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L’Italia di fronte alla sfida della deterrenza nucleare europea. Rischi e opportunità

Di Ivan Caruso

Mentre Francia, Germania e Regno Unito avanzano verso una possibile alleanza nucleare, l’Italia deve agire rapidamente per non essere esclusa da un processo che potrebbe ridefinire la sicurezza europea. Il punto del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi)

In un’Europa nuovamente confrontata con la minaccia di conflitti alle sue porte, il dibattito sulla necessità di una deterrenza nucleare autonoma sta guadagnando una rinnovata urgenza. L’invasione russa dell’Ucraina e le esplicite minacce di Mosca sull’uso di armi nucleari hanno riportato il concetto di deterrenza nucleare al centro dell’attenzione pubblica e politica per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda. In questo contesto in rapida evoluzione, mentre alcuni paesi europei sembrano muoversi con decisione verso la creazione di capacità di deterrenza autonome, l’Italia rischia di trovarsi impreparata e marginale in un processo che potrebbe ridisegnare gli equilibri di sicurezza del continente.

Le recenti aperture della Francia sulla condivisione del suo arsenale nucleare, le discussioni tra Regno Unito e Germania su possibili accordi in ambito nucleare, e le dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner sulla necessità per l’Europa di dotarsi di un sistema di deterrenza nucleare, segnalano un cambio di passo significativo. Questi sviluppi, se da una parte indicano sicuramente una difficoltà di Francia e Regno Unito di sostenere economicamente il loro arsenale nucleare, dall’altra evidenziano una crescente consapevolezza tra le principali potenze europee della necessità di rafforzare le proprie capacità di difesa e deterrenza, anche in risposta alle incertezze legate al futuro impegno degli Stati Uniti nel continente.

Karl-Heinz Kamp, ex Special Advisor nel Ministero della Difesa tedesco, in un recente articolo su Defense News, ha sottolineato come questa nuova realtà richieda un significativo aumento del “quoziente nucleare” (nuclear IQ) in molti paesi NATO, Italia inclusa. Kamp evidenzia come la narrativa dominante dagli anni ’90, particolarmente nell’Europa occidentale, di essere “circondati da amici” abbia portato a un generale disinteresse per le questioni di sicurezza e difesa, con le tematiche nucleari relegate a piccoli circoli di esperti o viste esclusivamente nell’ottica del disarmo.

In questo scenario, l’Italia sembra essere rimasta indietro, con un dibattito pubblico e politico sul tema ancora embrionale. Come sottolinea Kamp riferendosi alla situazione tedesca, ma con considerazioni applicabili anche all’Italia, “Così tanta ignoranza è spaventosa, ma può essere trovata in molti stati NATO non nucleari”. Questa lacuna di conoscenza e preparazione rischia di lasciare l’Italia impreparata di fronte a decisioni cruciali per il futuro della sicurezza europea.

Come ho recentemente evidenziato in un mio precedente articolo, è assolutamente necessario per l’Italia essere più propositiva in questo ambito. “Come Italia dovremmo essere più propositivi, osare di più, impegnarci nella ricerca di soluzioni non convenzionali e fuori dagli schemi”. Questa chiamata all’azione riflette la necessità di un cambio di paradigma nella politica di sicurezza italiana, che deve adattarsi rapidamente a un contesto internazionale in evoluzione.

Una possibile strada per l’Italia, come per la Germania, potrebbe essere quella di proporsi come partner tecnologico e industriale in un’alleanza nucleare europea. Il paese vanta infatti competenze significative nello sviluppo di sistemi di lancio e vettori, che potrebbero complementare le testate nucleari francesi e britanniche. Inoltre, l’Italia potrebbe offrire siti, infrastrutture e risorse finanziarie per il dispiegamento e il mantenimento di un sistema di deterrenza condiviso.

Un modello potrebbe essere quello di un’alleanza a quattro tra Francia, Regno Unito, Germania e Italia, dove i primi due manterrebbero il controllo sulle testate nucleari, mentre gli altri due contribuirebbero con tecnologie di supporto e risorse. Questo approccio permetterebbe di superare le limitazioni imposte dal Trattato di Non Proliferazione e di creare una forza di deterrenza credibile a livello europeo.

Tuttavia, la realizzazione di una tale alleanza presenta numerose sfide. Come sottolinea Kamp, “generare expertise in politica di sicurezza per la politica, il giornalismo o il pubblico inizia nelle università”. In Italia, come in Germania, il numero di professori che offrono seminari sulla deterrenza o sulle questioni nucleari è estremamente limitato. Sarà necessario un significativo investimento nell’educazione e nella formazione per creare una base di conoscenze adeguata a supportare decisioni informate in questo campo.

Inoltre, Kamp evidenzia come le forze armate e i ministeri della difesa di molti paesi europei abbiano a lungo ignorato la rilevanza della deterrenza nucleare. In Italia, sarà cruciale aumentare le capacità e le competenze in questo settore all’interno delle istituzioni militari e governative.

Un altro aspetto critico riguarda il panorama dei think tank. Kamp nota come in Germania, dei circa 30 think tank di politica estera e di sicurezza, solo uno o due si occupino di questioni nucleari in modo permanente e strutturato. La situazione in Italia non è dissimile, e sarà necessario stimolare la ricerca e l’analisi in questo campo per supportare adeguatamente il processo decisionale politico.

La sfida principale resta quella di conciliare le esigenze della NATO con quelle dell’Unione Europea, soprattutto considerando l’uscita del Regno Unito dall’UE. Una soluzione potrebbe essere quella di creare un meccanismo di coordinamento tra l’alleanza nucleare europea e la NATO, garantendo la complementarità delle due strutture senza sovrapposizioni. Questo richiederà una delicata opera di bilanciamento diplomatico e strategico, in cui l’Italia potrebbe giocare un ruolo chiave come ponte tra le diverse istituzioni.

Per l’Italia, il tempo di agire è ora. Il paese deve avviare un dibattito serio e approfondito sul tema, coinvolgendo esperti, politici e opinione pubblica. Allo stesso tempo, è fondamentale intensificare i contatti diplomatici con Francia, Germania e Regno Unito per assicurarsi un posto al tavolo delle trattative.

Questo processo richiederà un approccio multidimensionale che tocchi diversificati campi di interesse. Nel campo dell’educazione e formazione investendo nell’istruzione superiore e nella formazione militare per creare una nuova generazione di esperti in strategia nucleare e politica di sicurezza.

Nella ricerca e analisi, stimolando la creazione di programmi di ricerca dedicati nelle università e nei think tank italiani, focalizzati sulle questioni di deterrenza nucleare e sicurezza europea. Attraverso il dialogo pubblico per avviare un dibattito nazionale informato sui temi della deterrenza nucleare e della sicurezza europea, coinvolgendo media, istituzioni accademiche e società civile.

Nel campo della diplomazia, intensificando i contatti bilaterali e multilaterali con i partner europei per definire una posizione italiana chiara e influente nel dibattito sulla deterrenza nucleare europea.
Favorendo gli investimenti, al fine di disporre le risorse adeguate per lo sviluppo di tecnologie e competenze rilevanti nel campo della deterrenza, dalla cybersecurity ai sistemi di early warning.

Sviluppando e facilitando un coordinamento istituzionale attraverso meccanismi di coordinamento efficaci tra le diverse istituzioni coinvolte (Ministero della Difesa, Ministero degli Esteri, servizi di intelligence) per garantire una visione strategica coerente.

Il rischio, in caso di inazione, è quello di trovarsi di fronte a decisioni già prese, con conseguenze potenzialmente negative per la sicurezza e l’influenza geopolitica del Paese. Come ho avuto già modo di ricordare citando Alcide De Gasperi: “Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno”. Questo monito è particolarmente rilevante quando si parla di difesa comune e deterrenza nucleare.

La creazione di una deterrenza nucleare europea, se realizzata, rappresenterebbe un cambiamento epocale negli equilibri di sicurezza del continente. Per l’Italia, partecipare attivamente a questo processo non è solo un’opportunità, ma una necessità strategica. Il paese ha le risorse, le competenze e la posizione geopolitica per giocare un ruolo chiave in questa trasformazione. Tuttavia, questo richiederà un significativo cambio di mentalità, un investimento sostanziale in competenze e risorse, e una visione strategica chiara e ambiziosa.

In conclusione, l’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: rimanere ai margini di un processo che potrebbe ridefinire la sicurezza europea, o assumere un ruolo proattivo e influente. La strada da percorrere è complessa e non priva di ostacoli, ma le potenziali conseguenze dell’inazione sono troppo gravi per essere ignorate. È tempo per l’Italia di risvegliare il suo “quoziente nucleare” e di contribuire attivamente alla definizione del futuro della sicurezza europea.



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