil russo ha visto un radicale cambiamento delle sue componenti, con l’esplosione dell’industria della difesa e del settore delle costruzioni, aumentati rispetto al 2021 rispettivamente di oltre il 30% e di oltre il 10%. Le sanzioni hanno inoltre spinto la Russia a ridefinire il perimetro delle proprie relazioni commerciali e supply chain, incrementando l’interscambio in particolare con Cina e India, con evidenti ripercussioni di carattere geopolitico.
C’è allora da chiedersi per quanto tempo un’economia di guerra sia sostenibile per un Paese come la Russia e se le nuove supply chain, sia in import (prodotti industriali) sia in export (energia), riusciranno a garantire alla Russia adeguati livelli di approvvigionamento e a quali “costi” geopolitici.
Le sanzioni sono strumenti di pressione che producono effetti a medio-lungo termine e rispetto ad obiettivi determinati; appare quindi prematuro trarre conclusioni sull’inefficacia delle sanzioni Ue contro la Russia. Di certo, in uno scenario segnato dalla crisi della globalizzazione, le sanzioni sono sistemi sempre più adottati dagli Stati per scopi geopolitici e di guerra commerciale, con cui le imprese devono convivere e che è necessario conoscere per gestire i nuovi rischi e pianificare i processi d’internazionalizzazione.
(Questo articolo è l’abstract e l’integrazione di un report realizzato da AWOS in collaborazione con il Policy observatory della Luiss)